“Se non te ne vai, ti ammazzeremo come un cane”, firmato “La Stidda”. E’ questo il contenuto della lettera intimidatoria ricevuta dalla ditta del geometra comisano, Salvatore Patriarca (nella foto sotto), titolare dell’omomina impresa edile che si è aggiudicata l’appalto per la demolizione di 20 villette abusive a Licata e Agrigento ad ottobre 2015.

PatriarcaIl plico gli è stato fatto recapitare ieri mattina tramite posta nella sede comisana della ditta. La lettera, firmata come detto sopra “La Stidda”, è scritta con ritagli di giornali fotocopiati. L’impresa ragusana ha sporto denuncia alla procura iblea e ha consegnato il contenuto intimidatorio alla squadra mobile di Ragusa, anche se già le indagini sono state avviate dalla polizia di Licata, che quotidianamente ha scortato la ditta per eseguire i lavori. Salvatore Patriarca non molla, continuerà a svolgere il suo lavoro ma vuole farlo in tutta sicurezza per sè e per i suoi 5 operai.

Le operazioni di demolizione sono solo state sospese e proseguiranno appena il titolare avrà un programma di sicurezza da parte delle forze dell’Ordine . Del caso sta indagando anche la procura di Agrigento . Il procuratore capo, Renato Di Natale, ha commentato: “Il titolare della ditta va protetto e garantito. Ho intenzione – ha aggiunto Di Natale – di investire il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica di trovare dei rimedi per evitare che un’attività del genere, le demolizioni di immobili abusivi, vada a bloccarsi. E’ veramente una cosa gravissima”.

Due villette sono già state rase al suolo. Mentre, complessivamente, sono saliti ad 8 gli ormai ex proprietari che si sono detti disponibili a demolire autonomamente. Per impedire le demolizioni centinaia e centinaia di abitanti di Palma di Montechiaro avevano creato un vero e proprio muro umano, composto anche da bambini e da donne. Sono villette costruite a una distanza inferiore ai 150 metri dalla battigia, in una zona sottoposta a vincolo paesaggistico. I proprietari delle ville e l’associazione Prometeo avevano presentato ricorso al Tar, la cui sentenza ha dato ragione all’impresa comisana. Un ricorso servito solo ad allungare i tempi per l’inizio dei lavori. Lavori che sono proseguiti con molte difficoltà, fino alle minacce.

Viviana Sammito