“Alcuni mesi fa scriveva a mia moglie con profili falsi su TikTok e Instagram, poi ho saputo che era lui”. Così inizia la confessione di Gaetano Maranzano, 28 anni, in cella da domenica sera, per l’omicidio di Paolo Taormina, giovane gestore di un pub ucciso, nelle prime ore della scorsa domenica davanti a decine di persone davanti al suo locale, a Palermo.

Interrogato dai pm, poche ore dopo essere stato fermato dai carabinieri arrivati a lui grazie a testimonianze e alle immagini di alcune videocamere, Maranzano ha raccontato cosa è accaduto sabato.

Gaetano Maranzano assieme ad altri ragazzi (di cui non fornisce i nomi), erano andati al locale di Taormina.

“Era in difetto con me – dice Maranzano – mi guardava male e si agitava, nel suo cervello mi voleva sfidare. Mi diceva che non si doveva fare casino. I ragazzi facevano casino e lui è venuto a prendere di petto me – racconta riferendosi a una lite scoppiata fuori dal pub -. In più io avevo astio con lui per la cosa di mia moglie. Mi sfidava. Parlava verso di me diceva ‘qua non si deve fare vucciria’. Mi state siddiando. Mi voleva mettere in cattiva luce davanti alle persone”.

“Visto che lui mi voleva far fare male figura, – continua l’arrestato – gli ho detto: ‘non mi stuzzicare perché lo sai che ce l’ho con te’. Lui se n’è fregato e mi parlava in maniera agitata, mi ha rimproverato. Dopo pochi minuti di colluttazione gli ho sparato”.

L’assassino ha sostenuto di essere partito dal suo quartiere, lo Zen, con la pistola per andare in centro. “La pistola me la porto perchè Palermo è una città pericolosa. È successo questa cosa della confusione ed ha preso i ragazzi di mira. Poi si è voltato verso di me e si è messo a fare lo scemo, poi abbiamo litigato. Quindi non ci ho visto più e ho sparato”, ha concluso sostenendo di aver buttato il resto dei proiettili durante la fuga.