Un lungo curriculum giudiziario nel quale emerge un precedente per tentato omicidio, per minaccia aggravata nei confronti di un pentito di mafia. “Il re del poker”, il vittoriese di 64 anni, Rosario D’Agosta, ritenuto vicino a Cosa nostra catanese è stata raggiunto da un provvedimento di sequestro emesso dal tribunale di Ragusa, su proposta della procura distrettuale di Catania, eseguito dalla Guardia di Finanza di Catania.

Sono stati posti i sigilli a oltre 30 milioni di euro di beni che secondo gli inquirenti provengono da un  patrimonio illecitamente accumulato da D’Agosta deriva dalla monopolizzazione,fin dagli anni Novanta, del settore della commercializzazione e installazione degli apparecchi da gioco “truccati” nel territorio vittoriese, affare lucroso storicamente appetito alle organizzazioni criminali anche per la possibilità di riciclare danaro “sporco”.

61 le unità immobiliari sotto sequestro tra appartamenti, garage, magazzini, attività commerciali e terreni, in provincia di Ragusa: di cui 59 stabili a Vittoria, 2 immobili a Ragusa, una villetta sul mare a Scoglitti, 6 unità immobiliari  – 3 appartamenti con garage  nei comuni di Caravate e Cocquio-Trevisago (Varese) e 5 autovetture. In più, in ben 12 annualità su 25 monitorate, la famiglia D’Agosta non ha dichiarato alcun reddito al Fisco.

La contiguità di Rosario D’Agosta a “Cosa Nostra” è emersa a seguito della sua condanna in primo grado, nel 2015, a 5 anni di reclusione per il tentato omicidio perpetrato nel 2009 di Giuseppe Doilo, appartenente alla Stidda. La vicenda segna un momento di tensione tra fazioni opposte tra rappresentanti di “Stidda” e “Cosa Nostra”, culminato nell’azione di Rosario D’Agosta che ha sparato diversi colpi di pistola verso la vittima per poi essere bloccato da altri presenti prima che riuscisse a colpire mortalmente Doilo.

D’Agosta è stato anche condannato lo scorso anno a 6 mesi di reclusione per minaccia aggravata dal metodo mafioso commessa nel 2014 nei confronti di un collaboratore di giustizia. Il 64enne, nonostante il sequestro di “macchinette” illegali, e la revoca delle licenze per la gestione degli apparecchi da gioco, ha continuato a creare nuove società le cui quote sono state affidate al figlio e alla figlia della convivente, anche per evitare l’applicazione delle misure di prevenzione antimafia.

Viviana Sammito