Riceviamo e pubblichiamo

ivana castelloDopo circa due mesi dall’insediamento dell’amministrazione Abbate ho percepito e verificato che la comunicazione utilizzata dal Sindaco non corrispondeva e non corrisponde ai fatti e agli atti prodotti. Per tanto, in virtù del ruolo che rivesto di Consigliere comunale (ruolo che tra l’altro viene giornalmente ostacolato da taluni dell’apparato amministrativo) ho denunciato, in Consiglio e sulla stampa, che alcuni atti prodotti sono palesemente illegittimi per eccesso di potere o per violazione di legge.

Ciò vale per l’utilizzo dei fondi vincolati exd.l. 35/2013 (parte deiquali non è stata ancora ripristinata), per l’aumento della scopertura bancaria che a fine 2013 era stata richiesta nella misura di 22.000.000,00 al solo scopo di poter rientrare delle somme che il Sindaco aveva utilizzato in termini di cassa per mostrare che l’Ente poteva permettersi le spese effettuate e, di conseguenza, giustificare il proprio operato), e per tante altre delibere. Ricordo le conferenze-stampa opportunamente convocate dal Sindaco e poi rilanciate sui media, per sostenere che non era vero che aveva utilizzato le somme vincolate etc. Per non parlare di alcuni atti relativi ai bilanci previsionale e consuntivo del 2013 e, più di recente, al bilancio 2014, che sono stati oggetto di numerosi rilievi e interrogazioni.

In questi giorni il dibattito politico si è concentrato su due determine che il Sindaco ha adottato per conferire incarichi retribuiti a due persone qualificate esperte in comunicazione e marketing. Con una prima determina, la n. 2004 del 22 luglio 2014, ha conferito incarico al dott. Daniele Cilia di esperto in marketing della comunicazione e del turismo; con la seconda, ha incaricato la dottoressa Veronica Puglisi di curare i rapporti politico-istituzionali con gli organi di stampa. Nella prima, allo scopo di affermarne la legittimità, richiama l’articolo 14 della legge n. 89/2014; nella seconda, con lo stesso obiettivo, si appella all’articolo 7 della legge 150/2000 che prevede e permette la nomina dei cosiddetti portavoce. A questo punto tutto sembrerebbe legittimo e inattaccabile ma, come ben sa fare Abbate, quello che ci propina è solo aria fritta. La sostanza è ben altra. Esaminiamola.

Innanzitutto non ha tenuto conto dell’articolo 7 del d.lgs 165 che alla lettera b dispone:

«b) l'amministrazione deve avere preliminarmente accertato l'impossibilità oggettiva di utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno.»

E’ noto che il personale del Comune annovera alcuni qualificati giornalisti per cui non si capisce perché non possano essere valorizzati, atteso che si risparmierebbe parecchio denaro e, sopratutto, si eviterebbe di vessare i cittadini con tasse e imposte come sempre più spesso accade.

Inoltre, entrambi i riferimenti normativi richiamati, non possono svolgere la loro efficacia poiché prima di essi occorre tener conto dell’articolo 90 del D.L.G.S. 267/2000 che così dispone:

«Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del sindaco, del presidente della provincia, della Giunta o degli assessori, per l’esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell’ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in aspettativa senza assegni.»

È di immediata evidenza che gli incarichi in argomento non possono avere luogo in quanto il comune di Modica è un ente strutturalmente deficitario.

Ma vi è di più, lo stesso l’articolo 14 della legge n. 89 del 2014 non aiuta a tenere in piedi gli atti adottati. Esso infatti dispone:

«l. Ad eccezione delle Università, degli istituti di formazione, degli enti di ricerca e degli enti del servizio sanitario nazionale,fermi restando i limiti derivanti dalle vigenti disposizioni e in particolare le disposizioni di cui all’articolo 6, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 e all’articolo l, comma 5, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, le amministrazioni pubbliche (…) a decorrere dall’anno 2014, non possono conferire incarichi di consulenza, studio e ricerca quando la spesa complessiva sostenuta nell’anno per tali incarichi è superiore rispetto alla spesa per il personale dell’amministrazione che conferisce l’incarico, come risultante dal conto annuale del 2012, al 4,2 % per le amministrazioni con spesa di personale pari o inferiore a 5 milioni di euro, e all’l,4 % per le amministrazioni con spesa di personale superiore a 5 milioni di euro.»

In altri termini, secondo il Sindaco, esso autorizzerebbe le Amministrazioni come Modica, che hanno una spesa di personale superiore a 5 milioni l’anno, a sostenere eventuali oneri per incarichi di consulenza, purché siano contenuti entro l’1,4% della spesa per il personale del 2012; non tiene però conto di alcuni limiti derivanti da altre disposizione che il legislatore non manca di richiamare nello stesso articolo. In particolare, non tiene conto della norma che fissa le spese di consulenza al 20% della spesa sostenuta per incarichi e consulenze nel 2009 (art. 6 comma 7 del D.L. n. 78/2010) e dell’articolo 1, comma 5, del D. l. n. 101/2013, in cui la spesa per consulenze può raggiungere, al massimo, nell’anno 2014, l’80% della spesa per consulenza, ricerca, etc., consuntivata nel 2013.

Se teniamo conto di quest’ultima norma (l’articolo 1, comma 5, del D.L. n. 101/2013), la spesa che il sindaco potrebbe compiere, nel corrente esercizio, è pari a zero, poiché nel 2013 non ci sono state consulenze, sicché l’80% di zero euro è zero.

L’Amministrazione aveva altre norme da rispettare, previste sempre nel D.L 101/2013, che affermano il contrario di quello che il sindaco sostiene: dicono che non ha alcun diritto ad effettuare questa spesa e che la sua determina è nulla.

Mi spiego subito.

 1°. le pubbliche amministrazioni (quindi anche il nostro Comune) avevano l’obbligo di trasmettere, entro il 31 dicembre 2013, i dati  inerenti alla spesa disaggregata sostenuta per studi e incarichi di consulenza, compresa quella relativa a studi e incarichi di consulenza  conferiti  a pubblici dipendenti, nonché per incarichi e contratti a  tempo determinato. E’ l’articolo 1, comma 5 bis che lo dispone;

 2°. è obbligo della nostra amministrazione comunale (art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196) fissare, nel bilancio di previsione o nello strumento contabile equipollente, specifici capitoli per il conferimento di eventuali incarichi di studio e consulenza; e questi vanno distinti dai capitoli istituiti per incarichi previsti da specifiche disposizioni di legge o da specifiche norme regolamentari da articolarsi coerentemente con il piano dei conti integrato di cui al titolo II del decreto legislativo 31 maggio 2011 n. 91 (art. 1, comma 6).
 A quanto pare, questa ultima norma il sindaco la conoscerebbe e, per aggirare il divieto, avrebbe ritenuto di caricare gli oneri delle consulenze sul capitolo 40 intitolato “retribuzione staff del sindaco”. Questo comportamento da furbetti ha caratterizzato il politicume di mezza Italia e i danni li sta soffrendo il popolo, sopratutto quello più indigente.
Non si può continuare in questo comportamento illecito che è alle radici dell'odierna crisi economica.
A questo punto la degna conclusione del nostro itinerario è il settimo comma, che spiega perché la determina è nulla:
 «Gli atti adottati in violazione delle disposizioni di cui al comma 5 e i relativi contratti sono nulli per legge. L'affidamento di incarichi in violazione delle disposizioni di cui al medesimo comma costituisce illecito disciplinare  ed  è punito  con una sanzione amministrativa pecuniaria, a carico del responsabile della violazione, che va da mille a cinquemila euro, (...) salvo l'azione di responsabilita' amministrativa per danno erariale» (articolo 1, comma 7).
 Concludo.

Non si possono dare giudizi sull’operato di un’amministrazione rispetto ad un altra, se le norme alle quali ci si deve obbligatoriamente riferire vengono disapplicate. Non si può amministrare un ente adottando atti illegittimi e poi far passare una comunicazione mediatica attraverso la strumentalizzazione di persone pagate con fondi pubblici.

Il Sindaco, ma ancor più gli organi di controllo, non hanno tenuto conto di tutta la normativa in base alla quale non avrebbero né dovuto, né potuto, spendere un centesimo in incarichi.

L’Amministrazione ha agito in violazione dell’articolo 90 del D.L.G.S. 267/2000, dell’articolo 14 della legge n. 89/2014 e dell’articolo 7 del d.lgs 165/2001, tutte norme di coordinamento della finanza pubblica.

Anche la Corte dei conti sostiene questa interpretazione ed aggiunge, a scanso di equivoci e in linea con precedenti pronunciamenti delle SS.RR., che anche i compensi degli esperti del Sindaco debbono essere ricompresi nell’obiettivo di riduzione e nel limite massimo consentito per la tipologia di spesa di cui all’art. 6, comma 7, del D.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito nella legge 30 luglio 2010 n.122. Essi costituiscono, in altri termini, delle comunissime spese per consulenza e non possono sfuggire alla disciplina generale dettata per le consulenze.

E’ inevitabile, infine, chiedermi a che serve il controllo di regolarità amministrativa e contabile ex art. 147 bis del D.L.G.S. 267/2000? Perché il sindaco non è stato messo al corrente delle violazioni che si apprestava a compiere? O ne è stato avvertito ed ha voluto procedere imperterrito nella violazione?

Nel dubbio invito la Segretaria e l’organo di revisione ad effettuare il controllo successivo di regolarità amministrativo-contabile sugli atti numero 2003 e 2004 il 22 luglio 2014.

 Ivana Castello, Consigliere comunale