Sempre più lavoratori rumeni lasciano la fascia trasformata del Ragusano per cercare “fortuna” in altri Paesi dell’Europa. È il dato che emerge dal primo report sulla forza lavoro nella fascia trasformata curato da Cgil Ragusa e ADIR L’Altro diritto, partner nel progetto TFT insieme all’associazione I Tetti Colorati e alla cooperativa Proxima.

Dagli elenchi dell’Inps si evince infatti che negli ultimi anni si è registrata una riduzione di lavoratori rumeni pari al 40%. Nel 2018 i lavoratori provenienti dalla Romania impiegati in agricoltura censiti in provincia erano 4.064, nel 2021 2.632.

“Le cause- si legge nel report- sono ovviamente legate a diversi fattori e su questo occorrerà ulteriormente riflettere nella fase di ricerca. Alcune ipotesi frutto di testimonianze raccolte sul campo riguardano la scelta di emigrare verso Paesi del centro Europa, come la Germania o anche il nord Italia, alla ricerca di condizioni lavorative migliori compresa la possibilità di un sistema di welfare più strutturato soprattutto capace di dare risposte ai bisogni dei familiari. Di certo le condizioni di sfruttamento e isolamento sociale sono alla base della scelta di abbandono della fascia trasformata”.

Inoltre, lo studio redatto nell’ambito del progetto Trasformare la Fascia Trasformata, fornisce altri dati interessanti relativi al lavoro in agricoltura nella provincia di Ragusa con particolare riferimento all’area che si estende tra Scoglitti e Marina di Acate.

Dagli elenchi anagrafici Inps della provincia relativi all’anno 2021, si contano un totale di 28778 lavoratori e lavoratrici di cui 14772 italiani e 14006 stranieri. La prima delle dieci nazionalità relativamente alla forza lavoro, e anche la più sindacalizzata, è quella tunisina (5307), a seguire quella rumena (2632) e quella albanese (2558). Distaccata, di molto, quella marocchina (448), fino a quella nigeriana (207). C’è un altro dato che appare interessante prendere in esame, e riguarda la composizione della manodopera straniera impiegata nella Fascia trasformata riguardo all’emergere di nuove nazionalità.




“Questo – rilevano i curatori del Report – deriva soprattutto dalla presenza in provincia di Ragusa di una diffusa rete di strutture di accoglienza collegate in buona parte alla presenza dell’Hotspot di Pozzallo. Da qui la presenza nel territorio di lavoratori di nazionalità provenienti dall’Africa subsahariana e dell’Asia mentre per quanto riguarda provenienze da paesi come Albania, Algeria e Marocco si tratta di realtà presenti già da prima con la presenza di lavoratrici che hanno occupazione nel comparto agricolo”.

E ancora, molto interessante, è il dato che riguarda l’impiego di donne in agricoltura (anche se 2 lavoratori su 3 sono uomini), con le percentuali che cambiano in maniera significativa in base alle etnie. Secondo il report, la componente femmine di operaie impiegate in agricoltura per tutta la provincia di Ragusa è del 31%.

“Il lavoro femminile in agricoltura riguarda soprattutto l’impiego di manodopera in alcuni segmenti specifici della filiera come il vivaismo e in confezionamento dei prodotti. Si può affermare- si legge ancora- che in questi settori la presenza di lavoratrici è in buona parte di nazionalità italiana. Tra le comunità straniere si rileva una alta percentuale di donne soprattutto nella comunità rumena con percentuali che sfiorano il 50%, seguita dalla comunità albanese con percentuali che vanno dal 20 al 35%”. Le donne tunisine che lavorano sono poche, con percentuali tra l’8 e il 12%.

“L’alta percentuale di braccianti donne di nazionalità rumena – rileva il Report – rappresenta un altro elemento di peculiarità, e cioè l’impiego di manodopera femminile nella produzione in serra nello svolgimento di lavori tradizionalmente riservati alla forza lavoro maschile”. Questo, in sostanza, quanto riporta il report che si basa sui numeri forniti dallo Stato (anche se l’iscrizione nei registri anagrafici non assicura che  il lavoro sia regolare), ovviamente va considerato che esiste, in ambito agricolo, molto lavoro nero e migliaia di “invisibili” ma, come dichiarato dal Segretario della Cgil di Ragusa, Giuseppe Scifo, l’attività di studio continuerà ed approfondirà le diverse sfaccettature del lavoro in agricoltura, compreso lo sfruttamento lavorativo.

Carmelo Riccotti La Rocca

La Sicilia