Sopralluogo al Castello di San Matteo
Di fronte alla minaccia araba, il governo bizantino avviò un processo di incastellamento che coinvolse probabilmente anche il Colle di San Matteo, facendolo diventare così il punto di riferimento della popolazione fino ad allora dispersa in piccoli insediamenti lungo il torrente di Modica e nelle colline adiacenti.

Sono alcune delle acquisizioni di cu hanno preso nota i sessanta archeologi presenti in città nell’ambito del progetto “Archaeology’s places and contemporary uses”, patrocinato dall’istituto universitario di Architettura di Venezia,  dall’Università di Catania, dal Msa di Manchester, dall’Etsa di Barcellona, e dalle Università di Granada, in Spagna, e di Ouno, in Finlandia, e reso possibile grazie al prof. Pietro Militello, archeologo e docente dell’Università di Catania, sciclitano.

E’ probabile che proprio la natura facilmente difendibile del colle sia all’origine dell’abitato di Scicli, alla fine della dominazione bizantina in Sicilia [VIII-IX sec. a.c.).

La prima menzione di Scicli è infatti, nelle fonti arabe relative alla conquista secondo le quali Sikla cade nell’864 a.c. nelle mani degli invasori.

L’abitato si sviluppò originariamente solo attorno al Colle di San Matteo. La componente rupestre, cioè la presenza di abitazioni in grotta secondo un uso derivato probabilmente dall’Africa settentrionale, sembra avere svolto un ruolo molto importante, se non preponderante, almeno fino al XIV secolo, quando l’architettura costruita si afferma per le classi più elevate, mentre la tradizione trogloditica continua presso gli strati più bassi soprattutto in un ampio tratto del pendio meridionale, oggi corrispondente al quartiere di Chiafura.

Contemporaneamente la città si dota di due cinte di mura, la prima più antica e più ristretta, circondava solo la parte superiore della collina e si può datare al XIII/XIV secolo, la seconda, più ampia e più recente, del XV-XVI secolo, includeva anche le pendici, fin quasi a valle. A partire dal XV secolo, infatti, l’abitato si estende anche nella parte pianeggiante, nonostante i pericoli posti dal carattere torrentizio delle acque, particolarmente violento in inverno.

Il terremoto che colpisce nel 1693 tutta la Sicilia orientale, distrugge Scicli. La ricostruzione sancisce allora la perdita di importanza della collina e sposta il baricentro nelle cave e nell’area del torrente. La collina viene abbandonata, la Chiesa Madre, la cui ricostruzione era stata avviata nell’antico sito sul colle, non verrà mai completata. Solo il quartiere di Chiafura continuerà ad essere abitato fino agli anni ’50 del XX secolo, quando gli abitanti furono spostati nel moderno quartiere di Jungi. San Matteo, tuttavia, con il suo palinsesto di architetture medievali, chiese barocche e grotte, è assunto a simbolo e centro identitario della collettività.