Questo devo raccontarvelo per forza! L’episodio risale alla scorsa estate, e si riferisce all’occasionale incontro avvenuto tra me ed una famiglia di visi pallidi, appartenenti alla tribù dei “turisti”. Quieto e soddisfatto della bella giornata, mi stavo appropinquando verso la spiaggia trascinandomi dietro gli infradito, quando il grande capo di costoro – dall’interno del tipico Suv – alzando l’indice e sfoderando un sorriso di approccio indulgente, decide di chiedere informazioni:

«Mi scusi», l’accento era nord-peninsulare «Come si chiama questa località?».
Non essendo portato per i lunghi discorsi, sorrido anch’io, ma servilmente, e rispondo:
«Cava d’Aliga!».
Il tizio ci pensa un po’, si volta verso la moglie, osserva anche i figli, ribatte:
«E qui hanno girato Montalbano?».
Scompare il mio sorriso servile e alzo il sopracciglio:
«No, qui no!».
«E dove lo hanno girato, qui in zona?», continua incalzandomi.
«Un po’ ovunque, qui in zona, ma non a Cava d’Aliga…».
«Scenta», l’inflessione nordica era più dura «Parliamoci chiaro, io devo andare a Donnafugata, ché lì mi han detto che ci han girato Montalbano. Mi hanno detto pure che è qui vicino.».
«Era un eufemismo», sono più accomodante «Sarebbe come dire che New York è in America, più o meno. Da qui ci saranno almeno una trentina di chilometri, non è vicinissima…».
«Mhmhm, ma c’è il mare a Donnafugata?».
«Decisamente no. Ma non è che voi cercate Donnalucata?».
«Ecco sì, proprio quella. Che c’è anche una chiesa sulla montagna lì, no?».
«No, quella è a Scicli! E in effetti è lì che girano la maggior parte delle scene di Montalbano.».
«C’è una buona spiaggia a Scicli?».
«No, non c’è mare a Scicli…».
«hmhmhm, e a Donnalucata hanno girato Montalbano?».
«Qualcosina…».
«Poco, eh!? E a Scicli c’è il faro con la casa di Montalbano?».
«Se non c’è il mare, non c’è neanche il faro…».
«Insomma, io non capisco, io sono venuto qui per visitare quel posto, come si chiama…. Cara, come si chiama il paese di Montalbano?».
La gentile signora squaw afferra un volumetto della Sellerio, sfoglia e pronuncia acuendo l’attenzione sulla “g”:
«ViGata!», era quasi diventa una “c”.

Ecco, cari lettori, non c’è bisogno che vi racconti il prosieguo della discussione e mi dilunghi su quanto fossi sconsolato. Se vi ho riferito questo breve dialogo è per introdurre brevemente un tema i cui sviluppi di discussione potrebbero essere forse interminabili. Solo che non avendo intenzione di fare una “morale della favola”, mi atterrò alle sole note nervose del mio pensiero. Dovete sapere che spesso mi capita di andare in giro per il circondario (leggi “andare a zonzo”) e notare in quale stato disastroso si trovano le nostre campagne. Non mi riferisco solo alle discariche abusive, ma anche e soprattutto allo sfacelo panoramico causato da inutili e obbrobriose strutture. Il territorio è devastato da serre, capannoni e orribili costruzioni da abitazione. Non esistono più alberi, ve ne siete accorti? La macchia mediterranea è solo un vago ricordo. Appurato che il sistema agricolo basato sulla serricultura tradizionale è risultato fallimentare, nei prossimi anni i nostri amministratori dovrebbero iniziare a considerare un progetto di riqualificazione della nostra campagna, che ne dite? Un progetto riformistico e riabilitativo nell’ambito agricolo. Prima di tutto per poter essere autosufficienti economicamente noi “locali”, in secondo luogo per poter vivere in un luogo abitabile e gradevole alla percezione visiva, infine per poter gratificare anche un eventuale turista del dopo-montalbanesimo (prima o poi Camilleri smetterà di scrivere su Montalbano e prima o poi la Rai smetterà di trasmetterlo…e manderà in onda solo Don Matteo, ad libitum!). Che sia chiaro, qualunque progetto turistico non può prescindere da un interessamento nell’ambito panoramico. E il panorama può mantenersi gradevole solo se si riesce a bilanciare le esigenze economiche con quelle visive. Potrebbe essere un’idea quella di riconsiderare le enormemente impellenti esigenze economiche e nel contempo razionalizzare l’uso dei beni ambientali. Altrimenti, l’unica possibilità che resterà – anche alle Agenzie di Viaggio e ai promoter turistici –  sarà operare su Photoshop in perfetto stile montalbanesco, tagliando e cucendo tutte insieme le migliori immagini del territorio. Almeno fino a quando i visi pallidi non scenderanno sul piede di guerra e – scoperto che Vigata non esiste – decideranno di non venire più. Ah, dimenticavo – che sia chiaro – per me il futuro del territorio è nell’agricoltura e non nel turismo… ma, ad ogni modo, cari amministratori (nazionali e non), fate pure come se fosse vostro il paese, non degnate di cura codeste facezie!

Gaetano Celestre