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Chiusa un’azienda di ortofrutta di Vittoria. Sequestrati oltre 35.000 Kg di ortaggi di dubbia provenienza.  La società non aveva alcuna documentazione apponendo etichette per conto dei produttori, spedendo il prodotto alla grande distribuzione in Italia.

Quasi la metà dei lavoratori erano impiegati “in nero”.

Un’azienda agricola, di c.da Bollente, a Vittoria vendeva alla grande distribuzione prodotti ortofrutticoli senza tracciabilità, impiegando alla raccolta braccia lavoro in nero. L’attività è stata sospesa.

A serio rischio la salute dei consumatori.

foto controlli ortofruttaL’attività è della Polizia di Stato, Squadra Mobile e Commissariato di Vittoria, del Corpo Forestale dello Stato e dell’Ispettorato Centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari, con la collaborazione dei medici dell’A.S.P., degli ispettori della   Direzione Territoriale del Lavoro e dei Vigili del Fuoco. Nel corso dell’attività finalizzata a verificare il controllo e la corretta introduzione, lavorazione e commercializzazione dell’ortofrutta, è stata riscontrata l’assenza della documentazione sulla provenienza dei prodotti. Sono stati infatti sequestrati  30.080 kg di pomodoro a grappolo rosso, 1.200 kg di cetrioli tondi, 710 di zucchine bianche, 2.290 di pomodoro piccadilly e 1200 kg di finocchi.

Il titolare dell’azienda, che è stato tuttavia collaborativo con le forze dell’Ordine,  ha raccontato che <<gli ortaggi venivano trasportati senza alcun documento dal produttore al suo magazzino; lui acquistava il prodotto dal produttore e lo etichettava, certificandone la provenienza senza alcun certezza, anzi per una presunzione connessa alla localizzazione dell’azienda venditrice; successivamente, avendo confezionato in plastica o cartone gli ortaggi li vendeva alla grande distribuzione, che conseguentemente li immetteva sui banchi dei supermercati d’Italia>>. Il titolare ha anche riferito che se non avesse proceduto in questo modo non avrebbe potuto lavorare, ma era egli stesso conscio del fatto che se il produttore gli avesse venduto prodotti agricoli provenienti da mercati esteri, lui non l’avrebbe mai potuto scoprire. Constata l’assenza della documentazione che ne attesta la tracciabilità, è stata sospesa l’attività che potrà ripartire quando la società presenterà i documenti necessari per la lavorazione di prodotti alimentari.

Il controllo aveva una duplice finalità, quella di tutelare i consumatori e quella di tutelare gli imprenditori, che lavorano onestamente. Non sono state rilevate irregolarità sulla merce ma anche sui lavoratori, gran parte rumeni: 14 su 33 erano irregolari e superando il 20% della forza lavoro è scattata subito la sospensione dell’attività. Le sanzioni, solo per i lavoratori impiegati “in nero” si aggirano dai 1.500 ai 3.000 euro ad impiegato irregolare, dunque 19.500 a 42.000 euro.

L’attività commerciale riprenderà fino all’assunzione di tutti i lavoratori irregolari. Davanti agli investigatori, tra l’altro, diverse donne lavoratrici non hanno voluto consegnare i documenti al titolare per l’assunzione, perché  avrebbero perso l’indennità di disoccupazione. Si sta anche indagando sulle dipendenti che percepivano il sussidio pur lavorando “in nero”.

Viviana Sammito