Quello dello sfruttamento lavorativo è un fenomeno molto diffuso nel ragusano e che si manifesta in forme più accentuate nei riguardi di lavoratori stranieri con particolare riferimento agli irregolari. Su questa problematica è sempre molto difficile fornire dei numeri anche perché nella fascia trasformata operano migliaia di cosiddetti “invisibili”, stranieri irregolari, appunto, non noti allo Stato. Un dato interessante, però, lo ha fornito di recente il segretario generale della Flai-Cgil Ragusa, Salvatore Terranova, il quale ha affermato che “Il 99 percento delle aziende agricole della provincia non rispetta i parametri salariali del contratto nazionale».

L’impiego degli stranieri nelle campagne è iniziato già diversi decenni fa, ma nel corso degli anni ci sono stati dei cambiamenti che hanno paradossalmente fatto peggiorare le condizioni dei lavoratori. Con riferimento alle zone tra Scoglitti e Vittoria (dove i lavoratori sono stanziali), inizialmente gli stranieri impiegati erano principalmente tunisini. Nel corso degli anni queste lavoratori si sono integrati e sono anche riusciti a raggiungere condizioni salariali dignitose, ma poi sono arrivati i romeni e tutto è cambiato perché hanno accettato di lavorare con paghe nettamente inferiori e senza contratto. Questo ha portato anche a vere e proprie faide tra le due etnie. Legato allo sfruttamento lavorativo ci sono poi altri fenomeni come, ad esempio, quello del caporalato che, va detto, nel ragusano non è presente nelle forme più pesanti come avviene ad esempio in Puglia, ma comunque è presente e, a confermarlo, sono le diverse operazioni di polizia. La forma di caporalato più diffusa nella fascia trasformata è quella del “trasporto”,  persone che si offrono di accompagnare gli stranieri a lavoro, dal medico o al supermercato dietro compenso. Inoltre sono state riscontrate altre situazioni di caporalato come, ad esempio, quella di obbligare i lavoratori a vivere nelle “case” dei padroni a prezzi che vanno bel oltre quelli di mercato. Gli altri fenomeni strettamente legati allo sfruttamento lavorativo sono quelli dell’emergenza abitativa, della dispersione scolastica, delle morti bianche e dello sfruttamento sessuale.

Emblematica, in questo senso, è stata la storia, scoperta nel 2019, di una ragazzina di 13 anni costretta a prostituirsi ad un ottantenne (ma anche ad altri) con il consenso della mamma che in cambio riceveva la possibilità di fare una doccia un po’ di cibo.

Per cercare di fare uscire questi lavoratori dall’ invisibilità nel 2014 la Caritas ha aperto un presidio a Marina di Acate. Ciò ha permesso di conoscere molti lavoratori (ne sono stati censiti 2 mila solo nei primi anni) e dare loro assistenza.

Per quanto riguarda il caporalato, la legge approvata nel 2016 (che introduce il penale per chi si sfrutta il lavoratore) ha rappresentato certamente il giro di boa, da quel momento infatti sono state diverse le operazioni di polizia e gli arresti di imprenditori anche nel ragusano. Oggi, rispetto a qualche anno fa, c’è molta più attenzione rispetto al fenomeno grazie anche all’attività dei sindacati e delle associazioni. Inoltre la Prefettura ha istituito dei tavoli tecnici permanenti per monitorare il fenomeno (per l’Usb però non hanno portato a risultati concreti e tangibili) e, in aggiunta vi sono in itinere diversi progetti. «Stiamo portando avanti un progetto che si chiama “Trasformare la fascia trasformata” che si occupa anche di dare un’educativa domiciliare alle persone- dice Michele La Monica, responsabile del Presidio Caritas di Marina di Acate-, un tentativo di trovare loro casa nei centri abitati e che prevede l’apertura di uno sportello donne e, in questo senso, stiamo provando a mettere appunto un accordo con l’Asp per aprire un punto visita ginecologico ad Acate»

Carmelo Riccotti La Rocca

La Sicilia