Pozzallo – Sbarchi: Arrestato scafista. Il racconto di un migrante
- 23 Maggio 2014 - 10:47
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di Viviana Sammito
La Squadra Mobile continua ad assicurare alla giustizia i trafficanti di esseri umani. E’ stato arrestato un presunto scafista: è un tunisino di 34 anni, Chandoul Akram (nella foto), accusato di avere condotto dalle coste libiche a quelle italiane un fatiscente peschereccio in legno con 456 migranti provenienti dall’Eritrea e qualcuno dall’Etiopia lo scorso 21 maggio.
I migranti, soccorsi dalla nave militare di “Mare Nostrum”, erano 256 uomini, 114 donne e 87 minori, ed un tunisino su cui sono subito caduti i sospetti.
Quest’ultimo, quando ha visto i soccorsi, ha abbandonato il natante ordinando ad altri giovani eritrei di tenere il timone così da sviare le indagini e far arrestare degli innocenti.
Dalle indagini inoltre è emerso che lo scafista per concedersi un riposo ha ordinato con la minaccia di condurre l’imbarcazione agli immigrati, anche con le condizioni meteo marine avverse.
I migranti hanno raccontato di violenze durante la permanenza nei capannoni in Libia.
Al termine delle indagini, durate 18 ore, gli investigatori hanno appurato che il tunisino e la sua organizzazione composta da cittadini libici hanno incassato per questo viaggio quasi un milione di dollari, circa due mila euro a migrante. Il presunto scafista è stato condotto in carcere mentre le forze dell’ordine stanno lavorando per risalire all’identità degli organizzatori dello sbarco di ieri a Pozzallo dove sono arrivati 457 migranti- 143 donne e 39 minori- . Quattro donne in gravidanza sono state trasportate all’ospedale “Maggiore” di Modica per gli accertamenti.
La macchina organizzativa della Questura è ormai rodata per certi ritmi, difatti contemporaneamente allo sbarco oltre 150 migranti sono partiti a bordo di un volo charter dall’Aeroporto di Comiso ed altri sono stati trasferiti nella struttura di Ragusa in contrada Cifali.
L’Ufficio Ordine Pubblico per disposizioni del Questore di Ragusa Giuseppe Gammino sta organizzando partenze via charter per far partire tutti i migranti anche in altri centri del nord Italia.
Sino ad oggi, solo nel 2014 sono stati arrestati 41 scafisti dalla Polizia Giudiziaria e sono in corso numerose attività di collaborazione tra le Squadre Mobili siciliane al fine di permettere scambi informativi utili per gestire indagini sul traffico di migranti dalle coste libiche a quelle Italiane.
I racconti dei migranti sono sempre ritenuti elementi fondamentali per le indagini e per risalire alla identità degli organizzatori delle traversate clandestine. Dalle testimonianze si evince come tutti i trafficanti di esseri umani abbiano una condotta violenta che usano sia sugli uomini, che sulle donne e i minori. Questa è la testimonianza raccolta dalla Polizia Giudiziaria al Centro di prima Accoglienza di Pozzallo durante l’interrogatorio di un migrante.
“Ho vissuto ben sette anni in Sudan prima di trasferirmi, il 10.04.2014, in Libia. Tale trasferimento è stato da me pagato ben 1.600 dollari USA perché fatto sempre clandestinamente. Una volta oltrepassato il confine i camion ci hanno condotto tutti quanti in una piccola città e li siamo rimasti in un capannone. Successivamente sono partito dal Sudan alla Libia ed il viaggio ha avuto una durata di circa 13 giorni.
Elementi di un’organizzazione libica dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina verso l’Italia hanno preteso da me e dagli altri miei compagni una somma di 300 dollari USA per essere trasferito a mezzo camion nella città di ******ed allocato all’interno di un altro capannone situato nella periferia della città. Ovviamente le mie richieste agli elementi dell’organizzazione libica erano quelle di raggiungere l’Italia ed unicamente tale territorio con uno dei barconi che sovente lasciano la costa nord-africana così come mi avevano riferito tanti miei connazionali che già hanno raggiunto l’Europa. A quel punto i libici mi hanno chiesto quale corrispettivo per il viaggio un importo di 1.650 dollari USA, somma che ho pagato poco prima di lasciare il capannone e partire per l’Italia.
All’interno del capannone dove ho vissuto per ben 25 giorni in quanto ci dicevano che non avevano imbarcazioni disponibili ed il mare era troppo agitato, vigevano particolari situazioni di rigore imposte dai libici. Nei particolari non era permessa nessuna forma di libertà nel senso che nessuno di noi poteva uscire dal capannone. All’interno di esso era stata ricavata una grande stanza dove venivano allocate le donne ed i bambini. Gli ospiti, miei connazionali diventava sempre più numeroso con il passare dei giorni.
Il cibo che ci veniva distribuito dagli elementi libici era insufficiente, costituito solo da pane, succhi di frutta e formaggini.
I libici, che possedevano pistole e fucili mitragliatori, erano sgarbati nei nostri confronti e spesse volte passavano a vie di fatto picchiando chiunque non eseguiva alla lettera le disposizioni degli stessi. Sovente, durante le ore notturne, udivo provenire dall’esterno del capannone colpi di arma da fuoco.
Trasferiti sul mare a gruppi venivano portati su un’imbarcazione in legno fatiscente e non idonea a trasportare tutti noi ma i libici ci dicevano di stare zitti e che non sarebbe accaduto nulla, noi tutti comunque temevamo di morire così come tanti nostri connazionali nei giorni scorsi.
Tra l’altro, se in un primo tempo le condizioni del mare risultavano buone, nelle ore successive le stesse rappresentavano pericolo per tutti quanti noi in quanto le sue onde, particolarmente alte (circa 5 metri), creavano nocumento alla vita di tutti quanti noi, facendo sobbalzare in maniera impressionante l’imbarcazione. Lo scafista dimostrava particolare stanchezza tanto che ogni tanto ordinava a qualcuno di aiutarlo nel governo dell’imbarcazione.
Nonostante le citate condizioni metereologiche l’imbarcazione non ha accusato nessuna avaria e la stessa ha resistito all’impetuosità del mare.
Dopo circa 18 ore di viaggio vedevo il tunisino utilizzare il satellitare per chiedere, in un inglese elementare, soccorso in mare. La cosa non mi ha provocato grande impressione o particolari timori in quanto già prima della partenza o meglio poco dopo aver messo piede sull’imbarcazione ho sentito il tunisino parlare in arabo con uno dei libici e il dialogo verteva sulla circostanza che avrebbe visto il primo richiedere l’intervento di soccorso dopo aver raggiunto un determinato numero di ore di navigazione. Effettivamente, trascorso del tempo, nel pomeriggio del decorso giorno 20 vedevo un elicottero sorvolare più volte l’imbarcazione per poi allontanarsi”.