rosario_crocettaC’è chi lo vede come un grande volano per il turismo, una soluzione per contrastare la crisi economica che ha condotto a una disoccupazione del 21,1%, mentre altri ancora pongono l’accento sull’opportunità di ridurre il rischio default di molti Comuni. Di sicuro c’è il consenso trasversale raccolto. La proposta è di trasformare la Sicilia in un grande polo per gli appassionati di giochi d’azzardo di tutto il mediterraneo. L’Assemblea regionale siciliana ha infatti chiesto al Parlamento nazionale l’okay per la riapertura del casinò di Taormina. Una nuova speranza per chi vuole diventare una PokerStars. Le proposte però non sembrano fermarsi qui.

L’Ars starebbe per approvare infatti una legge, richiedendo poi l’approvazione di Roma, per l’apertura anche di un’altra sala da gioco a Palermo. Alcuni consiglieri regionali vorrebbero addirittural’inaugurazione di altre strutture distribuite sull’intero territorio regionale. Tante le città candidate – tra questi Ragusa, Cefalù, Agrigento e Marsala – a fronte delle quali sono giunte decine di emendamenti.

Poche le forze politiche contrarie, tra queste i rappresentanti del MoVimento 5 Stelle, convinti di poter contrastare così il fenomeno della ludopatia, e il democratico Bruno Marziano, presidente della commissione Attività produttive. Il resto delmondo politico è proiettato versol’introduzione in Sicilia di un nuovo capitolo produttivo, assimilando lo statuto dell’isola a quello delle realtà diCampione d’Italia, Saint-Vincent, Sanremo e Venezia, le sole località, per il momento, autorizzate alla deroga del Codice penale. Il Parlamento non è mai intervenuto per modificare la normativa che regola l’autorizzazione dei casinò. Risulta ancora pertinente l’articolo 718 del Codice Penale, esso prevede che chiunque «in luoghi pubblici, aperti al pubblico o circoli privati, agevola e favorisce il gioco d’azzardo» rischi l’arresto da tre mesi a un anno e un’ammenda non inferiore a 206 euro.

Parte della comunità siciliana sostiene l’accusa di subire gli effetti di una discriminazione rivolta, più in generale, all’intero Meridione. I casinò autorizzati si concentrano in effetti nelle zone settentrionali della Penisola, in aree peraltro di non facile raggiungimento (Venezia, Sanremo, Saint Vincent, Campione d’Italia). Non a caso da diverse legislature si è tentato di riprendere la questione. Basti pensare alla riapertura del casinò di Taormina curata della gestione dell’ex governatore Salvatore Cuffaro, poi ripresa dal successore Raffaele Lombardo, che nel 2008 aveva dichiarato, riferendosi sempre a Taormina: «È una struttura che ci spetta di diritto».

Ora la palla è passata all’amministrazione guidata da Rosario Crocetta. Resta da vedere se Roma darà il suo avvallo all’iniziativa dell’Ars, nonostante le proposte analoghe bocciate in precedenza. L’ultima occasione risale al 2007, quando il Ministro dell’Interno Giuliano Amato espresse un’opinione nettamente contraria: «Alla Sicilia, più che case da gioco, servirebbero acqua, nuove strutture ricettive e campi da golf per attrarre i turisti», queste le dichiarazionidell’ex presidente del Consiglio. Il 2014 sarà l’anno decisivo per imporre una svolta all’economia siciliana e di Ragusa in modo particolare? La motivazione della classe dirigente siciliana non sembra mancare, ma sarà sufficiente a indurre al ripensamento il governo centrale?