
passiamu #5 (Maggio)
- 6 Maggio 2016 - 12:49
- 6
“Coi piè ristretti e con li occhi passai
di là dal fiumicello, per mirare
la gran variazion d’i freschi mai”
È il Canto XXVIII del Purgatorio; sulle soglie del paradiso terrestre Dante incontra Matelda, ipostasi della originaria, ingenua, umanità arcadica. Gli ultimi cinque canti del Purgatorio si realizzano nella visione edenica, in tutta l’amena mollezza e piacevolezza primaverile (l’esistente circostante come giardino, locus amoenus), dunque qualche attimo prima del passaggio al vero e proprio percorso superiore, l’ultimo a rigor di logica (Logos talvolta inventato), in compagnia di Beatrice. La distinzione tra i due paradisi, se mi è possibile pensarla, è da rinvenire tutta nel senso di responsabilità da acquisire progressivamente, di pari passo all’ambizione di conoscenza, evidentemente necessari parametri per una proficua ascensione al “paradiso non-terrestre”. In altri termini, hai voluto la mela?, ti è piaciuto mostrare accecata lo monocola visione dell’esistente naturale?, e allora caro Odisseo, Adamo, uomo che tu voglia farti chiamare, adesso dovrai continuare il tuo viaggio sino alla fine, il fine!, ossia la consapevolezza. Lì solamente potrai piantare il Remo e finalmente sedare i principi celesti da te stesso generati e posti in contraddizione. Sarà così? E se fosse solo il primo giro di una infinita spirale? Se fa paura la non esistenza del “lieto fine”, occorre trincerarsi dietro la possibile non esistenza di alcuna fine.
//
Del resto, è probabile che uno stato arcadico vero e proprio non sia mai esistito, se non come base di ragionamento, artificio di partenza, stato di quiete iniziale. Semplifichiamo: è il sogno di molti, nei momenti più complicati della vita, sentendosi impelagati nelle correnti e nei vortici dei tecnicismi burocratici, quelli delle faccende quotidiane, pensare il ritorno a una esistenza deresponsabilizzata, primitiva e felice, da raccoglitore di frutti, o al limite da capraio solitario e con un occhio solo. Alla lunga è una vita noiosa, ma pacifica, perché il contro sono le infinite odissee, o peggio ancora le guerre inspiegabili, i tradimenti, i cavalli di legno, il potere annichilente. Ma è un sogno, o è davvero possibile immaginare che sia esistita una tale condizione edenica, precedente alla nascita di ogni ambizione conoscitiva? Ciò che è pensabile non sempre è esistente (per quel che se ne può capire dell’esistenza e per quanto poco ce ne possa realmente fregare qualcosa) o perlomeno non sempre è presente nelle forme estetiche esterne al pensiero medesimo. Tornare indietro, cioè la reazione politica, è il grave errore dell’umanità. Quando il giorno non piace, si sogna la notte a venire come fosse una antica notte assai precedente, una notte luminosa quasi come fosse giorno, una notte mitizzata. Esistita? Si dovrebbe cercare di risolvere i problemi del giorno, questo vien da pensare, e – ormai che ci siamo – procedere nel sentiero di conoscenza.
In ogni caso, al netto dei conservatorismi, convengo sia utile crearsi un giardino personale, un locus amoenus come rifugio di salvezza dalla cretinità, o un luogo ristretto dove esprimere lietamente la personale individuale stoltezza. Non per forza un luogo fisico, ma anche mentale, come il mondo delle idee, ad esempio. Se poi il luogo immaginato coincide talvolta con quel che è possibile sentire, cioè elaborare per il tramite dei sensi, capiterà certamente di condividere lo stupore di Dante, il quale indugia ad abbracciare il suo sogno irresponsabile, bellissimo come Matelda (che è discinta, peccaminosa e attraente nella sua ingenuità fresca, molto più di Beatrice la santa), così si resterà fermi al di là del fiume a rimirare i fiori di Maggio. Passiamu, va …
Breve Postilla: se Scicli è mai stata un locus amoenus, prima che subentrasse lo smoderato interesse per lo sviluppo turistico? È probabile di no, perché il passato più recente profuma ancora di cemento fresco, e quello più retorico, remoto – vittoriniano – parla da un sogno ai dormienti, come i mai gustati pastizzi della trisavola. Se potrà diventare gradevole Scicli, in futuro? Sono scettico anche su questo, ma non è razionale impedirne l’auspicio, la potenzialità. Ciò, malgrado i nuovi aromi già fanno capolino, e sono quelli nauseanti delle immonde scorie nostre, ancora lontane dall’essere prese in carico da una coscienza conoscente e responsabile.
Gaetano Celestre
Frine
Cava d’Aliga potrebbe essere il luogo ameno?
Gaetano Celestre
‘Ca spiramu! Tu, cara, in forma di nume tutelare (genius loci, patruni o’ luogo), nel frattempo cerca di intercedere per il bel tempo.
Cinà
E Scicli è un luogo edenico? Certo che si. Lo è nella misura in cui noi siamo capaci di poter vivere in un siffatto luogo. Ma potrebbe essere anche Modica o Leonforte o un qualsiasi altro posto.
Voglio condividere, visto il tema, un raccontino che mi diede, anni fa, un caro amico che si diletta di tanto in tanto con le parole:
ABDUL YUSUF SIFR (1)
<< Era ormai pomeriggio e anche per quel giorno il sole aveva compiuto il suo implacabile dovere; la sabbia riarsa del deserto sprigionava vampate di calore; unica, effimera, difesa era quella di coprirsi ogni lembo di pelle.
La carovana procedeva stancamente, tutti sentivano il peso di quelle ore passate a lottare contro il rovente ardore dell'Universo.
Abdul Yusuf Sifr se ne stava come al solito, in coda, quasi in disparte insieme all'inseparabile – Benz – un vecchio cammello con cui spesso si intratteneva in lunghi monologhi; il nero della sua veste e il suo viso ghezzo erano interrotti unicamente da denti bianchi come latte di cammella; i suoi occhi baluginavano di tanto in tanto, quando si decideva a schiudere le palpebre appesantite da anni di luce abbacinante.
Per la verità anche per chi sfida ogni giorno le piste sabbiose del deserto non è considerata consuetudine comune parlare per ore col proprio cammello; se a questo si aggiunge che con gli altri non scambiava più di sette o dodici parole nell'arco di un'intera giornata, non c'è da meravigliarsi che il nostro Yusuf fosse considerato un "originale".
Pare che qualcuno dei vecchi della tribù ne avesse parlato come di un grande saggio, ma ciò aveva provocato solamente grande ilarità.
Anche per quel pomeriggio era infine arrivata l'ora della preghiera e gli uomini si stavano apprestando a sistemare gli animali per la pausa; Yusuf come al solito era salito sulla duna più alta che si potesse trovare lì nei paraggi, portandosi dietro Benz.
L'aria era così tersa da far scorgere una volpe a molte miglia di distanza, il sole volgeva ad un tramonto carminio ammantando il paesaggio circostante di fiammeggianti bagliori.
Mentre sistemava il suo logoro tappeto a terra, fu preso a tal punto da quello straordinario spettacolo che trasalì quando i compagni lo richiamarano; già, doveva volgersi a oriente per la preghiera, lasciarsi alle spalle quella sfera infuocata pregnante di energie primordiali, rappresentazione tangibile della forza generatrice dell'Universo, per pregarne il Creatore.
Qual era la cosa più giusta da fare? Lasciarsi condizionare dal richiamo dei compagni, dal senso del dovere o immergersi in quella sinfonia di sensazioni?
Non ebbe alcun dubbio.
Una voce si levò dal gruppo degli uomini:
"Lasciatelo stare – disse – è il solito matto, se noi stessimo a contemplare il tramonto lui si metterebbe a pregare!"
La normale concezione dello spazio-tempo svanì in lui d'improvviso, prima fu la paura, poi lo stupore, poi più nulla. E fu ogni granello della sabbia del deserto, fu ogni particella d'aria del cielo, fu fuoco ardente.
Una candida colomba gli si posò accanto, disse:
"Yusuf vengo per conto di Colui che E'; la tua consapevolezza è cresciuta e di questo si è preso atto. Orsù, esprimi dunque un desiderio e sarà senz'altro esaudito".
Mai cena più prelibata era stata gustata da Yusuf nel corso della sua vita: quella sera fu a base di carne di colomba.
Per molti e molti anni ancora nella tribù si discusse se Abdul Yusuf Sifr fosse da considerarsi un grande illuminato o un povero matto. Ancora oggi qualcuno cerca una risposta!
(1)in arabo صفر sifr è lo zero
Gaetano Celestre
Proprio così!, caro Cinà.
Aggiungo che, come proposta politica, forse sarebbe opportuno tendere alla realizzazione pratica di un sempre più ampio “luogo ameno”, come sintesi e moderazione delle tensioni individuali. Ma mi rendo conto quanto questa sia una prospettiva ben più lontana di qualunque tipo di Utopia, perlomeno al momento.
Cinà
La cura e la valorizzazione dell’ambiente di un dato territorio si realizza attraverso le capacità delle classi dirigenti che lo governano oltre che dalla civiltà di chi lo abita.
Ricordo, sommessamente, che Scicli ha già avuto due discariche (di cui una comprensoriale, non ancora messa in sicurezza che a distanza di anni dalla chiusura continua a produrre percolato), e ne hanno autorizzata un’altra di proporzioni gigantesche(di inerti si dice, a Truncafila). Il danno di quelle discariche è stato sia ambientale che economico per tutta la città.
Fin ora, tralasciando l’opera di sensibilizzazione di qualche associazione, non mi sembra di aver visto politici o cittadini protestare più di tanto rispetto a tanto scempio.
In compenso, però, abbiamo avuto una manifestazione partecipata da migliaia di cittadini per una autorizzazione ad una piattaforma di trattamento e di recupero dei rifiuti. Che si sia d’improvviso svegliata la coscienza ambientale della città?
Forse. Sarebbe assai auspicabile, tuttavia il beneficio del dubbio è d’obbligo …
Gaetano Celestre
Sono dubbi e auspici che condivido. Con animo in parte più sollevato, sono anche curioso di stare a osservare chi, tra gli eventuali candidati alle ancora lontane amministrative, vorrà inserire la manifestazione di venerdì tra le incognite di dato assenso politico nella vantata e presuntiva equazione di successo personale. Ovvio, qualcuno lo farà in buona fede, altri no – molti – ma quel che li accomunerà tutti, con buona possibilità, è l’impietosa sconfitta (l’equazione è sbagliata). La variabile, a mio modo di vedere, va annoverata tra le manifestazioni di paura popolare, e chiunque si attende di rivedere quella gran copia umana indirizzarsi alle urne per esprimere pollice su al ricordo del “grande salvatore della patria” (molti ne ho visti venerdì, di vario livello), potrebbe sbagliarsi di grosso. È invece probabile, ahimè! anche in tal caso, che funzioneranno le antichissime e indimostrate equazioni classiche sciclitane, magari presentate tramite interfacce diverse e più giovanili, seducenti (il rapporto, ma solo quello, è il medesimo sussistente tra Dos e Windows). Tuttavia codesti successori designati dovranno stare molto attenti alla incognita astensione, o quella legata al voto di protesta. Saranno entrambe rappresentate da spaventose possibilità di numero. In ogni caso, venerdì, non era consenso politico, ne stiano certi tutti, ma paura (nel bene e nel male).