Pubblichiamo di seguito l’omelia del neo-Vescovo di Noto, monsignor Salvatore Rumeo, nel suo primo Pontificale, celebrato ieri mattina, nella Basilica Cattedrale

Ci rallegriamo con il Signore per i suoi innumerevoli benefici, per ogni dono di grazia che riversa su tutti noi suoi figli. In questo tempo favorevole vogliamo camminare spediti «con fede viva e generoso impegno verso la Pasqua ormai vicina».

Il vangelo di Giovanni è il Libro della Luce e questa luce oggi viene donata a tutti noi che ci ritroviamo nella nostra Chiesa Cattedrale a celebrare nella gioia il mistero della nostra fede.

La luce che Gesù è venuto a portare è puro dono gratuito di Dio offerto per mezzo del Figlio Suo e i titoli attribuiti al Divin Maestro rivelano che la meta non è tanto quella della vista fisica ma quella della luce interiore, la luce della fede che ci porta a conoscere Gesù: «quest’uomo» Gesù, «inviato», «profeta», «colui che è da Dio», «Figlio dell’uomo», «Signore», con l’adorazione finale: «Io credo Signore» (v. 38).

Il racconto giovanneo dell’uomo nato cieco ha al centro la piena e matura conversione del miracolato che proclama la sua fede nel Cristo come Kyrios «Signore». Ancora una volta è confermato il fatto che per Giovanni i miracoli acquistano un valore trascendente, da scoprire e leggere come eventi di salvezza interiore.

Chi ha peccato? È l’eterna domanda che da sempre angustia il cuore degli uomini di fronte al male e alle sue trame. Bisogna trovare un responsabile cui addossare il peso del male che sconvolge la nostra pace interiore e serenità. Così ci scarichiamo di ogni responsabilità e non cambiamo nulla in noi. E allora il colpevole è il prossimo, la società, i potenti, oppure è Dio stesso che «permette», che non proibisce, che non interviene a cambiare le 2 cose! Ancora una volta si cerca di giudicare Dio e di misurarlo con le nostre povere capacità e il nostro meschino modo di vedere la realtà.

Gesù risponde in modo perentorio, chiaro e deciso: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è così perché si manifestassero in lui le opere di Dio» (v. 3). É la risposta che non ammette repliche, e cambia totalmente il modo di vedere le cose da parte dell’uomo; è la risposta che comincia a illuminare la mente umana con una luce nuova e la libera dalle piccolezze che impediscono di vedere tutta la realtà, anche quella invisibile.

Ecco una prima lezione di conversione: è ora di aprirci alla grandezza di Dio, al suo orizzonte misericordioso. Ciò potrebbe provocare un senso di grande smarrimento e confusione, ma è il segno che finalmente siamo entrati nella sfera dell’invisibile, del soprannaturale, cioè della realtà definitiva dell’uomo. «Tu l’hai visto!». Così si presenta Gesù al cieco guarito (v. 37), dopo le incalzanti domande dei farisei che cercavano di negare l’evidenza del miracolo solo per coprire la loro grettezza, il loro orgoglio e l’ignoranza di chi non vuole uscire dalle sicurezze abitudinarie.

Il cieco «vede» oltre ogni aspettativa, mentre quelli che credono di «vedere» non vedono e non comprendono nulla e restano nella pura menzogna: «Se foste ciechi non avreste nessun peccato, ma siccome dite di vedere, il vostro peccato rimane» (v. 41). Il giudizio di Gesù è talmente luminoso, chiaro e pesante, da suscitare l’ira e la vendetta di quei giudei tanto insofferenti di fronte alla verità.

Questo giudizio cade anche su tutti noi quando non abbiamo il coraggio di spalancare gli occhi, pensando di sapere già tutto, di avere risposte pronte, di avere già fatto la scelta giusta, di non avere più nulla da cambiare e di possedere la verità. Quando il cieco guarito viene allontanato dalla sinagoga, proprio allora Gesù lo raggiunge e lo fa rinascere facendone un credente.

Quanto, cari fratelli e sorelle, il giudizio di Dio è diverso da quello degli uomini! É questo giudizio che Gesù è venuto a rivelare e a mostrare pienamente. Egli è la luce: chi crede di vedere la rifiuta, chi è cieco la riceve. I farisei avevano affermato di non sapere chi fosse Gesù. Ma Gesù in realtà si rivela pubblicamente, il suo gesto è molto chiaro, la presenza di Dio in lui è evidente. Ma i farisei sono sicuri di sé ed è per questo che non possono essere aperti alla novità di grazia del Cristo.

La conversione di cui abbiamo bisogno è precisamente questa: sentirci in stato di continua ricerca, desiderosi di un “di più” senza accontentarci di quello che già sappiamo e già siamo: voler conoscere meglio la luce e la forza della Parola di Dio per metterci in discussione e coniugare la vita con la fede, il vivere al credere.

Ma in noi c’è sempre la paura della luce: vogliamo tenere per noi qualche angolo oscuro della coscienza, riservato solo a noi stessi, ma Gesù ci ammonisce: «Mentre avete la luce, credete nella luce per diventare figli della luce» (Gv 12,36).

Noi cristiani abbiamo la fortuna di avere la luce, di essere luce. «Voi siete il sale della terra, voi siete la luce del mondo» (Mt 5, 13.14). Apriamoci alla luce della fede per leggere con ottimismo la nostra storia quotidiana, il mondo e la vita della chiesa: non il senso del castigo o della fatalità del male ma la certezza che in noi «si manifesta l’opera di Dio» (v. 3) e possiamo incamminarci ogni giorno sulla via della santità. Gesù ce lo assicura e mette nelle nostre mani la realizzazione di questa promessa.

La luce di Dio illumini la nostra vita quotidiana e ci faccia comprendere il mistero di grazia che muove le nostre scelte anche in seno alla comunità cristiana, il perché di tanti nostri contemporanei che di cristiano non hanno proprio nulla.

Lasciamoci guidare dal «gusto» di Dio e dalle sue «sorprese», da un Dio amorevole che non guarda alle apparenze ma va dritto al cuore, un Dio che non sa rimanere in superficie. Diamo alle nostre relazioni e ai nostri giudizi sul prossimo questa nuova misura: cambierà qualcosa nella nostra vita.

É ora di svegliarci: come cristiani, discepoli del Signore e figli della luce è ora di cominciare qualcosa di nuovo, qualcosa che raggiunga i fratelli lontani dalla luce di Dio. É questo il compito, la nostra non piccola responsabilità. É la sfida della Chiesa di oggi. Portare Dio a tutti!

A noi si presenta il Cristo, come Messia, come Profeta, come Salvatore, a noi rivela la sua vera identità: non restiamo indifferenti, non lasciamoci raffreddare dall’abitudine. «Io credo» (v. 38) diventa allora la professione di un impegno decisivo. La nostra vocazione di cristiani è di essere luce e figli della luce e non possiamo essere luce che in Lui, poiché ha detto: «Io sono la luce del mondo» (Gv 8,12). Nel Battesimo noi siamo diventati «luce» e «figli della luce». Così al simbolismo battesimale dell’«acqua viva» si aggiunge quello della «luce».

Il cammino del cristiano, allora, è cammino di luce, è cammino di risurrezione. Un cammino fatto in comunione con gli altri nello spirito della vera conversione.

Affidiamoci alla potente intercessione del Patriarca San Giuseppe e del nostro San Corrado Confalonieri, il testimone fedele di Dio che, convertitosi, ha fatto della preghiera, dell’Eucarestia e della carità, il centro e il fulcro della sua vita. Il Santo eremita continua ancora oggi ad essere icona luminosa per coloro che sono alla ricerca di Dio e vogliono farsi santi: la meta di noi tutti! Accogliamo con spirito di profonda umiltà gli insegnamenti di San Corrado! In questi ultimi giorni di Quaresima intensifichiamo la preghiera personale, il silenzio e la contemplazione del mistero di Dio che nel Figlio Suo Gesù ha redento il mondo. Convertiamoci a Lui e saremo raggianti, tanto luminosi da saper scorgere e sostenere le sofferenze dei nostri fratelli.

A San Corrado affido la Chiesa netina, il nostro Seminario, i sacerdoti e i religiosi, le famiglie, gli anziani, gli ammalati, i giovani, i ragazzi, i bisognosi, coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Ai devoti, ai portatori di San Corrado, ai portatori dei cilii, alle confraternite, a quanti si adoperano per la festa del Santo Patrono, va la mia personale gratitudine. A quanti hanno pregato per me in questi mesi, a quanti hanno lavorato nel silenzio per la preparazione della mia ordinazione, ai miei amici di Delia, ai parrocchiani del Sacro Cuore, a tutti i cristiani e agli uomini di buona volontà della nostra terra netina, ai miei familiari e a Mons. Staglianò dico: Grazie di tutto!

Scriveva così don Primo Mazzolari: «Ci impegniamo per trovare un senso alla vita, a questa vita, alla nostra vita, una ragione che non sia una delle tante che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore, un utile che non sia una delle solite trappole. Si vive una sola volta e non vogliamo essere giocati in nome di nessun piccolo interesse. C‘interessa di perderci per Qualcuno che rimane anche dopo che noi siamo passati e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci. C‘interessa di portare un destino eterno nel tempo, di sentirci responsabili di tutto e di tutti, di avviarci, sia pure attraverso lunghi erramenti, verso l‘Amore, che diffonde un sorriso di poesia su ogni creatura. Ci impegniamo non per riordinare il mondo, non per rifarlo su misura, ma per amarlo».

Chiediamo al Signore di guarirci dal buio che avvolge la nostra vita, chiediamo al Signore di avere degli occhi che guardano a Lui e non al giudizio degli altri, chiediamo al Signore di essere veri discepoli senza vergogna alcuna.

Chiediamo l’intercessione del nostro amato Patrono

E cu tuttu u cori ciamamulu: evviva San Currau!

E cu vera firi ciamamulu: evviva San Currau!