animaTrama

La storia che ci narra Gao Xingjian è in gran parte autobiografica, ed è il racconto di un viaggio nella Cina meridionale dove non mancano critiche nei confronti della Rivoluzione Culturale e delle politiche adottate dal Partito Comunista Cinese. La storia è narrata a capitoli alterni, in seconda ed in prima persona: un “tu” viaggiatore – ma non un normale turista – che lascia la città e parte alla ricerca della Lingshan, la montagna dell’anima (dove tutto è allo stato originario), ed un “io” scrittore che, perseguitato dal regime, si allontana da Pechino e decide di cambiare la propria visione del mondo dopo che un medico gli ha erroneamente diagnosticato un tumore ai polmoni (fatto realmente accaduto all’autore e motivo principale del suo peregrinare).

Il viaggio dunque è l’occasione per riflettere sulla propria vita, la propria esistenza, per ricercare la pace interiore e la libertà. Ma è anche il modo per poter conoscere altre terre, altre persone, usi e costumi diversi. Un modo per raccontare la Cina dei primi anni ’80, la sua storia, il suo passato, la sua gente, i suoi paesaggi, le sue leggende.

Recensione

La prima cosa che colpisce e che lascia interdetti inizialmente leggendo La montagna dell’anima è lo stile dell’autore che, come già detto, alterna il “tu” del viaggiatore con l’ “io” dello scrittore (escamotage che ci fa specchiare con quello che prova l’autore), in un continuo cambio di prospettiva che può dar fastidio a chi è abituato a leggere un normale romanzo o racconto. La bellezza, poi, della storia è che scopriremo assieme a Gao la Cina autentica, assieme a lui incontreremo feroci briganti e tristi vicende di fanciulle suicide per amore, conosceremo gli animali e le piante della foresta vergine, gli usi, le credenze, le leggende delle popolazioni tribali, analizzeremo i fossili degli ominidi più antichi e andremo sulle tracce della presenza dell’«uomo selvatico». Conosceremo la storia della Cina dalle antiche dinastie alla Lunga Marcia, dalla tabula rasa della Rivoluzione culturale al presente (e precario) compromesso fra sviluppo economico e autoritarismo politico, avremo una riflessione sul senso e lo scopo della letteratura, tormentata storia d’amore, ricerca filosofica della natura dell’anima, della propria identità, della verità dell’essere, di Dio che nell’ultimo capitolo si manifesta in forma di minuscola rana e parla il linguaggio incomprensibile di una palpebra che si alza e si abbassa. Insomma è un viaggio, parafrasando l’autore, “per conoscere se stessi”.

Erede sia della tradizione letteraria cinese sia delle più inquiete esperienze europee del Novecento, Gao riesce a fondere i diversi materiali narrativi grazie al supremo controllo dello stile. E questo romanzo, uno dei più importanti degli ultimi vent’anni, diventa un’appassionata professione di fede nella necessità della letteratura.

L’autore

Gao Xingjian è nato nel 1940 a Ganzhou, nella Cina orientale, e dal 1988 esule politico in Francia in seguito all’aggravarsi dei problemi con la censura del suo paese, egli vive ora a Parigi e continua nella sua poliedrica attività di traduttore, saggista, scrittore, drammaturgo, pittore. Xingjian è stato una figura fondamentale per la cultura, letteratura e drammaturgia cinesi, ha operato per la loro evoluzione, per liberarle dal peso di una tradizione giunta fino ai suoi tempi, inserirle in un contesto più ampio e procurare loro una dimensione estesa, mondiale. E’ un obiettivo che Xingjian ha perseguito a costo di gravi rinunce e sofferenze procurate all’uomo e all’artista dalle autorità cinesi, dal regime comunista contrario alla singolarità dei suoi temi e modi, e culminate, nel 1988, nella scelta dell’esilio. Nel 1962 Xingjian si era laureato in Francese presso l’Istituto di Lingue straniere di Pechino; durante la “rivoluzione culturale” (1965-69) era stato internato, per cinque anni, in un “campo di rieducazione” e molti suoi lavori erano stati bruciati; nel 1979 aveva viaggiato specie in Italia e Francia ed alcune sue opere erano comparse all’estero; dal 1980 aveva ripreso a pubblicare in Cina (il dramma “Fermata d’autobus” e il racconto “L’uomo delle nevi”) ma, ricomparsi i vecchi problemi con la censura, nel 1988 aveva chiesto asilo politico in Francia e abbandonato il suo paese; nel 1989, in seguito all’aspra condanna del massacro di Tien-an-men espressa dall’autore in alcune opere, Xingjian viene dichiarato in Cina “persona non gradita” e la vendita dei suoi libri viene vietata. Continuerà a produrre in Francia in ognuna delle sue attività. Prima opera scritta in francese sarà il romanzo “La montagna dell’anima”, del 1990, ritenuto il suo capolavoro e seguito nel 1999 da “Il libro di un uomo solo”. Negli anni più recenti i suoi drammi verranno rappresentati in molti teatri d’Europa e nel 2000 gli sarà conferito, primo cinese nella storia, il Nobel per la letteratura con la seguente motivazione: “per un’opera dal valore universale, intuito pungente e ingenuità linguistica che hanno aperto nuove strade al romanzo e al teatro cinese.

 

In conclusione, vi lascio il link dove potrete leggere una sua intervista molto interessante rilasciata a Francesca Di Mattia: http://www.wuz.it/intervista-libro/740/Intervista-Gao-francesca.html

Francesco Camagna