di Viviana Sammito

poliziaIl copione degli scafisti non ha retto davanti al fiuto investigativo degli agenti della Squadra Mobile di Ragusa che hanno fermato tre uomini, considerati i “comandanti” del traffico dei 192 migranti , arrivati ieri alle 13,30 a Pozzallo, partiti dalla Libia con due gommoni.

Gli scafisti avevano obbligato, sotto la minaccia di ripercussione fisiche, alcune donne a raccontare agli agenti di essere le loro mogli e che i presunti scafisti in realtà erano migranti, scappati per trovare speranza in Italia. Le donne all’inizio hanno obbedito poi però, durante l’interrogatorio,  sono state divise e isolate e in stanze diverse dov’è  emersa la verità e l’identità degli scafisti.

Fermati dalla Squadra Mobile tre uomini: YASIN AXMED Mubarig, nato in Somalia 34 anni fa e SARR Lamin Gambiano di 34 annie e JIADA Abdou, gambiano di 23 anni, accusati di aver procurato l’ingresso in Italia dei migranti eludendo i controlli di frontiera, chiedendo i soccorsi mettendo in serio pericolo di vita tutti i passeggeri di origini somale, gambiane e nigeriane.

Stando a quanto dichiarato dai testimoni gli organizzatori hanno incassato 1.000 dollari a passeggero per 190.000 dollari totali.

I tre scafisti sono stati condotti presso il carcere di Ragusa a disposizione dell’Autorità Giudiziaria Iblea impegnata in prima linea sul fronte immigrazione, considerato che dopo il fermo iniziano tutte le fasi processuali particolarmente complesse.

Sino ad oggi, solo nel 2014 sono stati arrestati 80 scafisti dalla Polizia Giudiziaria a Pozzallo e sono in corso numerose attività di collaborazione tra le Squadre Mobili siciliane (coordinate dal Servizio Centrale Operativo) al fine di permettere scambi informativi utili per gestire indagini sul traffico di migranti dalle coste del nord Africa a quelle Italiane.

IL RICOVERO IN OSPEDALE

Dopo lo sbarco di ieri intanto dei 192 migranti, di cui 167 uomini e 25 donne della Somalia, del Mali, Eritrea, Sudan, Nigeria, tre donne in gravidanza e un immigrato con un trauma alla mano sinistra sono stati ricoverati a Modica, mentre una donna con il diabete e un’altra con un trauma al braccio destro all’ospedale “Civile” di Ragusa.

LE TESTIMONIANZE

La testimonianza di un giovane somalo:

“Ho sempre vissuto a Mogadiscio con i miei genitori e i miei quattro fratelli. Sono partito da Mogadiscio nel mese di Febbraio 2014, diretto in Etiopia, dove sono rimasto per circa una settimana, ospite da un mio zio. Qui ho incontrato un gruppo di miei amici, diretti in Europa, a cui mi sono aggiunto, pensando di recarmi in Germania e qui rimanere. Dall’Etiopia al Sudan ci siamo mossi su dei pullman, con cui si muovevano i gruppi di migranti. Dal Sudan abbiamo proseguito con gli stessi conducenti, che di volta in volta cambiavano automezzo, fino a che arrivavamo in Libia. Infatti i conducenti dei pullman stessi ci chiedevano dove valessimo andare, ed appena sentivano che noi volevamo andare in Libia e poi  in Italia ci davano indicazioni sulla procedura da seguire. In pratica ci dicevano di seguirli e quindi cambiare il pullman. Precisamente giungevamo di notte in una città. Non so quale fosse con certezza, ma sentivo nominare dai conduttori *********. In questa casa eravamo alloggiati in trecentocinquanta persone circa, tutte di nazionalità somala. In questa casa siamo arrivati nel mese di Maggio 2014 e vi siamo rimasti quarantacinque giorni circa. Durante la permanenza nella predetta casa ci veniva vietato di uscire, di fare richieste di alcun genere, né di conversare con gli altri ospiti. Qui ci veniva fornito alloggio e un vitto molto povero, consistente in due pasti giornalieri. Spesso ci veniva data pasta e acqua del rubinetto. Di guardia alla casa vi erano degli uomini armati di pistole, posti dentro l’abitazione. Questi ci controllavano e se alcuno di noi parlava con gli altri ospiti non esitavano a picchiarci. Inoltre le porte della casa erano chiuse a chiave e controllate dall’esterno dagli stessi uomini armati.—//

Il viaggio dall’Etiopia alla Libia è costato quattromila settecento dollari che i miei genitori hanno pagato consegnandoli ad un somalo. Per il rimanente viaggio dalla Libia all’Italia ho pagato mille cinquanta dollari consegnati venti giorni prima di partire, come prezzo per il viaggio, il soggiorno e il vitto, pagati da mio padre con consegna ad un intermediario.

Dalla località libica siamo partiti intorno la notte di 5 giorni fa, anche se non sono sicuro sulla data della partenza. Gli uomini dell’organizzazione ci hanno stipati all’interno di un camion chiuso, ed eravamo così numerosi da stare molto stretti. Credo fossimo intorno a 160 persone a bordo del camion. Dopo circa un’ora di viaggio sul camion siamo stati disposti sulla spiaggia in due file, secondo il sesso, e chi di noi ne avesse alcuno con sé è stato privato di cellulari e coltelli od altri strumenti atti ad offendere. In spiaggia siamo rimasti circa venticinque minuti, poi ci hanno caricati su due o forse tre gommoni, facendo salire avanti le donne e dietro gli uomini. Sulla spiaggia vi erano almeno dieci uomini libici appartenenti all’organizzazione, che, armati di pistole e manganelli, regolavano le operazioni di imbarco. Durante i tre giorni di traversata, il viaggio è proceduto regolarmente, tranne che alla fine, quando il motore ha avuto un’avaria e siamo rimasti circa sei ore alla deriva, imbarcando acqua. Solo dopo tale momento venivamo intercettati da un elicottero e successivamente siamo stati soccorsi da una unità navale italiana”.