
Ragusa – C.C.A.32: “Anestesisti esasperati, aumento del rischio clinico”
- 29 Dicembre 2024 - 16:08
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“Più volte abbiamo denunciato che i servizi di anestesia e rianimazione nel sistema sanitario pubblico a Ragusa hanno raggiunto livelli allarmanti. A fronte di ciò si è scelto di privilegiare anomali rapporti di collaborazione con soggetti esterni. Medici provenienti da Catania definiti “gettonisti” o “escursionisti” ( 1.440 euro per due turni di sei ore più il rimborso chilometrico, ristorante e pernottamento).” Lo afferma Rosario Gugliotta presidente Comitato Civico Articolo 32.
Purtroppo, nonostante i costi esorbitanti per la finanza pubblica, non rappresentano una soluzione. Infatti sono presenti esclusivamente in sala operatoria, non seguono i pazienti in reparto e non hanno alcun rapporto di subordinazione organizzativa ai vertici sanitari. In sostanza tutta l’attività, comprese le emergenze, ricade su l’esiguo numero dei medici interni.
Questa situazione oltre che provocare, come di recente, dimissioni a catena mette in gravi difficoltà i medici interni fino a provocare severe contrapposizioni nei confronti dei vertici aziendali.
“La nostra associazione – aggiunge Gugliotta- è stata informata della protesta di ben sette anestesisti rianimatori che, tramite uno studio legale di Catania, denunciano insostenibili condizioni di lavoro. Nel dettagliato l’esposto (inviato per conoscenza anche all’assessorato regionale sanità e all’ispettorato del lavoro) evidenzia una situazione allarmante: aRagusa solo 14 medici rispetto ai 29 previsti per queste delicate funzioni e a Vittoria 7 su 17. Medici destinati ai servizi di anestesia, terapia intensiva, rianimazione e terapia del dolore in contesti di alta complessità clinica.
In questa situazione i medici sono costretti a dover fare la spola tra Ragusa e Vittoria per intervenire nelle situazioni di emergenza-urgenza e coprire i turni di guardia nelle 24 ore 7 giorni su 7.
Insomma in tali condizioni di stress, quando viene meno la necessaria serenità e il riposo, si innalza il livello del “rischio clinico” e conseguentemente la qualità delle prestazioni sanitarie.