Domenica 12 giugno si vota oltre che per le Comunali, per cinque referendum, tutti incentrati sul tema della giustizia. Si va dalle misure di custodia cautelare alle funzioni delle carriere dei magistrati fino all’incandidabilità di persone già condannate.

Si tratta di referendum abrogativi, e quindi di una consultazione popolare per capire se gli italiani vogliono mantenere alcune norme già presenti oppure le vogliono cancellare dal nostro ordinamento.

Chi vuole mantenerle voterà No, chi vorrà cambiarle voterà Sì. Sia chiaro, come ogni referendum abrogativo, anche questi per essere validi dovranno raggiungere il cosiddetto quorum , e cioè dovrà andare al voto almeno il 50%+1 degli elettori. In caso contrario il singolo referendum non avrà valore.




Quesito numero 1

Il primo quesito è contenuto nella scheda di colore rosso. Punta a cancellare la legge Severino . Che cos’è? La legge Severino prevede tra le altre cose che chi è stato condannato in via definitiva con pena superiore a due anni non possa candidarsi alle elezioni politiche. E non è tutto, se il condannato poi è già senatore o deputato decade automaticamente dal ruolo di parlamentare. Il caso più celebre è quello di Silvio Berlusconi a cui fu tolto il seggio al Senato dopo la condanna del processo Mediaset. La legge Severino coinvolge anche gli amministratori locali, quindi sindaci, governatori e consiglieri, prevedendo che i loro incarichi vengano sospesi già dopo la condanna di primo grado per alcuni tipi di reato quindi senza aspettare tutti i gradi di giudizio. Se vince il sì, insomma, viene abrogata la norma sulla decadenza tutta intera.

* Chi vota Sì vuole che persone condannate per reati non colposi tornino a ricoprire o mantengano cariche politiche (a meno di decisioni diverse di un giudice) .

* Chi vota No vuole mantenere la situazione attuale: confermando incandidabilità e decadenza per queste persone.

 

Quesito numero 2

Il secondo quesito è contenuto nella scheda arancione. In questo caso la domanda posta ai cittadini è: volete cancellare la «reiterazione del reato» dall’insieme delle motivazioni per cui i giudici possono decidere la custodia cautelare in carcere o i domiciliari per una persona prima del processo? Vediamo cosa succede oggi: una persona indagata può finire in carcere o ai domiciliari prima della sentenza se c’è il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove oppure per impedire che la persona possa compiere di nuovo lo stesso reato. Attualmente si può finire gli arresti per questo ultimo motivo se si tratta di un reato per cui è prevista una pena massima di 4 o 5 anni oppure per il finanziamento illecito dei partiti. Ecco se vince il sì non sarà più possibile il carcere preventivo per il rischio di reiterazione del reato con l’eccezione di reati che prevedono l’uso della violenza o delle armi oppure legati alla criminalità organizzata o alle eversione.

* Chi vota Sì vuole eliminare la reiterazione del reato dalle ragioni per cui si può disporre la custodia cautelare.

* Chi vota No vuole mantenere in vigore la legge così com’è: arresto o domiciliari anche per il pericolo della ripetizione del reato.

 

Quesito numero 3

Con il terzo quesito, contenuto nella scheda di colore giallo, si entra nel cuore del sistema giudiziario. Si parla di magistrati: come sappiamo si dividono tra la funzione di pubblici ministeri o di giudici, requirente o giudicante, insomma quello dell’accusa e quello chiamato a decidere. Il quesito è lunghissimo e a tratti incomprensibile, è composto da oltre 2mila parole, ma la domanda sostanziale è questa: volete abrogare la norma che oggi consente al togato di passare, nel corso della propria carriera, dal ruolo di giudice a quello di pubblico ministero e viceversa? Vediamo cosa succede oggi: ci sono già delle norme che limitano il passaggio da una funzione all’altra , per esempio bisogna cambiare regione dove si esercita e poi sono ammessi al massimo quattro passaggi nel corso della carriera. Questi passaggi inoltre saranno due quando sarà approvata la riforma Cartabia che al momento ha incassato il sì alla Camera e aspetta il vaglio del Senato. Il quesito referendario però intende comunque abrogare del tutto questa possibilità, cioè all’inizio della carriera un magistrato decide se essere un pm o un giudice e tale resta per tutto il tempo. Stop.

* Chi vota Sì sceglie per l’obbligo di scelta tra essere pm o giudici all’inizio della propria carriera.

* Chi vota No invece vuole consentire che il magistrato possa passare da una funzione all’altra.

 

Quesito numero 4

Quarto quesito, scheda di colore grigio. La domanda è: volete che l’operato del magistrato possa essere giudicato anche dai membri laici dei consigli giudiziari? Chi sono i laici? Professori universitari e avvocati. La partecipazione dei laici nel voto è già previsto dalla Riforma Cartabia, ma solo se il consiglio dell’ordine abbia segnalato comportamenti scorretti da parte del magistrato che si deve valutare.

* Chi vota Sì vuole che i magistrati vengano valutati anche dai membri laici come avvocati e professori universitari.

* Chi vota chi vota No vuole che si continui con la loro esclusione dal giudizio.

 

Quesito numero 5

L’ultimo quesito, il quinto, è contenuto nella scheda di colore verde. Il tema è la candidatura per l’elezione dei componenti del Consiglio superiore della magistratura. Oggi un magistrato che vuole candidarsi al Csm deve raccogliere almeno 25 firme. I promotori del referendum vogliono eliminare questa soglia così da favorire la candidatura di chiunque senza necessità di appoggi per limitare il peso delle cosiddette correnti.

* Chi vota Sì vuole eliminare l’obbligo per il magistrato di procurarsi delle firme per candidarsi.

* Chi vota No vuole mantenere questo obbligo.