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Seguo con interesse l’evoluzione delle vicende che riguardano Movimento Articolo 1, Campo Progressista, e in parte Sinistra Italiana; mi incuriosisce capire se finalmente si sia accesa, per benevola autocombustione, quella fonte di energia da tempo tanto auspicata, utile a imprimere un movimento centripeto al magmatico ed eterogeneo brodo di follie del magmatico orbe sinistroide italiano. Follie, dico!, di comportamenti e aggregazioni e disgregazioni incredibili quanto ingestibili; rissose attività poste in essere – magari con appassionato impegno, ma pur sempre vanamente – dalla caduta del Muro ai giorni nostri. A noi, postumi (e vanesi) saggi di oggi, faciloni e depressi individui del millennio nanotecnologico, appare chiaro che a quel tempo non si sarebbero dovute chiudere le sacre botteghe (quella della sinistra comunista, quella socialista, ma probabilmente, per il bene di una sana dialettica politica, anche quella del moderato centro scudocrociato). Sembra quindi scontata la giustificazione alla presuntuosa derisione degli errori, tuttavia, meditando più attentamente, basta poco per capire che probabilmente a quel tempo era necessario compierli, così come analogamente fu d’uopo a Odisseo ed Enea scendere agli inferi, perché infine – e in conseguenza – si svolgesse il destino loro e dei loro popoli.

È stato cioè necessario in qualche modo abiurare, o quanto meno fermarsi a riconsiderare il passato remoto, per almeno due buone ragioni: perlomeno per dare il tempo alle nuove generazioni di metabolizzare il marxismo, piuttosto che farglielo subire tale e quale a un crisma religioso, e poi per far decantare l’accezione negativa che il termine “socialismo” aveva impropriamente assunto in ambito etico nel corso dei mitici, ameni, spensierati, opulenti, futilissimi e dissoluti anni ’80 (…quannu arrivavunu ansiemi socialisti e democristiani c’era i trimari, picciuotti miei!!!). Forse anche i fideisti del comunismo dogmatico, quelli cui oggi va la mia maggior simpatia, si sono in fine convinti che la sinistra ora sia pronta per il ritorno dagli inferi, in spirito di unità e in forma collettivista. Mi sembra però opportuno ricordare un altro mito, quello che tramanda di Orfeo, al quale fu concesso di ricondurre sulla superficie terreste la defunta sposa, a patto che nel viaggio di ritorno egli non si voltasse mai a guardarla. Il mitico cantore poi invece non seppe resistere, e per sincerarsi che Euridice lo seguisse, girò il capo – tentennando ai progressi conseguiti, diremmo – e così vanificò gli sforzi sin lì compiuti. Il buon senso ci dice che il recente passato, di quella che con pressappochismo definiamo genericamente sinistra in Italia, sia presto da stipare tra le esperienze da non ripetere, eppure non vorrei mai che per una sorta di fretta, di ansia da risultato, come dire?, avventatamente!, ci si dimentichi di chi ancora giustamente scettico si attarda in altri contenitori, o addirittura deluso se ne sta fuori da qualunque spazio politico. L’atteggiamento cui riferirsi probabilmente è quello del riottoso Prometeo, infatti il Titano – amico degli uomini e promotore del progresso – più mutualisticamente di Orfeo suggerisce una proficua attività di predisposizione luminarie da installare sulle vie di ritorno, in favore ai restanti e ancora restii compagni, per esempio quelli attualmente prigionieri nel PD. Corre l’obbligo di lasciare aperte tutte le porte, affinché gli uni presto raggiungano gli altri, nel lungo procedere in direzione del Partito unitario. Nulla è da lasciare intentato nell’indocile eppur liberale proponimento di accrescimento in quantità e qualità.

Sono miei auspici, o solo personali interpretazioni ipotetiche di più o meno consci intenti della universalità in movimento. Con l’animo in tensione per recepire conferme, ripongo fiducia nella certezza che il Partito unitario della Sinistra non debba considerarsi ancora il Fine, poiché l’aspirazione ultima di ogni politica, e quindi senz’altro quella di ogni tendenza politica socialista, rimane l’appropinquarsi a “ciò che non è scelto mai in vista d’altro”; alludo alla felicità quale progressiva destinazione, obiettivo posto nell’Etica Nicomachea. Il Partito della Sinistra è, senza l’ombra di alcun dubbio, un indispensabile nel viatico comunitario per tale ultima lieta destinazione, forse una meta irraggiungibile ma certamente irrinunciabile. E la labilissima forma non-partitica dei movimenti generatisi a sinistra negli ultimi giorni, lascia ben trapelare una propensione all’utile preferenza per quel tipo di strumenti di aggregazione che siano assolutamente provvisori, cioè finalizzati – è da ribadire? – alla costituzione del Partito di tutti. Arriveremo a questo? Io sono ottimista! Non spero, perché tendo a non affidarmi ad alcuna forma di provvidenzialismo esogeno, piuttosto conto nella volontà, da parte di tutti coloro che si intendono ascrivere ideologicamente alle intenzioni della Sinistra, di riappropriarsi della capacità di interpretare teoreticamente i fatti del mondo, sia pure per il tramite di dottrine note e meno note, vecchie e nuove, attingendo dal padre Marx (ma a me piacerebbe associargli persino Proudhon e Rosselli), per arrivare agli ultimi suggerimenti di Paul Mason e Piketty, e applicarne gli esiti teorici nella pratica quotidiana; nelle declinazioni canoniche della Sinistra, si intende: solidarismo, progressismo, aspirazione alla libertà e alla dignità di ogni uomo. Non è un procedimento scontato, o perlomeno molto raramente si sono riscontrate applicazioni amministrative consequenziali negli ultimi vent’anni, e quindi – poiché fino ad ora non possiamo ritenerci appagati dall’aver adempiuto a tale compito storico – per dirla con Bobbio, dovremmo tenere presente che inconcludente sarà vagheggiare un modo diverso di fare politica, senza tenere conto che occorrerà cambiare radicalmente le regole secondo le quali la si è fatta sino ad ora.
Gaetano Celestre