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Mi divertono, le approssimative eccezioni di costituzionalità sollevate da taluni politicanti destrorsi, in merito alla retroattività del Decreto Legislativo 235/2012 (Legge Severino). Ravviso i colori della betise più ridicola (Flaubert appunterebbe), non tanto perché ritengo sia particolarmente amena la perorazione, considerato il pulpito donde giunge, quanto perché si cerca di nascondere ancora una volta la sostanzialità dei fatti dietro la presunta irregolarità formale dei procedimenti (che poi irregolari potrebbero realmente essere). Si tratta, di conseguenza, d’un senso del divertimento che cela in verità profonda amarezza. È bene manifestare innanzitutto che l’instabile armonia e superficiale correttezza dei procedimenti giudiziari – ma l’esitante inappuntabilità è proprietà costitutiva imprescindibile di ogni attività amministrativa (in senso lato) svolta in Italia – sono una ripercussione dovuta al sistema di idee, perlomeno approssimativo, in cui le norme sono dallo stesso Legislatore pensate e generate. Non è inutile ricordare che dagli anni ’60 in poi (più o meno, ma anche prima) si è scelto di abbandonare la via della certezza (sia pure quella dubbiosamente codicistica) per inseguire la soluzione giudiziale “equitativa-magistraturale” (i gravi errori giudiziari degli ultimi anni, in ambito civile e penale, sono dettati da tale genericità. Un caso su tutti quello dell’omicidio di Meredith Kercher…mentre sul piano civilista, basta pensare alle beghe processuali del cugino con il suo vicino di casa, che durano da anni senza che si possa veder luce; oppure di come è stato risolto il caso con un giudizio equitativo di spartizione delle spese processuali…e chi s’è visto s’è visto!).

Se dunque la riflessione sin qui svolta in qualche modo avvalora la tesi centrodestrista, in un altro vorrebbe essere un’accusa pesantissima all’operato parlamentare e governativo degli ultimi vent’anni (e c’erano loro, i centrodestristi, chi altri?). Ciò a prescindere dal dato concreto che rende l’Italia un paese sui generis, dal momento che – in qualunque altro luogo – un condannato in secondo grado (per di più con giudizio conforme in Cassazione) non deve attendere un voto di decadenza per essere escluso dalla vita politica ed istituzionale del proprio Paese.

Parlerò più chiaro e sarò breve da qui in poi, avendo messo in evidenza la parte più “tecnica” del discorso che volevo svolgere, nella volontà di lasciare agli “addetti” le riflessioni conseguenti: vorrei tanto capire cosa c’è da festeggiare se un tizio che è stato Presidente del Consiglio del nostro Paese per ben quattro volte viene prima condannato per evasione fiscale (e taccio su tutto il resto) e poi privato della carica senatoriale per mezzo di “voto palese” (anche qualche intimo amico suo ha palesato l’inaffidabilità di B. come Senatore della Repubblica). Cioè, fatemi capire, stiamo festeggiando perché il tizio che abbiamo scelto ripetutamente, per rappresentarci in Italia e nel Mondo, è un delinquente? Non ci sarebbero scusanti in tal caso per definire “ebete” l’intero popolo italiano – persino quello di sinistra, che ha confermato con il voto “gente” nella possibilità di fermare il Cavaliere per tempo, in più occasioni, e non lo ha fatto – altrimenti dovremmo accettare l’idea che ci piace essere rappresentati da ladri…ma solo sin quando non vengono scoperti: la furbizia tutta italica di chi sa rimestare bene le carte, gigioneggia, imbroglia ma è simpatico e piacione. Stiamo parlando di questo? Mi dite allora cosa c’è da festeggiare?

Capirei se il Berlusconi fosse salito al potere con un colpo di stato (è sempre in tempo, ma non credo lo farà). Allora sì, potremmo festeggiare in piazza. Ma così stando le cose, mi sembra di festeggiare per vent’anni persi, letteralmente buttati, lugubremente relegati alle intemperie del tempo e degli uomini più loschi (che noi stessi, corpo elettorale, abbiamo scelto). Vent’anni di disastro! C’è un non-sense in tutto questo: se non è stato tutto un disastro, non si dovrebbe festeggiare per la decadenza di Berlusconi, ma dovremmo lagnarci del fatto che non ci siamo accorti prima che il tizio era un evasore. Se invece eravamo già consapevoli da tempo di quanto fosse delinquente l’ex-Presidentissimo, allora non dobbiamo festeggiare, né lagnarci, ma stare zitti! Fare finalmente silenzio e pensare, pensare tanto, prima di fiatare nuovamente ed esprimere un parere, un voto o qualunque parola che possa dare mandato politico a qualcun altro. Nascondiamoci, con profonda vergogna, pudicamente, dietro un semplice e timido:  “…è andata così!”

Gaetano Celestre