antonella a teatro 1Prima o poi dovremo ringraziare Maria Antonietta Emmolo per tutto quello che sta facendo per la città di Pozzallo. Il suo impegno, le sue iniziative, la sua capacità di organizzare e di mettere in scena spettacoli teatrali hanno come scopo di far rivivere la nostra lingua, le nostre tradizioni, i nostri costumi, le nostre musiche e le ambientazioni della Pozzallo del secolo scorso.

Lo zelo che continuamente mette per costruire il suo “teatro” è ammirevole ed in continua progressione – una regia sempre più attenta ai tanti aspetti della recitazione ed ambientazione – con risultati sempre più convincenti ed interessanti.

L’ultima commedia messa in scena a Pozzallo, cinema Giardino l’ 08 febbraio scorso, rigidamente dialettale, si misura con le “Luminagghie” ovvero indovinelli che hanno aspetti allusivi, tendenti a molte interpretazioni. Il primo impatto è sempre legato ai tanti aspetti della sessualità tuttavia di solito gli indovinelli sono riferibili al vivere quotidiano o ad oggetti di uso comune e  lasciano sempre sorpresi  – quasi per la loro ovvietà – chi tende di interpretare il loro significato.

Due ambientazioni, due scenografie : una via cittadina con una finestra a piano terra sulla strada, una “ciappetta” più o meno rialzata per scambi di opinioni e pettegolezzi dove ci si siede davanti casa – come si faceva un tempo nelle serate di calura estiva, – e dove si svolgono incontri casuali o visite programmate; l’altra ambientazione – nel secondo atto – un interno adibito a cucina vecchia maniera, il tinello, dove si preparano le pietanze. In questo caso proprio nel periodo di carnevale si cucina la pasta ambastata, o meglio i gnucchitti (pasta che diventa una corda, viene tagliata ed graffiata con un pettine non da capelli).

I personaggi (quasi tutte donne comprese le due scenografe ) che si incontrano rappresentano la vita quotidiana della piccola comunità, i loro guai , le loro vicende, i loro problemi, le loro debolezze, sono il loro pane giornaliero  che tante volte sconfina anche nel pettegolezzo.

Nessun racconto, nessuna storia da narrare o interpretare: le donne più o meno casalinghe con l’unica eccezione di una infermiera pettegola e venale, si incontrano per dare libero sfogo alle loro chiacchiere e questo le porta, inevitabilmente, all’analisi della loro condizione e della loro vita quotidiana. Le uniche divagazioni, inserite magistralmente nel contesto, riguardano l’arrivo della “mericana” (parente di una delle tantissime persone che emigravano nei primi anni del novecento in America) con le sue storie di vita, i suoi tre mariti , la sua evoluzione (?), fumatrice, dall’abbigliamento un po’ osè – tanto da essere oggetto di grande attenzione da parte dell’unico uomo panzuto e vecchio che appare per qualche istante  sul palco – e la passeggiata della “sirausana”.

La recitazione delle nostre popolane tende a ricalcare le espressioni dei nostri nonni ed in, maniera quasi naturale, ci riportano indietro negli anni, ai nostri ricordi, rimpianti, ed  al nostro vecchio linguaggio.

Una ricostruzione di alcune vicende vissute dai nostri vicini parenti, uno spaccato della nostra storia recente raccontata con sarcasmo ed umorismo che lascia in bocca il sorriso per la sua pregiata gradevolezza.

Pietro Storniolo