Il Tribunale di Ragusa condanna l’INPS a pagare più di 20mila euro di arretrati a un manutentore elettrico che per 17 anni, dal 1968 al 1985, ha lavorato a stretto contatto con l’amianto nello stabilimento ENI di Gela (Caltanissetta), doveva riparava le apparecchiature su un tavolo ricoperto da una coperta d’amianto, esponendosi così quotidianamente alla fibra killer.

Il pericolo non terminò neanche quando nel 1985 decise di trasferirsi nello stabilimento di Ragusa (sempre di proprietà del Gruppo ENI) dove lavorò per altri 17 anni, perché anche lì l’amianto era dappertutto: nelle coperture, dentro lo stabile e persino sugli strumenti che utilizzava tutti i giorni. Date le sue vicissitudini lavorative, il lavoratore ha ottenuto già con sentenza del Tribunale di Ragusa il diritto alle maggiorazioni contributive per esposizione ad amianto (previste dall’art.13, co. 8, della L.257/1992).




L’INPS ha ricalcolato però la pensione del lavoratore in maniera errata e l’uomo si è così rivolto all’Osservatorio Nazionale Amianto per ottenere ciò che gli spetta di diritto.

Il Tribunale di Ragusa condanna nuovamente l’INPS a riconoscere al lavoratore più di 20mila euro, grazie al ricalcolo basato sulle “migliori retribuzioni” (e non quelle, più basse, percepite dal lavoratore collocato in mobilità negli ultimi anni precedenti alla pensione), inoltre l’ente dovrà pagare anche interessi e spese giudiziarie.

Il lavoratore, che oggi ha 77 anni dichiar: “Finalmente la fine di questa battaglia legale, una vittoria che acquista ancora più valore dato che molti colleghi, purtroppo, hanno perso la vita per colpa dell’amianto.”