Decadenza di Berlusconi e festeggiamenti fuori luogo
- 29 Novembre 2013 - 9:08
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Mi divertono, le approssimative eccezioni di costituzionalità sollevate da taluni politicanti destrorsi, in merito alla retroattività del Decreto Legislativo 235/2012 (Legge Severino). Ravviso i colori della betise più ridicola (Flaubert appunterebbe), non tanto perché ritengo sia particolarmente amena la perorazione, considerato il pulpito donde giunge, quanto perché si cerca di nascondere ancora una volta la sostanzialità dei fatti dietro la presunta irregolarità formale dei procedimenti (che poi irregolari potrebbero realmente essere). Si tratta, di conseguenza, d’un senso del divertimento che cela in verità profonda amarezza. È bene manifestare innanzitutto che l’instabile armonia e superficiale correttezza dei procedimenti giudiziari – ma l’esitante inappuntabilità è proprietà costitutiva imprescindibile di ogni attività amministrativa (in senso lato) svolta in Italia – sono una ripercussione dovuta al sistema di idee, perlomeno approssimativo, in cui le norme sono dallo stesso Legislatore pensate e generate. Non è inutile ricordare che dagli anni ’60 in poi (più o meno, ma anche prima) si è scelto di abbandonare la via della certezza (sia pure quella dubbiosamente codicistica) per inseguire la soluzione giudiziale “equitativa-magistraturale” (i gravi errori giudiziari degli ultimi anni, in ambito civile e penale, sono dettati da tale genericità. Un caso su tutti quello dell’omicidio di Meredith Kercher…mentre sul piano civilista, basta pensare alle beghe processuali del cugino con il suo vicino di casa, che durano da anni senza che si possa veder luce; oppure di come è stato risolto il caso con un giudizio equitativo di spartizione delle spese processuali…e chi s’è visto s’è visto!).
Se dunque la riflessione sin qui svolta in qualche modo avvalora la tesi centrodestrista, in un altro vorrebbe essere un’accusa pesantissima all’operato parlamentare e governativo degli ultimi vent’anni (e c’erano loro, i centrodestristi, chi altri?). Ciò a prescindere dal dato concreto che rende l’Italia un paese sui generis, dal momento che – in qualunque altro luogo – un condannato in secondo grado (per di più con giudizio conforme in Cassazione) non deve attendere un voto di decadenza per essere escluso dalla vita politica ed istituzionale del proprio Paese.
Parlerò più chiaro e sarò breve da qui in poi, avendo messo in evidenza la parte più “tecnica” del discorso che volevo svolgere, nella volontà di lasciare agli “addetti” le riflessioni conseguenti: vorrei tanto capire cosa c’è da festeggiare se un tizio che è stato Presidente del Consiglio del nostro Paese per ben quattro volte viene prima condannato per evasione fiscale (e taccio su tutto il resto) e poi privato della carica senatoriale per mezzo di “voto palese” (anche qualche intimo amico suo ha palesato l’inaffidabilità di B. come Senatore della Repubblica). Cioè, fatemi capire, stiamo festeggiando perché il tizio che abbiamo scelto ripetutamente, per rappresentarci in Italia e nel Mondo, è un delinquente? Non ci sarebbero scusanti in tal caso per definire “ebete” l’intero popolo italiano – persino quello di sinistra, che ha confermato con il voto “gente” nella possibilità di fermare il Cavaliere per tempo, in più occasioni, e non lo ha fatto – altrimenti dovremmo accettare l’idea che ci piace essere rappresentati da ladri…ma solo sin quando non vengono scoperti: la furbizia tutta italica di chi sa rimestare bene le carte, gigioneggia, imbroglia ma è simpatico e piacione. Stiamo parlando di questo? Mi dite allora cosa c’è da festeggiare?
Capirei se il Berlusconi fosse salito al potere con un colpo di stato (è sempre in tempo, ma non credo lo farà). Allora sì, potremmo festeggiare in piazza. Ma così stando le cose, mi sembra di festeggiare per vent’anni persi, letteralmente buttati, lugubremente relegati alle intemperie del tempo e degli uomini più loschi (che noi stessi, corpo elettorale, abbiamo scelto). Vent’anni di disastro! C’è un non-sense in tutto questo: se non è stato tutto un disastro, non si dovrebbe festeggiare per la decadenza di Berlusconi, ma dovremmo lagnarci del fatto che non ci siamo accorti prima che il tizio era un evasore. Se invece eravamo già consapevoli da tempo di quanto fosse delinquente l’ex-Presidentissimo, allora non dobbiamo festeggiare, né lagnarci, ma stare zitti! Fare finalmente silenzio e pensare, pensare tanto, prima di fiatare nuovamente ed esprimere un parere, un voto o qualunque parola che possa dare mandato politico a qualcun altro. Nascondiamoci, con profonda vergogna, pudicamente, dietro un semplice e timido: “…è andata così!”
Gaetano Celestre
Guglielmo Ferro
No, non credo che ci sia nulla da festeggiare
In tempi non sospetti, alla fine degli anno 80, nutrivo una profonda avversione, all’epoca mutuata dale lettura di Sergio Saviane sull’Espresso, per questo giovane palazzinaro improvvisamente baciato dalla fortuna. La fortuna gli derivava dall’essersi misteriosamente imbattutto in duemila miliardi stranamente coincidenti con l’infittirsi delle sue frequentazioni mafiose. Questa fortuna era poi stata corroborata, nella stessa misura in cui si ingigantiva la profondità della mia avversione, dalla protezione di un nuovo padrino (politico stavolta) Bettino Craxi che gli assicurava la più ampia copertura di far pascere nel far west del vuoto legislativo i suoi “successi imprenditoriali” mentre altri ben più navigati, veri, imprenditori avevano rimesso le penne in tutte le avventure televisive precedenti. Nel 1994 Berlusconi era già una vecchia conoscenza ! Solo un popolo bue ed ebete poteva non rilevare che la sua non era una discesa in campo quanto un gesto disperato per salvarsi dal fallimento e dall’arresto (è sempre stato un border line provvisto delle protezioni giuste). L’ennesima mistificazione baciata dal successo di una partita giocata nel disprezzo delle più elementari regole, non dico della democrazia, ma del semplice buon senso. Intanto la mia avversione raggiungeva quote stellari. L’ultima volta che ho gioito è stata la notte del 21 aprile del 1996: la vittoria dell’Ulivo di Romano Prodi. Il Paese aveva una seria speranza di riuscire a diventare un paese normale. Ho cessato di gioire, per sempre, due anni dopo quando ho visto che la cosiddetta sinistra non aveva minimamente a cuore il Paese quanto i suoi interessi di bottega, quando si è cominciato a capire che un personaggio velenoso come Berlusconi non costituiva un pericolo da debellare ma un alibi dietro il quale allevare i propri vizi e coprire il proprio marciume. Dietro le tante chiacchiere sul “mostro” si stava materializzando una realtà politica del Paese che anzichè combatterlo, il mostro, lo stava assumendo quale modello! Oggi cosa dovremmo festeggiare? La inevitabile fine della parabola di un anziano signore? Mi permetto di aggiungere alle considerazioni fatte sulla inevitabilità di tale fine, che non solo Berlusconi non è stato debellato politicamente, ma nemmeno, come si dice, dalla magistratura! Berlusconi è stato fatto fuori dall’anagrafe !!!!
Bella forza: qualcuno si era persuaso che fosse immortale ? E già da qualche anno che, per questi motivi, ho perso la voglia di parlare di Berlusconi, ha preso a darmi fastidio il montante anti berlusconismo . Ho cominciato a vedere intorno, che con l’incedere, inevitabile lo ripeto, della decadenza (anagrafica, non senatoriale) si moltiplicava il numero dei suoi detrattori: gli anti berlusconiani di oggi mi sembrano, si parva licet componere magnis, come gli antifascisti del 26 aprile… dove si erano nascosti fino a poco fa? Un ultima considerazione : cosa c’è da gioire in un paese che cestina Berlusconi, ma solo perchè oramai è, fuor di ogni ragionevole dubbio, scaduto e nel medesimo istante si tiene, e fa finta di nulla, un ministro come la Cancellieri? Qualcuno mi dice che gli episodi (non c’è solo quello) Cancellieri dimostrano che è il Paese che ha partorito il Berlusconismo , nel senso di una profonda tendenza alla mancanza del senso dello stato e all’incertezza del diritto ai massimi livelli, e non viceversa, il berlusconismo ad aver profondamente, ulteriormente, corrotto questo Paese in questi venti anni. Ma io voglio solo ricordare, senza scomodare, Einaudi, DeGasperi e poi più tardi, Berlinguer e Pertini, che persino un personaggio discutibile come Cossiga, una volta ebbe a dimettesi da ministro dell’Interno per una telefonata (all’altro apparecchio c’era l’on. Donat Cattin, padre di Marco, altrimenti conosciuto come “comandante Alberto” nelle Brigate Rosse). Quindi, fino a poco tempo fa, questo Paese conosceva ancora l’istituto delle dimissioni… e persino quello della vergogna !
Gaetano Celestre
Il provare vergogna è uno dei sentimenti più costruttivi (e dunque lo vedrei in positivo) che riesco ad immaginare in questa fase. Condivido pienamente anche l’analogia sulla caduta dei dittatori.
Gaetano Celestre
“Se noi dobbiamo risvegliarci una volta e riprendere lo spirito di nazione, il primo nostro moto deve essere, non la superbia e la stima delle nostre cose presenti, ma la vergogna.” (Leopardi)