Dovranno aspettare altri tre mesi, l’udienza preliminare del processo fissata a lunedì 29 marzo 2021, in Tribunale ad Agrigento, avanti il Gup Luisa Turco, e già slittata più volte anche causa Covid, è stata rinviata al 5 luglio per l’adesione di alcuni legali degli imputati all’astensione dall’attività giudiziaria proclamata dall’Unione delle Camere Penali Italiane. Ora però c’è un punto fermo nella lunga battaglia alla ricerca di verità e giustizia dei familiari di Marianna Bellia e di Studio3A, che li assiste: al termine delle indagini preliminari il Pubblico Ministero della Procura agrigentina Emiliana Busto, titolare del procedimento penale per il decesso della 63enne di Palma di Montechiaro, avvenuto il 24 luglio 2018 all’ospedale “San Giovanni di Dio”, ha chiesto il rinvio a giudizio con l’ipotesi di reato di omicidio colposo in concorso per cinque medici che hanno avuto in cura la paziente, a cui si imputano pesanti responsabilità.

La tragica vicenda all’epoca ebbe vasta eco. La donna viene accompagnata al pronto soccorso del nosocomio di Agrigento alle 6.30 del 23 luglio dalla figlia e dal genero in preda a forti dolori addominali, specie al fianco destro, conati di vomito e febbre alta. I sanitari comunicano che si tratta di una colica renale e l’ecografia all’addome rileva la presenza di un calcolo. Sembra una situazione di routine, anche perché inizialmente gli esami presentano valori nella norma. La signora Bellia alle 10.30 viene quindi ricoverata in Urologia con diagnosi d’ingresso “iperpiressia e litiasi uretrale”, ma le sue condizioni peggioreranno; la donna avrebbe in corso uno shock settico che però sarebbe stato trascurato secondo il dott. Giuseppe Ragazzi, il consulente tecnico medico legale a cui il Sostituto Procuratore ha affidato la perizia autoptica per stabilire le cause e le responsabilità del decesso: come consulente di parte della famiglia, Studio3A ha messo a disposizione il medico legale dott. Mario Guarino.




Alle 16 la paziente viene condotta in sala operatoria per effettuarle una nefrostomia destra ed è qui che sarebbe stato commesso l’ulteriore fatale errore – verosimilmente il più grave – a quanto afferma il dott. Ragazzi: i due medici che inseriscono il catetere danneggiano il rene destro causando la formazione di un vasto

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