Introduzione

Durante l’estate noi del Gruppo di Lettura di Scicli (link) abbiamo letto un romanzo dell’autore statunitense Peter Cameron, ovvero Il weekend (edito da Adelphi, 180 pagine, 16 euro).

Apro una piccola parentesi: per chi ancora non ci conoscesse, siamo un gruppo di ragazzi che amano leggere e condividere questa bella passione riunendoci una volta al mese presso la Libreria Ammatuna di Scicli che gentilmente ci ospita. Ogni mese ognuno di noi sceglie un libro che verrà letto il mese successivo e poi, riunendoci, lo commentiamo per vedere le impressioni che ci ha lasciato. Chiusa parentesi.

peter cameron L’autore

Peter Cameron si è laureato in letteratura inglese nel 1982 all’Hamilton College di New York. Il suo primo romanzo è stato una raccolta di racconti dal titolo One Way or Another che ha pubblicato nel 1994, mentre il suo secondo romanzo è stato proprio Il weekend, mentre la sua opera più celebre, Un giorno questo dolore ti sarà utile, è stato pubblicato nel 2007, dalla quale è anche stato tratto un film dal titolo omonimo. Il suo ultimo romanzo è Coral Glynn, pubblicato nel 2012.

L’opera

Come dice il titolo, l’autore ci narra il weekend di un critico d’arte, Lyle, che col suo nuovo giovane compagno Robert, un pittore di origini indiane, va in visita ad una coppia abbiente e non più affiatata, John e Marian, che vivono in una villa nella campagna nei dintorni di New York. Il caso vuole che questa visita capita proprio nell’anniversario della morte di Tony, fratello di John e precedente compagno di Lyle per ben nove anni. E sarà proprio la presenza di Robert a trasformare il placido soggiorno che i tre avevano programmato in una sequenza di momenti imbarazzanti e carichi di tensione. Ma se l’ansiosa Marian sembra essere l’unica ad accorgersene e John si chiude in un laconico riserbo, Lyle fa di tutto per apparire disinvolto.

Cameron ha la capacità di prendere un fatto ordinario e banale e investirlo di sentimento e di significato. Ciò che si percepisce in questo romanzo, fin dall’inizio, è l’ombra del passato, il suo rapporto con Tony, che continua a palesarsi nel presente di Lyle. La bravura dell’autore sta proprio in questo, nel pennellarci divinamente ciò che provano i protagonisti del romanzo, le loro angosce, le loro solitudini, i loro silenzi nascosti. Lyle aveva perso il senso di vivere, e questo casuale ed inaspettato incontro col giovane pittore lo ha, in un certo senso, fatto rinascere e tornare a sperare in una nuova vita. Ma l’assenza di Tony si fa sentire, e presto questo suo fragile pseudo-equilibrio si spezzerà, scoprendo che era solo una velata ipocrisia. Ecco, Cameron ci vuol far capire che tutto è illusione e che non riusciremo mai a conoscere le persone fino in fondo. Prendiamo John: costruisce giorno dopo giorno un muro a secco e coltiva il suo orticello, e queste sono le uniche attività che danno un senso alla sua vita, pur essendo due lavori sostanzialmente inutili. Sia Lyle che John non riescono a scrollarsi il passato dalle spalle, e ogni perdita resta una cosa inaccettabile, rimane sempre un vuoto incolmabile.

Vorrei concludere riportando le parole che Tony riferì a Marian: “lui le aveva parlato di Dio, le aveva detto che lei aveva bisogno di fede. Se non era troppo facile rinunciare a vivere. Inventati un Dio in cui tu possa credere e poi credigli, e credi che esista qualcosa che ti possa salvare. Scopri cosa ti dà gioia nella vita e impadroniscitene. Non lasciarla andare, fatti crescere degli artigli con cui tenerla stretta.” (tratto da pag. 109).

 

Francesco Camagna