Jungi

Volge al termine il periodo di trasformazione della materia, e per quanto il mare appaia ancora lontano dietro gli arbusti secchi, i rami ormai del tutto spogli, l’aria cerulea che colora in lontananza il contorno dei sempreverdi e i bordi del nudo altopiano, per forza di cose d’ora in poi il ciclo si svolgerà nell’ordine della regolare riorganizzazione del sembiante naturale. Sì, al momento non è manifesto altro che il biancore degli spazi, così come esso rimanda al nero, tuttavia ancor più imo dell’humus gelido già si prepara la dimostrazione d’immortalità delle cose. Un paio di belle giornate, soleggiate e apriche, infondono la speranza che i patimenti siano finalmente da dimenticare e che l’estate stia ormai sopraggiungendo. Le passeggiate sono piacevoli lungo i filari dei bagolari. Non c’è mestizia quando la luce veste le cose in capo alla mattinata. Ciò che si può rilevare in verità, dal punto di vista della Ragione, è solo il piacere dell’attesa. Quella di chi pregusta il primo caffè da accompagnare alla sigaretta, quella di chi si siede ad aspettare che tranquillamente il corpo emetta da sé – senza sforzo – le proprie trasformazioni organiche, quella di chi aspetta il fiorire di un bocciolo e di chi si pone nella speranza dell’avvenire scrutando verso l’azzurro mare. Gennaio è il mese degli ottimisti, così scorre, come un ramo tra i flutti di un torrente.
Nei crepacci, sole caldo, vento tiepido.
E la terra emana profumi
Che già di primavera sono pregni.

Lo scriveva Hesse, con una premessa: Ma estate, estate non è. Già, già, si può stare a sostare nelle radure, come no?!, sopra le secche foglie, a ristorarsi di un pur breve inverno meridionale (è terra questa dove occorre sapersi accontentare di quel che passa il convento, quello dei monaci di Theleme sarebbe preferibile, ad esempio. Sta scritto sulla porta: Fa quello che vuoi. “Tutta la loro vita trascorreva non secondo leggi, statuti o regole, ma secondo la loro volontà e libero arbitrio. S’alzavano dal letto quando lor pareva e piaceva; bevevano, mangiavano, lavoravano, dormivano, quando ne avevano desiderio: nessuno li svegliava, né li obbligava a bere o a mangiare o a fare la minima cosa. Perché persone libere, bennate, ben istruite, che frequentano oneste compagnie, sentono per natura un istinto e inclinazione che sempre li spinge ad atti virtuosi …” ).

Il tempo elargisce tempo e fruscii, che occorre udire prestandogli attenzione riverente, come veglianti dinanzi alle foglie della quercia di Dodona. La profezia è veritiera, nella sua attendibile circolarità, e seppure gli ignavi si sforzino di addurre dei fondamenti di certezza alla ragione, io mi pongo nel dubbio che il cerchio possa essere in realtà nient’altro che la faccia larga di un imbuto. Del resto, i ragionamenti si regolano sull’immaginazione, e su questa si organizzano, non c’è altra verità credibile probabilmente, in questo sogno di una notte di mezzo inverno. Il futuro è ricordo, gli spazi vuoti saranno riempiti. Il tempo, per fortuna, come invenzione umana, progredisce. Passiamu …

Gaetano Celestre