La propensione a cercare di migliorarci è nella nostra natura, e il lavoro – che rappresenta uno degli aspetti più importanti dell’umana esistenza – contribuisce a renderci i migliori collaboratori di Dio.

Ciò succede perché ogni nostra azione – istintiva o ragionata – è lavoro e, contemporaneamente, parte di quel progetto di Dio in cui tutto è già stato pianificato. Ma in questo progetto divino il lavoro ha un senso solo se può contribuire a legare tra loro gli uomini, facendoli “convivere” serenamente e pacificamente, per il bene comune.

Convivere è un termine importante perché equivale a “vivere insieme, in comune, coabitare, coesistere”, tutte azioni, queste, non sempre facili da mettere in pratica, almeno fin quando non ci si conosce e non si acquista fiducia nell’altro. Abbiamo quasi paura di aprirci agli altri!

 Giovanni Paolo II diceva: “Non abbiate paura!”

L’angoscia nell’incontrare l’altro non deriva tanto dall’ignoranza culturale quanto da una forma d’ignoranza spirituale, che crea muri di gomma contro cui rimbalzano anche le più “viscerali”, autentiche, richieste d’aiuto! Nonostante siamo da poco passati nel XXI secolo, questa tragica situazione sta ulteriormente degenerando e molte persone stanno perdendo il senso della comunità: si chiudono in se stesse e restano collegate al mondo solo virtualmente tramite un i-phone, un i-pod, un PC o qualche altra diavoleria Hi-tech!

Eppure, basta un sorriso sincero e una mano protesa da parte dell’altro per tornare alla realtà!

salvuccio agosta salvatoreSalvatore Agosta (Salvuccio per i confidènti) sorrideva sempre, e tendeva sempre la mano agli altri. Egli non aveva paura anzi, invitava parenti e amici a uscire dal loro guscio e a collaborarlo nell’impresa di far “convivere” in pace e serenità gli altri.

 Salvatore scoprì questa realtà quando, ancora adolescente, si recava con altri amici a Rimini per partecipare ai meeting di Comunione e Liberazione e li, tra un’infinità di culture e tradizioni che s’incontravano, egli scoprì il senso del vivere comune.

 Da allora, e negli anni successivi, la cooperazione rivolta al bene di tutti divenne colonna portante del suo stile di vita sociale.  In quel periodo in lui covavano due cose: il male che lo avrebbe poi portato via a ventisei anni e l’idea per un nuovo progetto di vita comunitaria in cui egli, preveggendo l’avvicinarsi dell’attuale crisi economica, immaginava in una forma di cooperazione fraterna, tra la ditta della sua famiglia e altre aziende similari, la soluzione più corretta per affrontare ogni avversità subita dal settore.

Salvuccio non arrivò a veder nascere questo suo progetto ma dal momento della sua dipartita il padre Giorgio e il resto della famiglia hanno deciso, con tenacia, di portare avanti il progetto del loro caro. Negli anni a seguire tra incontri, convegni, riunioni formazioni di gruppi e loro scioglimenti, tante persone si sono interessate al progetto ma poche sono rimaste fermamente convinte nel portarlo avanti. Ciononostante, ad agosto del 2014, è nata la Compagnia delle Maestranze del Val di Noto (CdM): una rete di piccole e medie imprese nata dalla necessità di incontrarsi, di capirsi, di scambiarsi le esperienze di vita, mettendo al centro della discussione il lavoro.

Nella CdM uno degli elementi portanti è costituito dai rappresentanti più giovani di alcune tra le ditte aderenti alla rete: Francesco Agosta, fratello di Salvuccio, che con il padre Giorgio ne ha portato avanti il progetto; Salvo Di Gregorio, della omonima falegnameria, che pur venendo a conoscenza del progetto di rete pochi mesi prima della sua registrazione, ha fermamente creduto nella compagnia e aderito all’iniziativa; Giuseppe Di Martino, che con il padre Angelo dirige un’impresa edile operante nel settore da trent’anni. Sono ragazzi fieri delle proprie aziende di famiglia, che lavorano da anni nei settori pubblico e privato e che sono rinomate e per la qualità dei materiali impiegati nelle loro realizzazioni e per l’esecuzione a regola d’arte delle stesse. Pur non facendone parte ufficialmente, con la CdM collaborano anche altre giovani “maestranze” specializzate nella lavorazione lapidea: Salvatore Covato, specializzato nella costruzione dei tradizionali muri di pietra a secco, ed Emanuele Rizza, scultore d’arte. I Covato da tre generazioni sono maestri nella loro arte e Salvatore ne ha appreso i segreti direttamente dal padre Giuseppe, che lo collabora nel portare avanti un’attività tradizionale in cui i cosiddetti “mastri di finu” – da loro orgogliosamente rappresentati – si possono oramai contare sulle dita di una mano! Emanuele è invece uno scultore “all’antica” che, nel rispetto delle antiche tecniche di lavorazione, realizza madonne e santi, ritratti di persone ed elementi architettonico-ornamentali in marmo di Carrara e in pietra bianca di Siracusa. “La mia è da tre generazioni una famiglia di commercianti. Ciononostante, nel nostro dna si annidano da sempre inaspettate capacità artistiche che, nel mio caso, sono state talmente preponderanti da giustificarmi nella scelta di far dell’arte la base del mio avvenire! Dopo l’accademia di Belle Arti ho frequentato per un anno un Corso di formazione per scalpellini e restauratori della pietra di Noto. In quell’occasione i due anziani “Mastri” – che m’insegnarono il mestiere – s’accorsero,  prima di me, di questa mia predisposizione alla scultura, sicché mi consigliarono, a fine corso, di frequentare la rinomata Scuola del marmo di Carrara. Mi  trasferì quindi in Toscana dove, tra gli impegnativi corsi scolastici e le ore trascorse a lavorare in alcuni laboratori artigianali, non solo ho maturato le mie capacità tecniche ma ho anche compreso quanto sia importante la collaborazione ben organizzata tra le diverse categorie dello stesso indotto!A Carrara si coopera nel settore lapideo; qui a Modica lo si sta facendo con l’edilizia e, vista l’ottima base di partenza, sono convintissimo che il progetto di rete della CdM andrà avanti con successo e grande soddisfazione per noi tutti! Giuseppe Di Martino, confermando le aspettative di Rizza, aggiunge: “Siamo perfettamente coscienti del fatto che la nostra rete sia una realtà nuova per il territorio Ibleo. Abbiamo tutti deciso di voler partecipare a questo progetto anche per far fronte a commesse talmente impegnative che, da soli, non saremmo potuti riuscire a soddisfare. Abbiamo voluto creare un rapporto di amicizia, stima e collaborazione con ogni altro appartenente al gruppo, ufficioso o ufficiale che esso sia, anche per ampliare la nostra conoscenza, che diventa rispetto del lavoro dell’altro, e poter fornire, lavorando in armonia gli uni con gli altri, un prodotto o un servizio fatto con il cuore!

Oggi questi ragazzi, i loro padri, i loro amici hanno scoperto quanto conti il valore dell’amicizia, anche nei rapporti di lavoro instaurati per portare avanti un qualsiasi progetto comune.

E se nella “chiarezza” del suo spirito, Salvuccio aveva scoperto per loro la soluzione con cui affrontare il futuro…

…nella “semplicità” del suo cuore, lietamente egli ci ha dato tutto!

Grazie Salvuccio

 Eri77