guglielmo ferro cons.comunale scicliRICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

 

La cosa che più mi colpisce nella campagna di stampa organizzata contro l’Amministrazione è la fredda determinazione con cui i soggetti che nell’ombra la orchestrano (talora nemmeno tanto nell’ombra) non esitino ad usare qualsiasi mezzo, nemmeno il più spregiudicato, pur di perseguire i loro fini. In questa rincorsa, non riuscendo a individuare la spallata decisiva contro l’Amministrazione, alzano il tiro in alto, sempre più in alto. Così nella rabbiosa rincorsa per attizzare lafiamma del rogo in cui bramano di incenerire l’ostacolo che essa rappresenta rispetto alle aspirazioni di taluni, si è perso di vista che si sta finendo per giocare una posta che nessuno, nemmeno il più sconsiderato degli irresponsabili, dovrebbe potersi permettere.

Mi viene in mente un divertente film comico, ma nel nostro caso purtroppo non c’è nulla da ridere, in cui due imbecilli, per dare la caccia ad un topolino, finiscono gradualmente per radere al suolo la loro villa. Nel nostro caso gli obiettivi di qualcuno si stanno traducendo in conseguenze disastrose per l’intera Città, alla sua immagine e reputazione e naturalmente  alla sua economia.

Ma quali sono questi obiettivi? Siamo di fronte ad un coacervo di aspirazioni personali in cui personaggi diversissimi tra loro si sono saldati in una improbabile alleanza cementata unicamente dalla avversione verso il comune oscuro oggetto, in questo caso,  non del desiderio ma  dell’odio

Tra questi portatori di veleno ci sono certamente coloro che si sentono traditi dal Sindaco, ci sono coloro che sulle disgrazie di Scicli colgono l’occasione di costruirci una carriera o che piuttosto ne difendono una che ritengono esser messa in discussione; ci sono coloro che dalle difficoltà dell’avversario  persano di monetizzare il prima possibile un vantaggio elettorale.

Ritengo che quelle sopra elencate siano tutte attività legittime ma tale legittimità non può esser sprovvista di limite. Un  limite imprescindibile sta certamente nel dovere morale di esercitare la polemica su fatti reali e con i mezzi propri: la mistificazione della realtà con l’allestimento di scenari costruiti a tavolino ed alimentati dalla calunnia mediatica, costituisce un arma impropria della lotta politica, uno degli strumenti tipici degli opinion makers con spiccate attitudini alla devianza antidemocratica.

Chi mi dice che questa amministrazione sconta uno dei suoi più gravi peccati originali nella mancanza di legittimazione elettorale, oppure nella incapacità fattiva, riscuote tutto il mio rispetto e la mia disponibilità a discutere e polemizzare. Chi mi dice, e soprattutto dopo aver gettato il sasso nasconde la mano non spiegando nulla in concreto, che la compagine amministrativa non è portatrice d’altro che di interessi che intrecciano le loro radici in istanze malavitose, non solo non può incontrare il mio sguardo, dal momento che in pratica mi sta dando del delinquente o amico di delinquenti, ma devo necessariamente rinviare la sua interlocuzione ad altra e più appropriata sede: la Procura della Repubblica.

Si perdoni la mia ingenuità: o siamo delinquenti o non lo siamo, o siamo portatori di una dignità o non lo siamo, terzium non datur !

Tante illazioni, tanti interventi istituzionali da parte di attori che conoscono la nostra realtà solo de relato, tante tele ricamate dagli informatori ed evocatori nostrani dei predetti dei ex machina, tanti dico e non dico, ma nei fatti nulla di nulla! Non uno che abbia detto, non dico dimostrato, che il Sindaco, piuttosto che un assessore, piuttosto che un consigliere, abbia dedicato la propria attività amministrativa alle esigenze di questo o di quell’altro singolo, e poco mi importa che il singolo sia un delinquente o meno perché l’attività amministrativa si rivolge alla collettività non ai singoli. Un Paese costellato, dalle Alpi a Capo Passero, da politici beccati con le mani nel sacco, da Consigli regionali, provinciali e comunali, da consorzi ed enti vari, tutti uniti nella religione monoteista dell’appropriazione indebita e dell’interesse privato in atti d’ufficio, e, udite, udite… chi è il brutto anatroccolo? Chi è il sacello satanico che merita di essere schiacciato nella infamia mafiosa? Ma Scicli naturalmente!

Il perché non lo sa e non lo spiega nessuno,  o meglio, il vero perché non si può dire, in quanto attiene alle forme non convenzionali di lotta politica o di auto promozione, intanto, in nome della utilità della propria bottega politica, si ammazza un paese e le speranze dei suoi cittadini…pazienza: danni collaterali.

Mi spiace dirlo, e mi spiace anche perché parlo di due persone che, pur nella totale divergenza di vedute, stimo e rispetto, come Marino e Bramanti, ma i tre consiglieri dimissionari hanno perduto una occasione d’oro per dissociarsi dal complotto ordito ai danni di Scicli e fare invece un gesto di amore vero per la propria città, evitando in un momento come questo di alimentare un caos mediatico in cui tutto fa brodo per alimenta questa “guerra del gisso” che, forse è di beneficio personale o di parte per qualcuno, sicuramente è un disastro per la Città.

Non mi si risponda per favore, come si è già fatto,  che lo si fa per incoraggiare le dimissioni massive ed impedire lo scioglimento per mafia, in quanto, così facendo, si ammette implicitamente la fondatezza della supposta mafiosità. L’infamia si contrasta invece gridando che Scicli, può avere un milione di difetti, in città ci saranno e ci sono i malviventi, forse anche i mafiosi, (qualcuno ci venga a dimostrare che a Bolzano o a Berlino non ce ne sono) ma la sua società civile e le sue istituzioni non hanno assolutamente nulla a che vedere né con la mafia, né con alcun altro fenomeno malavitoso,  chi sostiene il contrario porti almeno uno straccio di elemento su cui ragionare. Noi che restiamo, queste cose le gridiamo e ci mettiamo la faccia!

Guglielmo Ferro

Consigliere comunale – Scicli Bene Comune

 

(ndr. La” guerra del gisso” fu la guerra d’Italia svoltasi fra il 1494 ed il 1498, caratterizzata dai contrasti fra i vari staterelli italiani che, per prevalere l’uno sull’altro chiesero l’intervento chi del Re di Francia, chi del Re di Spagna, col risultato finale che gli invasori stranieri finirono per spartirsi l’Italia cancellando l’indipendenza di chi ne aveva invocato l’intervento)