“Ci vediamo alla ruota”.  La ruota oggi è il luogo dove molti giovani si incontrano, si danno appuntamento li, consumano un gelato o una bibita. La ruota, come la chiamano gli adolescenti  è in realtà una macina in Pietra.

Siamo in Via Penna a Scicli, Patrimonio dell’Umanità, a ridosso del torrente di Santa Maria La Nova. Qui è stata collocata la macina di pietra, opera di Gaetano Mormina. L’installazione fu curata dalla ditta Nicoscia, nel 2001, che eseguì anche il basamento in pietra di Comiso. L’opera donata al Comune di Scicli e dietro suggerimento di Piero Guccione e Franco Sarnari, posizionata nella piazzetta che chiude la via monumentale della città.

L’opera come ha scritto Mormina nella lettera di donazione: “E’ un esemplare delle macine dei vecchi mulini ad acqua della Provincia, e vuole rappresentare il ricordo di un vecchio mestiere singolare e prestigioso, che utilizzava la cosiddetta pietra “mulunara”, esistente soltanto in contrada San Biagio, nel territorio di Scicli.




Quando gli amici pittori Franco Sarnari e Piero Guccione, mi proposero di “pensare” a riempire lo spazio che era stato creato alla fine del Corso Francesco Mormina Penna, con la macina di mulino da me costruita in ricordo di mio padre, confesso che accettai con gioia” – ha raccontato anni fa il dott. Tano Mormina, al “Dibattito”.

“La macina è  stata nei secoli passati lo strumento necessario con il quale si frantumava il grano per trasformarlo in farina e poi in pasta o in pane fragrante, gustoso, indispensabile alimento per poveri e ricchi. La macina è stata motivo di sopravvivenza per molte famiglie. Era un’arte vera e propria “cavare la pietra” per sagomare le singole parti che, assemblate poi, avrebbero costituito le grosse macine. Costruire macine fu l’arte di mio padre. A lui ho dedicato questo mio lavoro, questa mia fatica, alla Sua memoria e alla memoria di quanti spesero tutta la loro vita a cavare macine dalla dura pietra di “San Biagio”; a quanti lavorarono i campi perchè dessero messi copiose per allontanare il ricorrente spettro della fame; a coloro che si nutrirono di quel pane per poter sopravvivere alla miseria, alle siccità, all’epidemie affinchè noi potessimo ora, figli del loro passato, raccontare le loro vite a chi verrà  dopo di noi. Non a caso alla fine del “Corso” cuore pulsante della città  ricostruita dopo il terremoto del 1693, questa macina ha una ragione d’essere posta.

La macina è  l’emblema di quella civiltà  contadina che seppe costruire magiche prospettive barocche, alimentò la vita che si svolgeva fra i palazzi e gli spazi di questa splendida strada fino a conservarne una memoria gelosa per noi.

Fu in questa strada, la via Francesco Mormina Penna, che l’UNESCO nel giugno 2002 ha inserito nel Patrimonio dell’umanita, che i nostri Padri, sulle rovine di un vecchio monastero, eressero imponentissimi palazzi del potere ed è  stato qui che si ragionava della politica; era qui che la musica diventava momento di aggregazione cultura per tutti; era qui che anche il più  povero di questa Gerusalemme poteva ricevere l’ultimo saluto, l’addio di un microcosmo nel quale spesso il servo si era scoperto un “uomo” e la lotta per la sopravvivenza si era trasformata in lotta di classe; era qui che la città commemorava i suoi figli migliori.

Così la civiltà contadina ci ha restituito nel tempo un modello di coesione, un’amalgama in cui i valori della famiglia, dell’onore, della libertà erano considerati sacri ed irrinunciabili. Con malinconia, ripensando ad essa, oggi, dopo aver assistito al tramonto della società industriale e post-industriale, noi uomini del nostro tempo vorremmo poter ritrovare quel mondo, i sapori di un tempo. Una macina non potrà certo riportare indietro le lancette dell’orologio della storia, potrà però testimoniare un passato, monumento ora e non più attrezzo sotto il sole di sempre”.

Il dott. Mormina è morto ieri sera, tra le sue amate “pietre”. Aveva 84 anni.

Si era diplomato nel 1958 presso l’Istituto Superiore di Educazione Fisica di Roma. Laureato nel ’69 in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Catania.

Dal 1970 al 2003 ha svolto l’attività di medico di famiglia.

Si era specializzato nel 1975in Medicina Fisica e Riabilitativa presso la Clinica Ortopedica dell’Università di Roma.

Nel 1980 è il promotore della fondazione del Movimento Culturale Vitaliano Brancati di Scicli.

Nel 1983 consegue il diploma di agopuntura tradizionale cinese presso la Scuola Triennale di Agopuntura di Catania.

Nel 1987, per la UISP (Unione Italiana Sport Popolari) di Scicli, organizza un seminario internazionale sul tema “La Scoliosi nella scuola”. Le relazioni dei relatori furono pubblicate in un libro che fu distribuito in tutte le scuole elementari e medie della provincia di Ragusa.

Nel 1993 “The Indian Board Of Alternative Medicines” di Calcutta – India – lo invita al primo “International Congress on World AIDS Day” per insignirlo della medaglia d’oro per il suo contributo nel campo della Medicina Olistica.

Nell’agosto del 1983, stimolato dal ritratto su tela dipinto dall’amico pittore Ugo Caruso, costruisce due macine di mulino ad acqua di cui la più grande donata al comune di Scicli e dietro suggerimento dei pittori Piero Guccione e Franco Sarnari viene sistemata nella vi F. Mormina Penna, in quella più piccola viene scolpito un orologio biologico cinese.

Nel 1995 compra in contrada Trippatore un terreno dove costruisce una casa in pietra ed una macina familiare con cui macina il grano duro per trasformarlo in “Caturru”, che veniva offerto agli amici su un tavolo ruotante dove al centro era il Caturru attorno a cui venivano sistemati i vari sapori.

Tanti anni ha trascorso in c.da Trippatore dove ha realizzato anche un Teatro, che ha ospitato diversi eventi, e artisti di fama nazionale e internazionale, tra questi il Premio Oscar Nicola Piovani e il sassofonista Francesco Cafiso.