Il prossimo 2 gennaio a Vittoria il Coordinamento Provinciale di Libera Ragusa, insieme al circolo ANPI di Vittoria, alla CGIL ed in collaborazione con l’AGESCI del territorio e con la web radio Camurria, ricorderà i due giovani vittoriesi uccisi dalla mafia 26 anni fa, in quella che viene ricordata come la “strage di San Basilio”.

A conclusione della messa vespertina in suffragio di Salvatore e di Rosario, alle ore 19, in pazza del Popolo si terrà un sit-in nel quale si darà spazio oltre che alla testimonianza dei familiari, anche alla voce dei giovani partecipanti, tra i quali un gruppo di volontari di Libera provenienti da diverse parti d’Italia per stare accanto ai familiari delle vittime e rinnovare il proprio impegno contro le mafie.

“Ed è in nome di un impegno concreto, incarnato nella storia presente, che tutti insieme chiederemo ancora una volta verità per Daouda, il giovane ivoriano che qualcuno ad Acate, il 2 luglio di più di 2 anni fa, ha fatto scomparire nel nulla. A invocare verità saranno i giovani volontari di Libera con una lettera rivolta a coloro che sanno e che ancora non si sono decisi a parlare”, scrivono in un comunicato stampa gli organizzatori dell’appuntamento.

“Invitiamo – si legge ancora nel documento – le istituzioni, le associazioni e tutti i cittadini a partecipare a questo momento nella prospettiva di quel “noi” che risulta sempre più imprescindibile nella lotta contro le mafie e la corruzione.

LA STRAGE DI SAN BASILIO

Il 2 Gennaio 1999 a Vittoria avvenne la strage del Bar Esso, ricordata poi come la strage di San Basilio: un agguato mafioso che fece cinque vittime.

Rosario Salerno, 28 anni, e Salvatore Ottone, 27 anni, furono le due vittime innocenti. Si trovarono nel posto sbagliato, al momento sbagliato. Uccisi ingiustamente.

All’imbrunire un commando di killers fece irruzione all’interno del bar della stazione di servizio Esso, all’ingresso della città di Vittoria, uccidendo 5 persone.

Angelo Mirabella, referente del clan della stidda di Vittoria, Rosario Nobile, e Claudio Motta, ritenuti affiliati al clan Dominante e i due giovani che in quel momento si trovavano casualmente nel bar. Cinque vite crivellate da una pioggia di proiettili. Si salvò solo il barista, che ebbe la prontezza di rannicchiarsi sotto il bancone. “Quei killer sparavano e non finivano mai”, dichiarò Giuseppe Lorefice, figlio del titolare del bar di Vittoria in cui è avvenuta la strage quel 2 gennaio 1999.