Un mio ottimo amico, recentemente, mi ha fatto dono di un preziosissimo libricino, un manuale, intitolato “L’Arte di Petare, ovvero Il Manuale del Subdolo Artigliere” (presuntivamente ad opera di Pierre-Thomas-Nicolas Hurtaut, un medico del ‘700). La veloce piacevolezza della lettura non mi ha trascinato così tanto nell’animo dal non farmi soffermare lungamente su alcune autorevoli considerazioni. In una di queste, riguardante la Salubrità del Peto, la digressione iniziale del capitolo si concentra sulla spiegazione pseudo-scientifica del cattivo ragionare di taluni esseri umani, giungendo infine ad additare come causa il trattenimento oltre ogni limite del fiato superfluo nel corpo: “Tutti i peti sono salutari, in quanto ci si libera di un vento che procura noia. Questa evacuazione elimina numerose malattie, ad esempio il dolore ipocondriaco, il furore, la collera, la colica, l’enteralgia, la passione iliaca, e molte altre ancora.”

Avrei aggiunto, al novero delle citazioni specifiche, persino l’alterigia. Orsù, mi dica lo sciclitano se non è classicamente definibile un “rigonfio peto” colui che, passeggiando per le vie della città, tende a voler mostrar d’essere più di ciò che in realtà è. Non parliamo di Politica, cortesemente, ché lì i venti sono seriamente tempestosi. A dirla tutta, io stesso che mi ritrovo oggi a pubblicare questo articolo sotto l’insolente categorizzazione di “cultura”, già comincio a provare un certo mal di stomaco, provocato molto probabilmente da non dissimili gonfiori. Sarà una questione di allitterazione tra Cul…tura e … e qualcos’altro, non so, ma credo di non sfiatare fuori tiro se mi permetto di insinuare che nell’ambito culturale se ne trovan spesso a iosa di mancati trombettieri. Un fatuo damerino, un abate compito, un grave magistrato, tutti ugualmente artefatti nel loro modo di atteggiarsi, fanno dei loro corpi una caverna d’Eolo.

Poi, adesso che sta sopraggiungendo la bella stagione, mi sento quasi in dovere di ricordare, e soprattutto ricordarmi (l’autocritica fa sempre bene), che occorrerà prestare una certa attenzione all’atteggiamento da adoperare nei confronti dei turisti in arrivo. Mi rivolgo a quanti si apprestano a ciceronare in giro, innanzitutto a quanti si troveranno a rispondere casualmente alle accidentali richieste di informazioni dei viaggiatori di passaggio. Non eccedete, ve ne prego, nello sfoggio della vostra cultura. E ricordatevi ciò che accadde all’ abate Paolo Balsamo, di passaggio anche lui dalle nostre parti:

“Sul far della sera entrammo in Chiaramonte tra la calca, e le grida di molto popolaccio, che comprendere non si seppe cosa dicesse, e volesse… …In questa si portarono essi tutti cori quello ben composto contegno, e pulite maniere, che si convengono a persone, le quali hanno ricevuta una civile educazione; e solamente uno ve n’ebbe, il quale cicalò tanto, e sì forte, che pareva di esser colà venuto a disegno di far prova, che egli, e non altri, aveva lingua, ed orecchi per parlare, ed udire. Al che, per compiere il genuino quadro del seccatore, si aggiungeva, che intendeva, ad ogni modo di comparir saccente; e nominò più volte, ed allegò certe sentenzie di Montesquieu sopra la Sicilia, che non avea neppure sognate mai l’illustre autore dello Spirito delle leggi. Varj sono i caratteri, che vengono a mortale noia nelle compagnie; ma niuno cotanto, che quello pesantissimo del pedante, e dottorello: conciossaché provoca, ed infastidisce estremamente il vedere in una brigata assumere ad uno il tono di maggioranza, e trovar prediche, e lezioni cattedratiche in quei luoghi, che ognuno frequenta per alleggerire i guai della vita con oneste piacevolezze, e  divertimenti.”

In non troppo differenti avventure sarà incorso l’autore del trattato che mi sta ispirando:

Prendiamo ad esempio un damerino che ha trovato il modo di tediare una numerosa compagnia. Da oltre un’ora non fa che pavoneggiarsi e offendere i presenti: magnificando le proprie grazie, dicendo impertinenze, lanciando velenose critiche a destra e a manca. Nessuno osa fermarlo, per convenienza, o per opportunismo.

Si dovrebbe cercare, per amor della salubrità corporale, di prestare la giusta attenzione ai personali comportamenti: semmai si dovesse aver sentore di far riscontrare boria, albagia, tono di maggioranza (tono di superiorità), con conseguente sensazione di mortale noia nel prossimo, si sfiati pure senza esitazione. Anzi, lo si prenda quasi come un dovere cristiano (etico), è d’obbligo invitare pure il prossimo a sfiatare. Invitatemi pure se è il caso! Fermatemi per strada e sfiateremo insieme, poiché è una giusta regola igienica, a quanto pare. In una Satira di Orazio, mentre le due streghe Canidia e Sagana sacrificano un’agnella nera e gli infernali cani latrano in lontananza, al buon dio Priapo sembrò opportuno emettere uno squassante peto per spaventarle e deriderne le oscure macchinazioni.

Spetazza , che la paura passa,
in altri termini…

Ed ecco esplodere all’improvviso un peto, che d’incanto libera tutti gli spiriti dall’oppressione, mettendo a tacere quel chiacchierone assassino, scrive ancora il medico francese del trattatello, su quel noioso damerino.

Quanti benefici effetti in un solo peto! Che aspettiamo allora? Liberiamoci, fratelli!

E per restare nell’ambito letterario e concludere finalmente, mi va di ricordare quel fra Giovanni di Rabelais che così poetava pregando:

O buon Dio, Padre superno,
che mutasti l’acqua in vino,
fa del mio culo un lanterno
da illuminare il mio vicino.

L’argomento di questo scritto mi sembra pertinente al periodo e alle ormai imminenti festività: tra maschitterie e juocu fuocu, di ogni tipo, auguro a tutti Buona Pasqua.

 

Gaetano Celestre