A giugno in Russia ci sarà la kermesse internazionale più seguita del mondo: il Campionato del Mondo di calcio. Le trentadue nazionali migliori del mondo si affronteranno per determinare quale di essa potrà essere Campione del Mondo. È un evento che avviene ogni 4 anni: cosa c’è di strano?

Beh, l’Italia sta vivendo un periodo drammatico da questo punto di vista, poiché gli azzurri, che all’epoca erano guidati da Gian Piero Ventura, non si sono qualificati. Non succedeva da 58 anni. E allora è giusto porsi delle domande, la più importante delle quali è: perché si è arrivati a questo? A rispondere ci ha provato Benito “Benny” Carbone, ex calciatore che ha militato tra Italia ed Europa per tanti anni, campione d’Europa con la Nazionale Under 21 nel 1994, intervistato in esclusiva dalla redazione di Bwin.

Qual è il motivo per cui in l’Italia non è più fucina di talenti come una volta? Negli anni ’90, gli anni in cui Carbone giocava a calcio, nel Bel Paese c’era il meglio del calcio europeo e i calciatori nostrani erano tra i più forti del mondo. Carbone cerca di trovare una spiegazione a tutto ciò, additando la colpa al lavoro che viene fatto sui giovani.

“Non riesco a capacitarmi” – le sue parole – “del fatto che nei settori giovanili si lavori così tanto su tattica e collettivo, quando servirebbero tecnica di base, postura, palleggi, stop, accattare l’uomo eccetera. In senso lato manca il lavoro sul singolo, sul ragazzo che dovrà diventare calciatore ma anche uomo. E non servono allenatori ma istruttori, perché con i giovani quello devi fare: istruire. I ragazzi sono da seguire singolarmente, va lasciato loro del tempo per crescere. A un giocatore devi dare almeno un biennio per capire se può diventare professionista. Invece da noi si inseguono i risultati, si vuole vincere questo o quel torneo, si cercano i più pronti e ciò significa basarsi troppo sulla fisicità. Sembra pazzesco ma oggi puoi venire scartato perché sei più basso di 1,70. Così ci si riempie di gente prestante che però ha lacune tecniche di base. E da adulti, se non hai la qualità, non vai da nessuna parte. Come ho detto sono scelte disastrose, che infatti alla fine hanno dato risultati disastrosi”.

Ci sono troppi stranieri in Italia? Non è questo il punto, secondo Carbone. Il problema riguarda il reale apporto con i giocatori provenienti dall’estero danno al nostro calcio: la percentuale, infatti, non è superiore rispetto a quella degli altri campionati.

Altra grana è rappresentata dall’elevato numero di stranieri in Italia, che per, non è superiore alla percentuale che c’è negli altri campionati. “Lo straniero che ti permette di alzare la qualità del campionato è un valore, perché crea un circuito virtuoso che tende a portare sempre più i migliori in Italia. Il problema è quando arriva gente senza qualità, o che cammina in campo. Poi c’è anche il problema delle giovanili, e questo si ricollega con il discorso che facevo prima. Spesso i ragazzi esteri sono più pronti fisicamente dei coetanei italiani, così le squadre giovanili si imbottiscono di stranieri e il problema diventa ancora più grosso. Anche lì se ne prendi 1-2 su 11 è ok, ma io vedo grosse squadre schierare 8-9 stranieri e non va bene”, il suo pensiero.

La soluzione viene vista dall’ex Torino e Inter, tra le altre, nel coraggio che le società devono avere di lanciare i propri giovani. Carbone fa un paragone illustre con la Nazionale U21 con la quale vinse l’Europeo nel 1994: in quella squadra c’erano tanti giocatori giovani, tutti però che avevano tante possibilità in prima squadra. “Il problema è un altro: i pochi giovani che ci sono, abbiamo paura di farli giocare! Guarda a Belgio, Inghilterra, Olanda: lì giocano dei ’96 e ’97 che da noi non trovano spazio perché abbiamo paura. Se guardi le formazioni del campionato belga, ci trovi un numero impressionante di ragazzi dal ’95 in su, tantissimi. Da noi, invece, si ha paura di bruciarli…L’Europeo del 1994? Spettacolare! Un anno difficile da dimenticare, era stata la mia consacrazione in A con Mondonico e Silenzi. E poi vinsi un europeo da titolare insieme a Vieri, Panucci, Muzzi, Inzaghi, Cannavaro… Ah, Fabio aveva 20 anni e giocava titolare in serie A, per dire”, conclude Carbone.