Misteriosi tubi di fogna che scaricano a mare. E poi ci dicono che il mare è pulito!
- 24 Giugno 2013 - 20:21
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Ma, questi, sono proprio fissati coi tubi”, penserà qualcuno quando leggerà queste nostre note. In verità uno di questi potrebbe essere il sindaco di Scicli, Susino, il quale ha sostenuto che i tubi sugli scogli del suo Comune sono solo tre e che degli altri non ne sa nulla. Un po’ come sostenere che a casa sua ci vive solo con la moglie e se ci abita qualcun altro non sono fatti suoi. Così, almeno, ci sembrò di capire l’undici aprile scorso in un convegno organizzato dalla Cgil a Marina di Modica (quelli del Comune di Scicli sono tre, tutti tappati, se ce ne sono di altri enti…) anche se, il giorno dopo, radunò i propri funzionari nel suo ufficio per redarguirli sul fatto che non l’avevano compiutamente informato sullo stato dell’arte delle coste di sua competenza, probabilmente sospettando che l’aura di Catarella aleggiasse ancora in quelle stanze che furono di Montalbano. Sia come sia noi, che di tubi sugli scogli ne contestavano quattro, finimmo per trovare il quinto qualche giorno dopo a Cava d’Aliga, subito dietro le rovine dell’ex ristorante “La Scogliera”.
La presenza di queste strutture che sboccano direttamente sugli scogli ci interessa per alcuni motivi, il primo dei quali è sapere a chi appartengono. Di alcuni, regolarmente segnalati dal Comune di Scicli, con tanto di divieto di balneazione, non abbiamo dubbi. Resta qualche problema di identificazione per altri due, non segnalati e abilmente camuffati, che continuano a rimanere senza padrone.
La seconda domanda è sapere, se possibile, quali di questi tubi siano attivi e a quale struttura facciano capo. Dopo mesi di indagini, infatti, non ci è giunta alcuna notizia in merito, tranne il fatto che sono stati compiuti dei sequestri su fanghi del depuratore di Lodderi.
E’ un fatto, comunque e purtroppo, che l’inquinamento delle coste persista anche dopo il sequestro dei due villaggi turistici di Baia Samuele e Marsa Siclà, accusati di traffico illecito di reflui e di avvelenamento delle falde acquifere e, infine, del villaggio Marispica per alcune (presunte) irregolarità nell’impianto di smaltimento dei reflui. Siamo obbligati alla precisazione perché in molti si è indotta la convinzione – corroborata da alcune sintesi giornalistiche piuttosto infelici, se non raccogliticce – che l’inchiesta sull’inquinamento delle nostre coste fosse terminata con lo spettacolare sequestro dei villaggi. Per la verità a questo hanno anche contribuito i Carabinieri, visto che ai primi di marzo, sul giornale on line Ragusa H24, in un articolo – mai smentito – che parlava di altre “chiazze a mare”, regolarmente fotografate dal bravo Giovanni Antoci, parlavano di foto artefatte allo scopo di alleggerire la posizione dei due villaggi sequestrati. Se, dunque, per i Carabinieri, lo scopo delle foto fosse quello di alleggerire le “colpe” dei due villaggi, è di tutta evidenza che ritenessero le due strutture responsabili anche dell’inquinamento a mare.
Due domeniche fa, il 9 giugno scorso, ci è arrivata una segnalazione di un pescatore dilettante che, piazzatosi di buon mattino sugli scogli di Punta Regilione, ha visto arrivare una striscia di… qualcosa che si muoveva da Pozzallo verso Marina di Modica (vento da Levante). Giunti sul posto, abbiamo avvertito sia i Carabinieri che la Capitaneria di Porto. Entrambi sono subito arrivati a Punta Regilione e hanno constatato che l’origine delle “macchie”, una volta tanto, escludeva responsabilità del Comune di Scicli e che, probabilmente, l’inconveniente fosse causato dall’unica struttura della zona: il depuratore di Maganuco. Cosa sia successo dopo è noto: le indagini sul depuratore hanno accertato la presenza di reflui rossastri, denunciati dal gestore dell’impianto, che ha, alla fine portato al sequestro della ditta Eco Dep. E’ stato sentito pure il fotoreporter e giornalista Giovanni Antoci, invitato nella caserma dei Carabinieri di Marina di Modica due giorni dopo per chiarire le circostanze della segnalazione di domenica, il quale si è sentito – tra le altre – rivolgere la domanda: “Lei ha qualche rapporto con i villaggi?”.
Come la fermentazione della posidonia oceanica, affiora la solita ipotesi: se un fotoreporter e un giornalista si danno tanto da fare, ci dev’essere un interesse che va al di là del diritto di cronaca. Li deluderemo assai dicendo che l’interesse che ci muove è il semplice diritto di cronaca e l’altrettanto semplice constatazione che la “macchia mediterranea” continua a imperversare quasi giornalmente nonostante il sequestro dei villaggi. In fondo è passato quasi un anno dall’avvio delle indagini sull’inquinamento a mare, e se esso ancora persiste, non possiamo parlare di grandi successi.
Andiamo avanti. Sabato scorso, dopo avere fotografato un’ampia chiazza di posidonia oceanica (delle mie arpe) a Punta Regilione, abbiamo scoperto il sesto tubo a mare in zona Punta Corvo, poco a valle della stazione di sollevamento di reflui fra Cava d’Aliga e Donnalucata (v. foto), non segnalato da alcuna tabella. Il settimo lo troveremo quando qualcuno ci metterà a disposizione una barca per dare un’occhiata alle coste della zona. E pazienza se non schiereremo i potenti mezzi degli inquirenti, né i subacquei di Messina, né le motovedette della Capitaneria, né gli elicotteri, che costano tanto, ma fanno tanta audience: li troveremo e ne daremo regolare, pubblica denuncia.
Anche noi siamo innamorati di un teorema, piuttosto semplice: non si scopre nulla se non si cerca o se si cerca dove nulla può essere trovato.
Paolo Oddo
Foto: Giovanni Antoci
Fonte: radiortm.it
alessandro parisi
Confermo la chiazza visibile nella foto scattata a Punta Corvo. Sabato pomeriggio mi trovavo a pescare sugli scogli e in una insenatura c’era questa vistosa chiazza del diametro di circa 10 metri, che si spostava lentamente verso ovest.
Paolo Oddo
Scusate, colleghi: mi fa piacere che abbiate rilanciato l’articolo, ma sarebbe stato corretto indicare anche l’autore e non solo la fonte.
Un caro saluto.
Giovanni Giannone
non c’era la firma a fine articolo, per questo… ora provvediamo subito. Saluti, Giovanni Giannone
M.R.
c’è un tubo di fogna con relativo cartello con divieto di balneazione totalmente arrugginito nel parco di costa di carro alla fine della spiaggia di pietre bianche con tanto immondizia indifferenziata intorno.