Da La Sicilia del 5 maggio

di Carmelo Riccotti La Rocca




“Non sono un eroe, ma semplicemente un uomo che ama il proprio lavoro e dedicarsi agli altri”. Mauro Carbonaro è rientrato da pochi giorni ad Acate, per quasi un mese ha svolto il servizio da infermiere a Bergamo, una delle zone più colpite in assoluto dalla pandemia. Mauro lavora per l’Asp di Ragusa, è assegnato alla RSA – “Residenza sanitaria assistenziale”- di Comiso, prima ancora ha svolto il suo lavoro sulle ambulanze del 118. Marito di un’infermiera e con due figli – uno diventerà infermiere a breve -, quando è uscito il bando della Protezione civile per il reclutamento di operatori da impiegare nel Nord Italia, Mauro non ci ha pensato su due volte. Alla famiglia ha detto tutto a cose fatte, ma nessuno si è opposto alla sua scelta. L’infermiere di Acate è così salito a bordo dell’ATR 52 della Gdf a Pratica di Mare, insieme ad altri 89 operatori sanitari, di cui 8 siciliani, e al ministro per gli Affari Regionali, Francesco Boccia.

Mauro Carbonaro insieme al ministro Boccia

“Non potevo esimermi – racconta Mauro Calogero Carbonaro – quando ho visto quella scena in Tv delle bare portate via dai militari da Bergamo, mi si è gelato il sangue. Ho pensato subito che non potevo starmene con le mani in mano. Dentro l’aereo il ministro Boccia ci ha detto subito che non stavamo andando a fare una scampagnata, ma che sarebbe stato un impegno difficile, faticoso e rischioso; mi ha chiesto da dove venivo, ho risposto da Ragusa aggiungendo però che in questi casi non esistono confini territoriali, ma tutti siamo accomunati dai colori della nostra bandiera, il verde, il bianco e il rosso. Boccia a quel punto mi ha abbracciato”.

Il sangue a Mauro gli si è gelato anche quando ha scoperto di essere destinato a Bergamo. Lui in quella città lombarda ha accompagnato Iris, una ragazza di Acate colpita da un male incurabile. L’unica possibilità rimaneva un trapianto in un ospedale di Bergamo e Mauro ha affrontato il viaggio in ambulanza con la ragazza. Per Iris non è andata bene, ma per Mauro quella è stata un’esperienza che non dimenticherà mai. Quando ne parla si commuove. “Quando ho saputo di essere destinato a Bergamo – dice- ho pensato subito al destino, che stavolta fosse Iris ad accompagnare me durante il viaggio. Come segno premonitore avevo portato con me la stessa valigetta che portai quando accompagnai Iris”. Arrivato a Bergamo Mauro è stato trasferito quasi subito nel nuovo ospedale in fiera. “Ho fatto io la prima registrazione – racconta ancora- pensando ai primi momenti vissuti nella città lombarda”. Mauro racconta di aver trovato, al suo arrivo, una città distrutta, colpita al cuore, ma di essere allo stesso tempo rimasto sorpreso per la voglia di reagire dei bergamaschi. “Tutti – continua ancora l’infermiere- utilizzavano un motto: “Mola Mia”, è in dialetto bergamasco, significa non mollare. In poco tempo quell’invito a resistere è diventato anche il mio motto. Lo porterò sempre dentro di me”.

Mauro Carbonaro racconta anche la drammaticità di alcuni momenti, la sofferenza dei pazienti che chiedevano di essere lasciati morire. “In quelle occasioni – ci dice ancora- prendevo lo Smartphone e facevo vedere loro le foto dei familiari o, se riuscivano a parlare, facevo per loro e con loro delle videochiamate, serviva a farli ricaricare, a dargli un motivo per sopravvivere”. I “pazienti Covid” dentro l’ospedale vivevano in una sorta di attesa infinita e tutto era scandito dal loro stesso respiro: “quasi tutti – continua Carbonaro – chiedevano il loro valore della saturazione e si agitavano tanto quando quel valore scendeva sotto i 90 ed è per questo che a volte mentivo per non infliggere altro dolore a quello che stavano vivendo; così facendo mi sono reso conto che davo loro una speranza e un motivo in più per combattere contro questo mostro che visto da vicino fa davvero paura”.  Momenti tristi, ma in quella frenesia e sofferenza, ci sono state anche delle situazioni liete che Mauro ricorda con grande piacere. L’operatore sanitario della provincia di Ragusa, che compie gli anni il 23 aprile, ha festeggiato i suoi 50 anni all’interno dell’ospedale in fiera insieme ai suoi colleghi. “Anche se lontano dai miei affetti più cari – commenta- è stato comunque bello ricevere l’abbraccio sentito, seppur virtuale di tutti gli operatori.

Per l’occasione ho ricevuto un video di auguri anche di Ismaele La Vardera delle “Iene”, il programma di Italia 1, devo dire che mi sono emozionato, così come mi sono commosso quando, al mio rientro in Sicilia, ho ricevuto il messaggio del Capo della Protezione Civile, Borrelli, che si complimentava per il lavoro svolto. Questa è una esperienza che mi porterò sempre nel cuore e che rifarei anche domani”.




 

Mauro non ha potuto ancora riabbracciare la sua famiglia, nonostante i tamponi effettuati abbiano dato esito negativo, ha deciso di prolungare il periodo di quarantena per poter rientrare nella sua abitazione in piena sicurezza. “Voglio ringraziare – dice ancora- prima di tutto mia moglie che senza esitare mi ha incoraggiato a non mollare insieme ai miei figli e poi tutti i miei concittadini di Acate, il Sindaco, il direttore dell’Azienda sanitaria provinciale di Ragusa che mi hanno fatto sentire costantemente la loro vicinanza dimostrando apprezzamento per ciò che stavo facendo”.

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