Nel giorno in cui la diocesi ha ricordato i cinque anni della scomparsa di mons. Salvatore Nicolosi, vescovo fortemente impegnato nell’attuazione del Concilio e quindi di una Chiesa centrata sull’essenziale della fede e amica dei poveri, si è avviata l’équipe diocesana del Centro di ascolto e dell’Osservatorio delle povertà per meglio comprendere le povertà e rispondervi “come comunità che condivide”.

Negli ultimi anni, la rete di aiuto Caritas si è ripensata attorno a quattro livelli distinti e collegati al tempo stesso per rispondere in modo attento alla complessità delle povertà.

Un primo livello è quello dell’aiuto: ci sono circa 40 centri di aiuto e di ascolto parrocchiali che si sono evoluti dall’aiuto immediato di generi alimentari o pagamento di utenze ad un ascolto che permette di capire come meglio intervenire, spesso con visite domiciliari, comunque documentando l’aiuto e con un sistema informatico che permette di arginare furbizie, soprattutto di chi va girando di parrocchia in parrocchia, cercando piuttosto di accorgersi di tutti e di dare supporti dentro rapporti di conoscenza possibili nella dimensione territoriale della parrocchia.




Un secondo livello è quello di un ascolto che permetta di progettare interventi nelle situazioni più complesse, come accade in Centri di aiuto storicamente consolidati (Pachino, Modica da circa trent’anni) e adesso con due punti di riferimento zonali del Centro di ascolto diocesano che si attiveranno a Noto presso la sede della Caritas in via Gioberti 9 e a Modica nella Casa don Peppe Diana in via Achille Grandi (quartiere Sacro Cuore).

Un terzo livello è quello delle opere caritative e dei cantieri educativi ovvero di segni nel territorio di un “futuro diverso” per le persone che si vogliono aiutare a ripartire nella vita e per i quartieri che si vogliono ripensare capaci di processi comunitari e di attenzioni educative.

Il quarto livello è quello proprio della Caritas: il livello educativo, il livello della Caritas parrocchiale che ha il “compito di aiutare le parrocchie a conoscere il territorio per meglio incarnare il Vangelo e di promuovere cammini di fede che si compiono nella carità e disponibilità fraterne”.

L’équipe diocesana si è avviata per essere di supporto – come studio e progettazione, come un secondo livello rispetto al semplice aiuto e all’ascolto ordinario – perché l’attenzione ai poveri diventi sempre più “arte e sapienza educativa che promuove e non soltanto assiste, ma anche per aiutare la diocesi e il territorio a riflettere sulle povertà e sulle sfide che pongono”.




“E però c’è anche un ulteriore significato: operare sempre più come comunità diocesana, scambiando buone prassi, condividendo riflessioni, sentendosi e vivendo come Chiesa locale, come respiro comune” – ha sottolineato Cristian Modica, referente diocesano della rete di aiuto. “Con discernimento e capacità di svolgere servizi con consapevolezza, e quindi senza assommarne troppi” – ha sottolineato don Paolo Catinello (assistente Caritas e direttore di Migrantes). “Prospettando un futuro possibile e che eviti protagonismi e migliori prassi esistenti” – ha suggerito l’altro assistente presbitero don Christian Barone.

Don Angelo Giurdanella, vicario generale, ha incoraggiato il cammino ricordando la funzione pedagogica della Caritas “come prevalente per far crescere una carità intelligente, che usi cuore e mente”, mentre nell’eucaristia successiva, il vescovo mons. Antonio Staglianò ha rilevato come la carità generata dalla fede diventa testimonianza credente e credibile in un tempo di grandi cambiamenti, in cui saremo sempre più chiamati a un cattolicesimo autentico, non convenzionale, magari minoranza ma proprio per questo sempre più come sale e lievito della storia.

“Avendo come misura di verità l’accoglienza del povero, del migrante: questione di umanità e di fede!” – ha detto con forza il vescovo.