Una città divenuta capoluogo di provincia, desiderosa di crescere, destinata a trasformarsi da agricola ad industriale. Cambiamenti di un asset urbano, tra la prima e la seconda guerra mondiale, che fecero di Ragusa “la città aurea”. Opere pubbliche nuove, come piazze, edifici, ospedali. Ma anche l’arrivo di grandi architetti e urbanistici che hanno creato e dato nuovi spunti, riuscendo a coinvolgere i talenti locali, senza oscurarli ma facendoli riflettere di propria luce. Una mostra, promossa dalla Soprintendenza di Ragusa, indaga questi profondi cambiamenti che riguardarono proprio Ragusa, accendendo i riflettori su quei passaggi chiave che portarono la città, in pochi anni, a risplendere e ad affermarsi nel nuovo ruolo di capoluogo di provincia.

Sarà il presidente della Regione, Nello Musumeci, ad inaugurare venerdì prossimo 7 febbraio alle ore 18 alla Sala Borsa della Camera di Commercio, la mostra intitolata “La città aurea – urbanistica ed architettura a Ragusa negli anni Trenta” curata e progettata da Carlo Giunta insieme al comitato scientifico formato dal soprintendente Giorgio Battaglia, dallo storico Giorgio Flaccavento, dall’archeologo Saverio Scerra e dall’architetto Titta Tumino. La mostra fa parte di un ciclo di iniziative volute dalla Regione che toccano i vari capoluoghi di provincia per concludersi con un’esposizione finale a Palermo. Un appuntamento che consente di scoprire (e riscoprire) progetti che in quegli anni hanno profondamente cambiato Ragusa, e nel contempo avviare, a quasi un secolo di distanza, una nuova e corale riflessione sul futuro urbanistico di questa città.




“La città aurea” degli anni Trenta, in quell’azione di cambiamento, si è avvalsa di grandi progettisti di fama nazionale e internazionale ma anche di artisti e architetti locali che hanno fin da subito trovato lo spazio per proporre le proprie idee in un’ottica di crescita collettiva. La mostra offrirà dunque dei focus su Ernesto La Padula, a cui si deve la progettazione di piazza Libertà, esempio tra i più importanti in Italia di architettura razionalista, ed ancora Ugo Tarchi che progettò il palazzo di Governo collegandolo all’ottocentesco palazzo del Comune, e poi Duilio Cambellotti a cui si devono gli affreschi dei saloni della Prefettura o Francesco Fichera che progettò gli edifici che ospitano la Camera di Commercio.

Un focus specifico riguarderà Francesco La Grassa, autore del piano regolatore generale in vigore negli anni Trenta, lo strumento urbanistico che guidò e regolamentò i profondi cambiamenti della città, prevedendo anche grandi opere, alcune mai realizzate, come un doppio ponte a fianco del ponte vecchio (fu invece realizzato il ponte di via Roma) o un grande politeama che non ebbe mai la luce. Ma anche grazie a quel piano, nacquero la prima grande scuola pubblica, quella di via Ecce Homo, l’ospedale Civile, la Casa del Mutilato, il palazzo del Consiglio provinciale dell’Economia (oggi Camcom), il palazzo delle Poste con la sua piazza, piazza Libertà, prevista prima circolare e poi realizzata a forma di trapezio e altri importanti palazzi che diedero sostanza al giovanissimo capoluogo di provincia. A fianco di questi progettisti, come evidenzierà la mostra, ci furono anche artisti e progettisti locali, come Antonio Cannì, Salvatore Cascone, Carmelo Cappello, Arturo Di Natale, Giovanni Biazzo che diedero un fattivo contributo in quella fase di crescita.

“Una città ridisegnata anche dal punto di vista sociale oltre che monumentale – commenta il soprintendente Giorgio Battaglia – Ragusa era stata da poco elevata a capoluogo di provincia e andava rivista, andava sviluppata e pensata per questo suo nuovo ruolo. E così fu, con nuove opere pubbliche che la cambiarono anche sotto il profilo architettonico, dando ordine e prospettiva. Oggi ci ritroviamo invece una città che per certi versi è piena di confusione, guardiamo a periferie orribili, casuali, a fronte di un centro storico ampio ma senza una reale attrattiva. Questa mostra può diventare dunque l’occasione per riaccendere il dibattito su come vogliamo la nostra città, soprattutto adesso, momento in cui si parla del nuovo piano regolatore generale”.

Un cambiamento epocale che la mostra racconta attraverso contributi multimediali e una serie di pannelli che propongono le tavole progettuali originali e una documentazione fotografia e testuale che permette un approfondimento culturale per i visitatori.

“Abbiamo immaginato un ideale percorso per evidenziare i vari passaggi che dal 6 dicembre 1926, quando Ragusa divenne capoluogo di provincia, portarono al profondo cambiamento dal punto di vista urbanistico – spiega il curatore Carlo Giunta – Quella trasformazione, con la realizzazione di nuove opere pubbliche ed edifici privati, avevano l’obiettivo di mostrare alla popolazione iblea la presenza e l’efficienza governativa. Lo si fece, come illustra l’archeologo Saverio Scerra a proposito dei progetti di Ugo Tarchi, anche attraverso architetture innovative per quell’epoca, avulse dal tradizionale contesto urbanistico ma che presto andarono a creare il nuovo volto della città. Come ci spiega l’architetto Tumino nella video intervista che proporremo durante la mostra, il Governo stanziò per la provincia di Ragusa 8 milioni di lire, destinandone ben 5 solo alla città di Ragusa. Si partì bandendo un concorso per la redazione del nuovo piano regolatore generale che fu vinto dall’ingegnere La Grassa. Da li, e per tutti gli anni Trenta, l’avvio dei tanti cambiamenti che nel segno della cultura razionalistica del tempo portarono il neonato capoluogo a diventare la città aurea”. La mostra potrà essere visitata fino al 25 febbraio.

Michele Barbagallo