milizie 2014 1L’edizione 2014 della festa della Madonna delle Milizie a Scicli la definirei, tout court, “il ritorno alla tradizione”.

La sacra rappresentazione (moresca che ricorda il “fatto d’armi” risalente al 1091) è stata bella, semplice, piacevole, scorrevole, tutta interpretata da attori locali (in parte un cast con cui io stesso ho lavorato anni fa), che non hanno per niente sfigurato rispetto ai “professionisti” di alcuni edizioni passate, anzi, il pubblico li ha apprezzati moltissimo, a giudicare dai commenti che ho sentito “a caldo”, ieri sera, e anche oggi, mentre scrivo…

Confesso (ma si sa) che sono stato sempre “savariniano”, ma credo che molti converranno che Gino Savarino *è* il Regista delle Milizie, quello che meglio, in tanti anni, ha saputo interpretare lo spirito vero di questa rappresentazione: non uno scontro di religioni e di popoli, ma la devozione mariana di un popolo che invoca la Madonna contro l’invasore, di un popolo che vuole vivere libero e in pace, nel rispetto delle sue tradizioni e della sua religione e cultura. Una Madonna che viene in soccorso della città che le è affidata, Scicli (en adsum, civitas mea dilecta…), a cavallo, per guidare gli eserciti (milizie, “mulici”, in siciliano), come dicono le scritture [Chi è costei che avanza come aurora, che sorge, bella come la luna, splendida come il sole, terribile come esercito schierato a battaglia? (Cant. 6,9)]…

Dopo il corteo storico con i tamburi di Buccheri, il menestrello-cantastorie Carmelo Errera, come sempre, ha introdotto il fatto d’arme con quella bella canzone dedicata a “Maria de li Mulici”, invitando nei versi a stare attenti con un “sintìtila, e stati muti”. Invito ad ascoltare in religioso silenzio…

Poi subito la scena, con i normanni, i popolani e il Gran Conte Ruggero d’Altavilla, interpretato dall’ormai consolidato e bravissimo Biagio Barone, per cui i complimenti non sono mancati, e non solo da parte mia.

Il messaggero Salvatore Mormina è oramai “un’istituzione”. Da oltre 40 anni recita quella parte in modo caratteristico, che la gente conosce, si aspetta, anticipa e alla fine applaude.

Bravi l’ambasciatore (parte che un tempo era affidata a me), il Capitano, il nunzio e le popolane.

Le popolane affrante intonano un bellissimo Miserere, e un canto dialettale alla “Madonna dei Setti Rilura” [dolori], ovvero la madonna per eccellenza a Scicli, l’Addolorata. E la voce della Madonna fa da eco alla popolana che canta, per confortare la sua “Città diletta”…

Poi arriva la nave Stambul, introdotta dalle musiche arabeggianti del compianto Mimì Trovato, scendono i “turchi”, i saraceni, e con loro e il portabandiera Pino, scende l’Emiro Belcane, che Gino Savarino interpreta con dovizia e pathos. Deve “riscuotere il tributo” e nessuno, dice, si può opporre “alla scimitarra di un turco”…

L’ambasciatore, due volte, lo sconsiglia dal farlo: «…torna là, donde sei venuto, e non indurre i nostri a ricacciarti in mare…», ma Belcane gli risponde (come farà poi anche con Ruggero) con uno sprezzante «cooosa vuoiii?», con quel tono che la gente oramai conosce, anticipa, ripete, mentre guarda la scena. Un punto fermo della rappresentazione, basata sul testo di Pacetto-Vanasia. «Fa’ venire il tuo Signore! vediamo, cosa avrà da dirmi…».

Un eremita, un “vecchio barbuto” cammina a stento e va incontro al Saraceno per chiedere pace e libertà, San Guglielmo Buccheri “Cuffitedda” patrono di Scicli, secondo la tradizione postuma (è una contaminazione, ma l’origine vera della rappresentazione forse è seicentesca, e San Guglielmo visse nel 400: 1309-1404, e nel cuore del popolo, in questi casi poco contano i secoli, ma tanto contano i simboli). Belcane lo disprezza, ma lo ascolta, e forse riflette sulle sue parole: «Tu non provocare l’ira di Dio… Cristo disse: le porte dell’inferno non prevarranno, e dal sangue dei gloriosi martiri la Sicilia uscirà vittoriosa e redenta».

milizie 2014 2Ok, giunti a questo punto Belcane vuole sempre il suo “tributo” in vile denaro. Arriva il Gran Conte, cui l’ambasciatore ha riferito della pretesa di Belcane che «accampa pretesi diritti», e gli dice chiaro e tondo di andarsene, perché seppure i normanni e i siciliani sono in numero minore, in inferiorità, essi sono confortati dalla fede e difesi dalla Madonna. E siccome il Saraceno insiste, Ruggero proferisce la frase che è oramai nell’immaginario collettivo degli sciclitani: «Noi normanni siamo usi saldare le partite d’onore con la punta della spada, e non con moneta sonante; tu vuoi guerra? e guerra sia!».

Zuffa, pugna, guerra, i normanni che stanno soccombendo alle “orde barbariche”, e l’intervento miracoloso di una Alta Eroina su un Bianco Destriero, come nel sogno di Ruggero: Maria Santissima che difende il popolo di Scicli e i normanni, ricaccia i “turchi” in mare e libera Scicli.

E un Angelo canta l’inno di lode a Maria. Quest’anno davvero una bella interpretazione, con due ragazzine, con l’eco della voce mariana, con parole chiare, che mettono in evidenza le auliche e remote parole di un testo difficile ma intenso. Un incessante scampanio sottolinea la nenia…

È tutto qui? Sì, ma non è poco, per chi ama Scicli e questa sua caratteristica festa, che quest’anno è stata fatta bene, come il popolo voleva, senza fronzoli e “intellettualismi” inutili, senza spunti “televisivi”, ma con il giusto pathos, perché il centro della festa dei Mulici è Maria santissima, la Madonna a Cavallo, e la devozione a lei, non tutto il resto. Questa è storia frammista a folklore, ma non importa: altrove invochiamo i miti e ci crediamo pure, perché qui dovremmo chiederci se è storia o leggenda; prediamo l’evento per quello che è: è pietas, fede, richiesta di pace e libertà, e tanto basta: Viva Scicli, Viva Maria!

Infine una nota sulle scenografie, classiche, semplici, belle: grazie a Salvatore Denaro, naturalmente.

Ecco, dimenticavo le immancabili foto. Smessi i panni di fotoreporter, ho voluto vederla, questa volta, da turista, con un semplice cellulare e con l’occhio di un fan della festa.

Salvo Micciché