Giuseppe-Dezio-256x300I fratelli Alessandro, Antonio e Marco e il padre Gaetano Pepi, accusati dell’omicidio dell’agricoltore vittoriese di 64 anni, Giuseppe Dezio, hanno beneficiato della misura degli arresti domiciliari nella loro casa a Vittoria. Il consenso è arrivato dal GUP del tribunale di Ragusa nella giornata di ieri. Una difficile battaglia vinta dalla famiglia che più volte aveva chiesto, tramite il penalista Giuseppe Lipera, la presenza dei congiunti a fianco dei figli minori.

Sono tornati a casa a Vittoria  in regime di arresti domiciliari i fratelli Antonio, Alessandro e Marco Pepi e il padre Gaetano tra la gioia dei loro figli di minore età e la commozione dei familiari, che sono sempre stati a loro fianco sostenendone l’innocenza. I Pepi, come disposto dal giudice, sono tornati a Vittoria con le loro auto,  secondo i tempi previsti.  Sono imputati per omicidio volontario per la morte dell’agricoltore Giuseppe Dezio avvenuta il 2 febbraio 2016 a Vittoria.  Una battaglia vinta dalle mogli dei Pepi che per quasi 10 mesi, durante i quali i loro congiunti sono rimasti in carcere,  hanno portato avanti una causa con dignità e tanta speranza. Il legale della difesa, Giuseppe Lipera, ha presentato almeno venti  istanze di scarcerazione  e rimessione in  libertà con la richiesta di una misura cautelare meno afflittiva: per settimane c’è stata l’opposizione del Pubblico Ministero e del Gip, poi le ultime istanze accolte ma a due condizioni: l’installazione del braccialetto elettronico e l’individuazione di un’abitazione che disti almeno 100 km dal luogo dell’omicidio, Vittoria dove vive la famiglia Dezio e con la quale, secondo gli inquirenti, poteva nascere il rischio della faida e quindi di altri eventuali ritorsioni.

Ma i Pepi sono stati costretti a rimanere in carcere, nonostante la concessione dei domiciliari, perché in Italia non ci sono i braccialetti elettronici. L’avvocato Lipera ha presentato nuove istanze riuscendo a ottenere gli arresti domiciliari senza il dispositivo elettronico. Dal 22 novembre i Pepi sono stati ristretti in un’abitazione di Catania, lontano dai figli, che devono andare a scuola, e lontano dalle mogli con l’aggravio dei costi per l’affitto mensile della casa che tutti e 4 dividevano nel centro etneo. La nuova istanza presentata dal penalista catanese, nella quale ha esposto tre elementi, è stata accolta favorevolmente dal Gup. Il primo dato fatto emergere da Lipera è che non si è registrato il minimo dissidio in aula, lo scorso 16 gennaio, tra le due famiglie: Pepi e Dezio, quest’ultima costituita parte civile, e quindi è stato esclusa la faida. Il secondo problema esposto è che la famiglia, essendo stata in carcere, non ha lavorato e non può più permettersi un affitto di 1000 euro al mese e il terzo elemento, più importante, è la vicinanza ai figli minorenni che hanno subito problemi psicologici a causa della mancanza della figura paterna.

I Pepi dovranno presentarsi il 21 aprile davanti alla corte d’Assise di Siracusa. Si apre il processo. Ad avere ammesso le responsabilità dell’omicidio è stato Gaetano Pepi –  per legittima difesa –  ha sempre sostenuto. Dezio- secondo la ricostruzione –  stava accoltellando il figlio Alessandro.

Viviana Sammito