L’organico dell’Ente di Sviluppo Agricolo, storico braccio armato della Regione siciliana da più di mezzo secolo, ha un organico di circa mille unità: più della metà, 550, sono trattoristi, muniti di regolare patentino. L’Esa, però, ormai da anni non ha trattori. Nemmeno uno, perché agli agricoltori non conviene da almeno venti anni utilizzare il servizio dell’Esa: i costi del trattore “pubblico” infatti non sono competitivi. I privati, che applicano il cottimo con il “conto terzi” propongono prezzi molto più vantaggiosi, sicché l’Esa non ha rinnovato, praticamente, il parco trattori. Man mano che i mezzi sono stati rottamati, non li ha più sostituiti. Però, stranamente, il turn over, che ha funzionato per i trattori, non ha scalfito l’organico dei trattoristi nemmeno di una unità. La conseguenza è che ogni anno la Regione siciliana spende dodici milioni e ottocentomila euro circa per pagare i trattoristi senza trattore da ben venti anni. Una bella cifra, dunque, senza che alcuno abbia a dolersene o a sollevare la questione.

Il contratto aziendale ottenuto dalla categoria è particolarmente vantaggioso. La voce più importante è l’indennità di trasferta commisurata alla distanza. Più lontano è il luogo di lavoro, più generosa è la busta paga. Flessibilità e mobilità, naturalmente, sono tabù.

I trattoristi, a quanto pare, compiono molti chilometri al giorno per recarsi nei luoghi in cui sono vengono destinati dall’Esa. Per fare che cosa? A questa domanda non sappiamo rispondere. Tappabuchi o qualcosa di simile, i trattoristi non possono fare il lavoro per il quale sono stati assunti.

Nonostante il servizio dapprima apprestato dall’Esa “in conto terzi”, non venga più richiesto per via dei costi “fuori mercati”, e gli agricoltori preferiscano servirsi dei privati, che svolgono lavori – appunto – per conto terzi, la categoria non è stata mai sfiorata dalla crisi occupazionale. Una specie di miracolo.

Collocata all’interno del comparto agro-alimentare, la categoria è stata premiata a ridosso di tre campagne elettorali – 2001, 2006 e 20008 – con l’attribuzione di un tetto minimo di giornate lavorative, ben 181. Un numero magico, che consente di ottenere per il resto dell’anno una indennità di disoccupazione di pari durata, assicurando ad ogni trattorista di fatto una stabilità invidiabile rispetto a larga parte dei forestali divisi in quattro scaglioni –  coloro che fanno 51 giornate, 101 giornate, 151 e 181 – ed al resto dei dipendenti Esa, che godono curiosamente di un contratto simile agli statali.

Il fatto che non esercitino l’attività per la quale sono stati assunti, tuttavia, non significa che i trattoristi Esa non salgano su un trattore. Può benissimo capitare che ne abbiano uno in famiglia, non di loro proprietà (non sarebbe loro permesso), e diano una mano al “padroncino” per effettuare il conto terzi che l’Esa ha dovuto abbandonare a causa dei costi-orario del servizio pubblico.

L’inattività semestrale forzata, peraltro, consente ai tratttoristi, ove ne abbiano l’opportunità, di svolgere finalmente il lavoro per il quale hanno conseguito la patente.

La giunta di governo, nella sua ultima riunione, svoltasi in trasferta a Catania, ha affrontato una questione delicatissima: le priorità da osservare all’indomani dell’intesa raggiunta sul patto di stabilità con il governo nazionale: seicento milioni da riservare alle urgenze. A conclusione della giunta di governo, che ha registrato diversità di opinioni fra gli assessori, una nota ufficiale riferisce che forestali e trattoristi riceveranno quanto dovuto e possono dirmire sonni tranquilli.

Dovremmo dedurne che i trattoristi abbiano molti santi in paradiso dalla loro parte? Non è davvero il caso di scomodare i santi. Un indizio, solo uno, può venire dalla tutela sindacale finora ottenuta. I forestali, e ancora di più i trattoristi, sono la categoria più sindacalizzata fra i regionali: pare che il 90 per cento abbia la tessera di un sindacato in tasca e che, a sua volta, questa fetta di iscritti costituisca la stragrande maggioranza degli iscritti nell’area agricolo-alimentare di tutti i sindacati.

Quando sindacato e partiti, nessuno escluso, condividono gli obiettivi, non ce n’è per nessuno. Ma non va bene affatto, gli sprechi sono sprechi sia che avvengano nei Palazzi che nelle campagne. L’autonomia siciliana, che sta a cuore a tanti, va sì difesa, ma combattendo gli sprechi e non assicurando privilegi.

Fonte: siciliainformazioni.com