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Della lettura del Gruppo di Lettura non scrivo da parecchio. La causa diradante è banale: abbiamo letto il testo di turno con enorme lentezza. Eppure la Harper Lee del “Buio…” comunica in una prosa lieve, e interessante, da restare per ore affascinati con gli occhi fissi sulle parole che si susseguono. La sensazione è simile a quella provata quando si ascoltano i discorsi svagati dei più piccoli, inconsapevolmente e incautamente profondi ma pur sempre circonfusi da pulviscolari toni leggerissimi. Si presume dunque, perlomeno, che la lettura del gruppo sia stata ponderata e riflessiva, non fugace sui molti difficili temi posti in struttura dall’amabile scrittrice americana: razzismo, democrazia, l’ingenuità impubere e l’incedere serioso dell’età, dunque i rapporti tra bambini e adulti. Nel mio caso, poiché ho deciso di concentrarmi su una possibilità di lettura “imbecille” (cioè “claudicante”, in latino), assolutamente confacente alla mia aspirazione di vita quotidiana, ne ho desunto dei segni occulti (esoterici) da interpretare in funzione della verità ultima e irraggiungibile che follemente vaneggio di ricercare nel lungo mio passeggiare (uno zoppicare esistenziale più che reale, ma rilassato, assopito nella beata noia di chi ha tempo e – camminando – asseconda docilmente gli arti nelle deficienze del momento): “A Maycomb, tuttavia, se uno andava a passeggio senza una meta precisa, lo si giudica a subito un tipo dalle idee poco chiare.” In questa breve citazione tratta dal romanzo si svela un’atteggiamento di riprovevole giudizio da parte degli adulti nei confronti del flaneur nullafacente. Gli Stati autoritari e parafascisti consentono di malavoglia ai giovanissimi di poter girovagare senza meta, non certamente gli è possibile concederne la grazia dall’adolescenza in poi. Il Codice Penale per gli Stati di S. M. il Re di Sardegna, in merito a diffidenza di poco mitigato dal successivo Zanardelli e poi dal Rocco di epoca fascista, così definiva “Oziosi, vagabondi, mendicanti ed altre persone sospette”: “Si avranno per oziosi coloro i quali, sani e robusti, e non provveduti di sufficienti mezzi di sussistenza, vivono senza esercitare professione, arte o mestiere, o senza darsi a stabile lavoro.”


Una fesseria quella di reputare pericoloso chi ha troppo tempo per pensare, vi assicuro che io – ad esempio – molto difficilmente mi cimento in qualcosa che vada oltre il pensiero del rumore bianco e ben più raramente mi produco nell’espressione verbale di un pensiero compito; mi limito invece a boccheggiare come un pesce del mare profondo che si affaccia tra le verdi onde e pronuncia parole incomprensibili eppur tra loro congiunte per via di insondabili collegamenti, quali ad esempio Alga, caduta, Cava, Gino, pizza o timpa…e così via. Nulla di cui le aristocrazie regolative istituzionali debbano intimorirsi, quindi; immaginatemi come quell’iniziando raffigurato nell’Atalanta Fugiens, senza piedi perché ancora non pronto per accedere nel meraviglioso giardino di rose. Mentre aspetto, piuttosto che starmene a braccia incrociate, preferisco girare e vacillare attorno alle mura, cercando di carpire brandelli di conoscenza eventuale e casuale del circostante (ma sempre spero di reperire una fessura, tra le pietre a secco, da cui trapeli perlomeno l’immagine del Giardino). Tutto qui.

Pensate, prima del secondo conflitto mondiale, nei liberali e democratici Stati Uniti d’America, la piccola Jean Louise su richiesta concedeva alla maestra questa definizione di Democrazia: “Diritti eguali per tutti, privilegi speciali per nessuno.” E successivamente, mentre la maestra induceva gli alunni a ripetere il mantra “NOI SIAMO UNA DEMOCRAZIA”, premurandosi di mettere in rilievo la distinzione dalla liberticida Germania, e facendo quindi leva sui “pregiudizi” quale elemento scatenante di ogni dittatura, nel contempo, Jean Louise si chiedeva come Hitler non comprendesse agilmente i suoi errori di valutazione. Al lettore naturalmente verrà in mente che Bolano non fosse poi così lontano dal vero quando scriveva il borgesiano La literatura nazi en America, e che facilmente si potrebbe estendere il campo di studi agli Stati Uniti, non se la prenda a male nessuno (la meravigliosa finzione di Bolano annovera qualche poeta nordamericano; a memoria ricordo O’Bannon che fino alla fine dei suoi giorni conservò il sano disprezzo per gli ebrei e gli omosessuali, mentre proprio quando cominciava ad accettare i Negri lo raggiunse provvida morte; oppure Rory Long di Pittsburgh, il quale dietro una lirica, su un focoso rapporto sessuale tra Leni Riefenstahl e Ernst Junger, celava il motivo di una presunta longevità dei nazionalsocialisti – interrotta nel percorso verso l’immortalità solo da eventuali suicidi – e rinveniva infine le ragioni di una tale endemia nella “purezza”. Tutto inventato, inutile ribadirlo, eppure così realistico e attuale).

E oggi, per l’appunto, come ce la passiamo a pregiudizi? Posso andare a passeggiare tranquillamente, o a medio-lungo termine corro qualche rischio di riprovazione non solo sociale? Qualcuno dirà che non gliene frega niente a nessuno, di quel che faccio o in genere si fa in giro… Qualunquismo dunque? Forse ha ragione Harper Lee, solo un corpo di polizia composto da bambini potrebbe salvarci.

…ci vediamo domani, mercoledì 3 Maggio, alla Libreria don Chisciotte, per una discussione collettiva sul libro “Il buio oltre la siepe”.

Gaetano Celestre

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