JAWNEH MOHAMMED LAMIN294 i migranti soccorsi da nave Dignity I°. Molti bambini e donne incinte sono giunti il 23 u.s. a Pozzallo e sono stati accolti presso il C.P.S.A.

L’attenzione della Procura della Repubblica è stata prontamente indirizzata verso uno dei tre eventi SAR effettuati dalla nave soccorritrice, ovvero quello di 109 persone di cui uno giunto cadavere ed un altro trasportato d’urgenza in elicottero ad Agrigento, in quanto colpito da arma da fuoco tipo da guerra.

Al termine delle prime indagini protrattesi per 18 ore, sono stati sottoposti a fermo di  Polizia Giudiziaria in quanto responsabili di aver condotto un gommone dalle coste libiche fino a quando non sono stati soccorsi per ragioni umanitarie da una nave: JAMMEH Jobis, nato in Gambia il 01/01/1994 (timoniere) e JAWNEH MOHAMMED LAMIN  nato in Gambia il 22.06.1983 (addetto alla bussola ed al sistema satellitare).

I responsabili del delitto previsto dagli artt. 416 C.P. e 12  D.Lgs.vo 25.7.1998 nr. 286, si associavano con altri soggetti presenti in Libia al fine trarne ingiusto ed ingente profitto compiendo atti diretti a procurare l’ingresso clandestino nel territorio dello Stato di cittadini extracomunitari. Il delitto è aggravato dal fatto di aver  procurato l’ingresso e la permanenza illegale in Italia di più di 5 persone; perché è stato commesso da più di 3 persone in concorso tra loro; per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale delle persone esponendole a pericolo per la loro vita e incolumità ed inoltre per aver procurato l’ingresso e la permanenza illegale le persone sono state sottoposte a trattamento inumano e degradante.

JAMMEH Jobis,Anche per questo caso di soccorso i migranti a bordo del gommone sono tutti provenienti dal centro Africa ed attualmente sono stati ospitati presso il C.P.S.A. di Pozzallo, anche se è prossimo il loro trasferimento.

 

MODALITA’ DI SOCCORSO IN MARE

 

Alle ore 07:27 del 21.06.2015 la nave “Dignity”, dell’organizzazione umanitaria “Medici senza frontiere”, riceveva l’ordine di procedere al rintraccio di un natante in difficoltà. Alle ore 10.15 l’unità soccorritrice avvistava otticamente a circa 15 miglia dalla Libia il gommone segnalato.

Alle ore 10.40, dopo aver dichiarato evento Sar, la nave Dignity metteva in acqua un suo gommone e dava inizio a tutte le necessarie manovre di salvaguardia della vita umana in mare per poi passare alle fasi di recupero di 108 soggetti, parte di essi donne e minori anche neonati. Nel corso delle predette circostanze l’equipaggio dell’unità soccorritrice appurava la presenza di un soggetto con ferita d’arma da fuoco al polpaccio della gamba sinistra e di un cadavere che giaceva riverso al centro del gommone. L’equipaggio nel contempo agiva nei confronti degli occupanti di altro gommone improvvisamente apparso nei luoghi teatro del I° soccorso, e a conclusione di tutta l’operazione i soggetti recuperati risultavano essere in numero di 205, compreso quello rinvenuto cadavere. A conclusione di tale attività e sempre su disposizione della Autorità marittima italiana, la nave di Medici Senza Frontiere dirigeva la propria rotta verso il Porto di Pozzallo e prima di giungervi riceva mediante trasbordo su di essa altri 89 soggetti precedentemente tratti in salvo dalla nave “Fasan”, della Marina Militare Italiana. L’approdo nella banchina del Porto di Pozzallo avveniva alle ore 09.00 del 23 e tutti i migranti che in tale sito venivano fatti sbarcare, ricevevano ospitalità nel C.P.S.A. di Pozzallo.

ORDINE PUBBLICO ED ASSISTENZA

Le operazioni di Ordine e Sicurezza Pubblica specie in occasione di eventi che prevedono la presenza di un cadavere sono particolarmente complesse. L’esperienza maturata dalla Polizia di Stato nella gestione di tali accadimenti ha permesso all’intera macchina organizzativa di prevedere per tempo l’impiego di risorse specializzate atte a sostenere accertamenti concludenti e veloci già nelle prime fasi di arrivo del migrante deceduto.

Le operazioni di sbarco non hanno così avuto alcun ritardo, tanto da permettere un’immediata assistenza ai migranti. Il cadavere dopo i primi accertamenti di Polizia Giudiziaria, è stato fatto traslare per primo, così da permettere un deflusso rapido degli altri non comunitari.

Il Funzionario di O.P. della Polizia di Stato, con a disposizione decine di uomini, ha dovuto poi coordinare, in poche ore dall’arrivo dei migranti, e contestualmente alle attività di prima ospitalità al Centro di primo soccorso ed accoglienza di Pozzallo, la necessità di individuare tra essi quanti testimoni dell’evento criminoso e quanti invece ritenuti correi.

Il tutto contestualmente ai richiesti trasferimenti verso altri siti dei migranti sbarcati di recente, così da rendere maggiormente fruibili gli spazi per i nuovi arrivati.

Le operazioni di sbarco non hanno fatto registrare criticità ed è stata prestata la massima attenzione verso i soggetti che avevano bisogno di cure mediche, in particolar modo diverse donne incinte e tanti minori alcuni in tenerissima età.

Alle procedure hanno partecipato tra altri 40 Agenti della Polizia di Stato, nonché appartenenti alle altre Forze dell’Ordine, la Protezione Civile, la Croce Rossa Italiana ed i medici dell’A.S.P. per le visite mediche.

Al riguardo, le attività dell’Ufficio Immigrazione della Polizia di Stato risultavano complesse,  dovendo essere espletate in tempi ristretti, così da permettere anche un immediato invio degli ospiti in altre strutture d’accoglienza più ospitali.

La Polizia Scientifica ha lavorato consequenzialmente senza sosta per le operazioni di preidentificazione e fotosegnalamento, in considerazione dei nuovi arrivi. In tempi record sono stati identificati centinaia di migranti approdati.

LE INDAGINI

 Gli uomini della Polizia di Stato – Squadra Mobile Questura di Ragusa e di Agrigento – con la partecipazione di un’aliquota di Carabinieri e della Guardia di Finanza hanno concluso le prime fasi delle indagini in poco più di 16 ore.

Gli accertamenti di P.G. in questi casi sono particolarmente complessi, dovendo cercare nel caso in specie di appurare le responsabilità di chi ha condotto il gommone; ma, anche ed in particolar modo, di accertare le responsabilità di chi ha ucciso il giovane migrante e di chi ha tentato di ucciderne un altro.

Il Pubblico Ministero considerata la gravità dei fatti ha preferito operare a stretto contatto con la  Polizia al fine di raccogliere in modo diretto nello stesso CPSA elementi sulla dinamica di quanto accaduto.

Appena approdata la nave Dignity I°, gli inquirenti hanno ritenuto di sentire, come persona informata sui fatti,  il Comandante, che aveva già anticipato in una relazione specifica sulle fasi di soccorso, ritenuta di interesse investigativo; successivamente è stata ascoltata anche la responsabile italiana dell’operazione umanitaria che aveva coordinato il soccorso della nave suddetta.

Contestualmente gli uomini della Squadra Mobile di Ragusa, la Polizia Scientifica ed il medico legale effettuavano una prima ispezione cadaverica sulla nave, per poi completarla presso la camera mortuaria del cimitero di Pozzallo.

L’ispezione permetteva al medico legale di constatare come la morte fosse avvenuta per una “lesione toracica da arma da fuoco a carica singola”. Il giovane era stato attinto al cuore da un proiettile di grosso calibro.

Dopo avere escusso l’equipaggio della nave soccorritrice, gli investigatori proseguivano nel sentire i migranti che si trovavano a bordo del gommone unitamente al deceduto.

I testimoni ancora impauriti, risultavano in prima battuta reticenti, ma l’esperienza della Polizia Giudiziaria di Ragusa ha permesso, anche questa volta, di raggiungere le auspicabili ottimizzazioni di canali comunicativi.

Gli investigatori, riusciti così ad ottenere la fiducia dei migranti, hanno potuto raccogliere una grande quantità di informazioni da quasi tutti gli occupanti il gommone.

Grazie alle testimonianze dei passeggeri è stato possibile individuare l’equipaggio, ovvero il timoniere ed il c.d. “uomo bussola”, raccogliendo così gravi indizi di colpevolezza a loro carico.

Il timoniere è risultato essere fra quanti oggetto di sbarco a Pozzallo; mentre, proprio il migrante che era stato ferito al polpaccio e che per questo era stato trasportato ad Agrigento in elicottero, è risultato essere colui che si occupava della strumentazione per la navigazione.

Immediati i contatti con la Squadra Mobile di Agrigento che aveva già escusso il ferito apprendendo notizie risultate non veritiere. L’uomo aveva infatti falsamente riferito di una rapina da parte di alcuni militari libici, elemento che sin da subito alla Polizia di Stato era apparso alquanto strano, poiché abitualmente i migranti vengono letteralmente depredati di tutto prima della partenza, anche in considerazione del fatto che la moneta libica non può essere tramutata in euro una volta giunti in Italia.

Lo scafista già individuato è stato informato di quanto già raccolto dagli investigatori ed ha reso confessione durante l’interrogatorio alla presenza del suo avvocato.

Dalle sue dichiarazioni e da quelle degli altri migranti escussi è stato possibile appurare anche quanto accaduto in merito all’uccisione del giovane venticinquenne gambiano ed al ferimento dell’uomo bussola.

I migranti erano tutti stipati in un capannone in Libia prima della partenza e gli organizzatori durante la notte li hanno trasportati in spiaggia dove vi erano i gommoni pronti con a bordo già, il timoniere ed il cd uomo bussola (questi elementi si ripetono per ogni viaggio organizzato).

Una volta riempito il gommone, gli uomini libici hanno chiesto ai migranti le banconote in valuta libica come “mancia”, per un totale di pochi dinari cadauno (5 dollari massimo).

Dopo essere salpati (a distanza di alcune ore), non appena raggiunte le acque internazionali ed aver verificato questo dato sul satellitare, il timoniere richiedeva i soccorsi italiani fornendo l’esatta posizione, ovvero il punto di mare.

Secondo il racconto di più testimoni, nelle more dell’arrivo dei soccorsi, e quando era già giorno, i migranti venivano asseritamente avvicinati da un gommone battente bandiera libica, con a bordo più uomini, alcuni in uniforme mimetica ed altri in abiti civili. Il gommone era dotato di grossi motori fuoribordo e di una mitragliatrice installata e pronta a fare fuoco.

Uno di loro, qualificandosi come Poliziotto, intimava di fare rientro immediatamente in Libia senza specificare il motivo.

Asseritamente lo scafista facendo finta di non capire avrebbe tentato di proseguire la navigazione. Non avendo ottemperato all’ordine, i libici speronavano lateralmente il gommone che ne subiva un danno potendo comunque lo stesso continuare a navigare. Immediatamente dopo lo speronamento uno dei libici imbracciava un grosso fucile ed esplodeva dapprima un colpo in aria, poi uno diretto verso il timoniere che colpiva un altro migrante (passeggero) al petto facendolo cadere privo di vita al centro del gommone; un terzo proiettile colpiva l’addetto alla bussola.

Sul gommone tutti i migranti si sarebbero fatti prendere dal panico, urlando per la paura. Per contro i libici si sarebbero rivolti ai migranti minacciandoli “adesso morirete tutti”, probabilmente facendo riferimento alla presunta morte del timoniere.

I libici dopo aver esploso più colpi d’arma pesante si allontanavano in direzione delle coste, mentre il gommone seppur danneggiato proseguiva la navigazione verso le coste italiane.

Il timoniere, considerato quanto accaduto, effettuava un’altra chiamata di soccorso specificando di essere stato attaccato preventivamente da unità libiche e che vi erano due feriti, uno dei quali dopo pochi minuti sarebbe deceduto.

Anche gli altri migranti hanno fornito la stessa versione riferita dallo scafista reo confesso, con qualche divergenza solo per aspetti di poca rilevanza. Tutti hanno comunque confermato che ad esplodere i colpi d’arma da fuoco erano stati soggetti sedicenti poliziotti e/o militari di lingua libica che avevano un gommone con mitragliatrice installata e pronta per il combattimento.

A richiesta degli investigatori sulla motivazione che avrebbe spinto i libici a sparare contro gli inermi occupanti, i migranti in modo unanime hanno dichiarato, credere che volessero ricondurli sulle loro coste, al fine di metterli in prigione in quanto clandestini, per poi pretendere ulteriori somme di denaro per la loro liberazione.

Il Pubblico Ministero considerato quanto raccolto dagli investigatori ha chiesto la convalida del fermo di Polizia Giudiziaria operato a Ragusa, e l’applicazione della misura cautelare in carcere per il secondo membro dell’equipaggio presente ad Agrigento (in quanto ferito al polpaccio) per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Il G.I.P. presso il Tribunale di Ragusa ha emesso la misura cautelare che è stata eseguita dalla Squadra Mobile di Ragusa, unitamente ai colleghi di Agrigento in data 26.06.2015.

Al termine degli accertamenti mediante esame autoptico disposto dalla Procura della Repubblica di Ragusa sarà possibile riscontrare le dichiarazioni dei migranti sul tipo di arma utilizzato dai libici.

Il giovane gambiano giunto cadavere è stato riconosciuto da alcuni suoi connazionali e sono in corso le procedure di compiuta identificazione della salma e di comunicazione all’Ambasciata in Italia competente.

La Procura della Repubblica sta, inoltre, effettuando valutazioni giudiziarie sui fatti occorsi in acque internazionali, anche in merito all’omicidio ed al tentato omicidio dei due migranti, sulle quali ha fatto riserva.

LA CATTURA

 Le indagini condotte dalla Polizia Giudiziaria, hanno permesso anche questa volta di sottoporre a fermo di indiziato di delitto i responsabili del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Al termine dell’Attività di Polizia Giudiziaria, coordinata dalla Procura della Repubblica di Ragusa, gli investigatori hanno infatti ristretto gli scafisti che dopo le formalità di rito e l’identificazione da parte della Polizia Scientifica sono stati condotti presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea impegnata in prima linea sul fronte immigrazione. Sono ormai quotidiane le udienze di incidente probatorio e quelle che portano alla condanna degli scafisti, rispettivamente per la ulteriore cristallizzazione in sede processuale della prova anche ai fini dibattimentali. Al riguardo molte le sentenze di condanne dell’Autorità Giudiziaria.

 BILANCIO ATTIVITA’ DELLA POLIZIA

 Nel 2015 sono 63 gli scafisti fermati in provincia di Ragusa. Lo scorso anno sono stati arrestati 199 scafisti dalla Polizia Giudiziaria. Inoltre, sono in corso numerose attività in collaborazione con le altre Squadre Mobili siciliane della Polizia di Stato (coordinate dal Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine) al fine di permettere scambi informativi utili per gestire indagini sul traffico di migranti dalle coste straniere a quelle Italiane.