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Kore – quasi una conterranea – per la sua imprudenza ci ha privato dell’eterna bella stagione. Che bisogno c’era, per lei che era figlia di Dea, Dea lei stessa, di toccare quel cibo dei morti? Rapita e piangente per giorni e giorni, finalmente scovata dall’altrettanto disperata Madre, non poté con ella risalire in superficie, proprio per quell’errore fatidico, un vero e proprio peccato originale. E in fondo niente aveva assaggiato dei piatti sontuosi che Ade il rapitore gli aveva offerto, nulla se non qualche chicco di melagrana. E così, avendo accettato – seppur incoscientemente, e minimamente – l’ospitalità del Signore delle Tenebre, si dovette ricorrere ai patti matrimoniali per consentire un allevio alle pene di Demetra madre, e a noi figli-uomini elargire munificamente le gioie della resurrezione di primavera, l’estate, e in parte la speranza di un mite autunno.


Ricordo, ormai solo in forma di vaghe ombre, le figure di un tempo perduto nella nebbia, il novecento ancora radicato nelle origini agricole e rurali, lo sbiadito sogno del tempo da cercare in memoria, quando il dono di una melagrana era ciò che aveva da attendersi il verde fanciullo da parte dei morticini in visita. Oggi conosco il valore apotropaico di quel pomo, offerto per l’appunto nei giorni consacrati ai morti. Si ripeteva allora il gesto di Kore, accettando la caducità della generazione umana, e si cercava di non offenderne le ragioni ancestrali, al fine di allontanare il più possibile il momento delle certa dipartita terrena. Si cerca ancora oggi, in qualche modo, di rimandare il più possibile l’ultima passeggiata che conduce al campo degli asfodeli. E per questo, con ritualità non del tutto cristiana, ci conduciamo tra cipressi e filari di tombe, meditando forse con maggior serietà del solito.

Sono superstizioni ragionevoli, e utili per capire il presente. Addirittura sarebbero indispensabili alla comprensione ultima del momento politico che gli sciclitani stanno faticosamente attraversando, quando ci troviamo ormai a ridosso delle Amministrative. Novembre porterà consiglio? Un altro mito “politico” interessante è quello che riguarda Teseo e Piritoo: insieme scesero nel Tartaro, a spade sguainate, per consentire a Piritoo di chiedere in sposa proprio la figlia di Demetra, Kore-Persefone. Ade li fece accomodare, e sornione si dispose ad ascoltare le loro ragioni. Gli stolti, in verità, avevano preso posto sulla sedia dell’oblio, così la loro carne divenne immediatamente tutt’uno con la sedia medesima, e mai si sarebbero potuti liberare senza subire mutilazioni. Ancora, non troppo noto è il mito di Polipemone, soprannominato Procruste, il quale aveva in casa due letti: lì accoglieva i viandanti, facendoli subito sdraiare e poi, sempre in ordine al dovere di ospitalità, forse con zelo eccessivo, li legava e gli amputava gli arti, qualora questi avessero a sporgere oltre i letti stessi.
Il motivo comune a queste vicende ctonie è quindi l’ospitalità, o meglio l’accettazione improvvida di questa, quando avviene senza aver soppesato con ragionamento fondato i pro e i contro dell’accomodamento. Non c’è bisogno di soffermarsi oltre per segnalare l’analogia con la fase politica paesana: quanti hanno già mangiato dalla nefasta melagrana? Cosa può salvare il candidato, o il cittadino elettore, è la memoria. Su una famosa lamina orfica sta scritto:
“Quando dovrai morire andrai alle solide dimore di Hades: a destra c’è una sorgente (il Lete, per dimenticare) e accanto un cipresso bianco, dritto: là discendono le anime dei morti, e si rinfrescano. A questa sorgente non andare neanche soltanto vicino. Ma più avanti troverai acqua fredda che scorre dal lago di Mnemosyne (La Memoria): sopra stanno i custodi e ti domanderanno nel loro saldo intendimento che cosa vai cercando nelle tenebre di Ade caliginoso. Dì loro: “Sono figlio della Greve (la Terra) e di Cielo stellato, ardo di sete e mi struggo.” … e davvero, dopo aver bevuto, andrai per la via sacra, che percorrono gloriosi anche gli altri iniziati e baccanti.”
Che nessuno beva per dimenticare, ma l’iniziato si consacri a Demetra-Rea-Era, lei Regina e unica Madre dell’Orzo, e del luppolo; si beva il ciceone fermentato, ma per ricordare e discernere quel che si è fatto di giusto e di sbagliato, quel che poteva farsi meglio, e quel che tutto sommato – o malgrado tutto – va bene anche com’è. Con prudenza si individui la fonte presso cui cercare sollievo all’arsura, quella opportuna per ricordare e ricordare meglio, affinché non si corra il pericolo di guardare con uniformità la scheda elettorale; e si soppesino adeguatamente le conseguenze degli accomodamenti delle coalizioni, degli accordi. Si rifiuti infine l’ospitalità indesiderabile.

Gaetano Celestre