di Carmelo Riccotti La Rocca

Generalmente il  silenzio alimenta il sospetto. Da circa un mese uno sversamento di petrolio nella Cava Moncillè a Ragusa interessa l’affluente (che prende il nome della contrada) che confluisce nel Fiume Irminio. Lì c’è uno stabilimento Eni dismesso da circa un decennio, ma che contiene ancora del greggio. Da circa un mese, quindi, i vari enti preposti sono a lavoro per monitorare la situazione dopo l’avvio della procedura per la messa in sicurezza dell’area da parte dell’azienda come previsto a norma di legge.  Dopo un vertice in Prefettura coordinato dal vice-prefetto Trombadore, Arpa, Genio Civile, Forestale, Libero Consorzio, presidiano l’area in questione effettuando dei rilievi costantemente.

Perché la notizia diventasse di dominio pubblico, però, si è dovuta attendere una nota del circolo locale di Legambiente che, partendo da notizie rese da alcune fonti, hanno lanciato un sassolino: è possibile che stia accadendo questo a Ragusa?

Quanto estesa è la perdita? Si tratta di un disastro ambientale come accaduto in Val d’Agri? Interrogativi legittimi, per chi non sa e vorrebbe saperne di più, che hanno stuzzicato un approfondimento giornalistico e, in poco tempo, quelli che prima erano semplicemente dei sospetti, sono diventate delle certezze con la conferma che le istituzioni conoscono il problema e lo stanno affrontando.




Quanto importante sia lo sversamento nel fiume Iriminio non lo sappiamo, il sindaco di Ragusa, Giuseppe Cassì, afferma che si tratta di una piccola perdita di oli, condanna ogni forma di allarmismo e assicura che tutto verrà ripristinato in poco tempo.  Altri quesiti: piccola o grande che sia la perdita, quanto incide sull’inquinamento delle falde acquifere? Dura davvero solo da un mese o si protrae da più tempo? La storia, anche quella recentissima, ci ha insegnato che quando si tratta di grosse compagnie e di petrolio c’è sempre da approfondire e che a volte si sono consumati dei veri e propri disastri ambientali nel silenzio più assoluto. Quanto accaduto in Val d’Agri è un esempio, con 400 tonnellate di greggio disperse nel suolo e che hanno interessato la diga del Pertusillo che rifornisce d’acqua parte della Basilicata e tutta la Puglia. Esiste oggi uno strumento che è la legge 68/2015 sugli ecoreati che prevede procedimenti penali per chi si macchia di reati contro l’ambiente, la stessa legge, per intenderci, che ha portato all’arresto del responsabile centro oli dell’Eni in Val d’Agri.

E’ a questo strumento che si vuole aggrappare Legambiente presentando un esposto in Procura, perché si approfondisca e si faccia chiarezza su quanto sta avvenendo in contrada Moncillè a Ragusa. Molto probabilmente verrà fuori che non c’è più di quanto già non si sappia e che chi ha agito lo ha fatto nel pieno rispetto delle normative, ma la richiesta di risposte chiare e trasparenti è legittima quando in ballo c’è la salute dei cittadini.