
Lettera di un teppista: l’Esproprio, da L’Aquila a San Matteo
- 15 Aprile 2013 - 7:46
- 5
Questa settimana voglio ringraziare i vandali compaesani che hanno amorevolmente divelto le transenne, poste dalle autorità al fine d’ostacolare l’accesso al sentiero che conduce alla chiesetta di Santa Lucia. Vandali poi, ardirei nomarli persino “benefattori”, se solo avessi l’assoluta certezza (ma anche un po’ meno) che il gesto liberatorio dettato non fu giammai da mero e sfrontato materialismo disfattista, bensì da intellettuale ed estetica necessitade: la volontà di perdersi tra la verzura del Colle! In fondo, lo dico apertamente, mi accontenterei anche del mero proponimento culinario di taluni i quali avean solo nell’animo di raccoglier asparagi.
E insommina, speriamo che non siano saliti lì su per spaccare tutto…
Nel dubbio mi mantengo in un atteggiamento di cauta gratitudine. Ma di sincero ringraziamento si tratta, ché infine esimendomi dall’obbligo di dover valicare di volta in volta la funesta arginatura, agevolato io fui nel passaggio al sentiero, non più costretto all’eventuale atto atletico.
Immagino che qualcuno stia storcendo il naso, come si suol dire (siamo prigionieri dei luoghi comuni, anche “come si suol dire” nella sua consuetudinarietà appartiene alla medesima categoria dialettica): come si può lodare l’operato dei teppisti? E ancora: ma or dunque Gaetano Celestre ha appena scritto che lui stesso in passato si è più volte adoperato a saltare le transenne e contravvenire alle ordinanze imposte da funzionari e organi legittimamente rappresentanti il quasi-hegeliano Stato Repubblicano?
Sono convinto che domande simili si avvicendano già nelle prefigurazioni mentali di qualche lettore, probabilmente.
Ebbene sì, in effetti – e in linea generale – sono un contravventore…un irrispettoso teppista anch’io.
Ma caro amico lettore, ti prego di continuare ancora a “benpensare” e seguirmi nel ragionamento:
Se è vero che tutto ciò che ci circonda, per Legge di Natura, in sostanza ci appartiene, travalicando il senso del termine proprietà privata, quando si suol restare nell’accezione generale comprendente l’intera umanità; Se è vero che persino la Legge dello Stato Repubblicano consente, per il tramite della sovranità popolare, la giuridica appartenenza comune (publica) del bene (res) non soggetto a proprietà privata; per quanto abbia posto in essere delle proposizioni condizionali allegramente poco complete nelle informazioni dottrinarie, se ne deduce lo stesso che il Colle di San Matteo appartiene anche a me… e dunque ci voglio salire quando mi pare e piace!!!
Qualcuno vorrebbe ricordarmi che la P.A. deve in ogni momento inibirmi codeste liberalità genetiche, nel momento in cui si possa eventualmente ravvisare – ad esempio – un rischio di incolumità per la mia e l’altrui persona generica, nell’insieme componenti della sovrana comunità. Ma come ho appena dimostrato, queste cose le ricordo persino io.
Esiste un limite di ragionevolezza a tutto ciò?
Mi chiedo, in termini di “tempo”, quanto sia sensato pazientare per un aquilano-tipo, prima che lo Stato (cioè l’aquilano stesso, nel suo essere archetipo) consenta nuovamente l’ingresso nel centro storico e nella propria iperuranica abitazione. La domanda è mal posta in lingua italiana, chiarifico:
“a quannu m’hata dari attorna a casa mia?!?”
Mi sorge l’ulteriore dubbio, da malpensante, che l’eccessiva attenzione per l’interesse superiore e generale, quando supera i limiti di ragionevolezza, abbia non troppi reconditi fini apparentabili a quelli successivi ad un esproprio (nel nostro caso cittadino, ad esempio, un provvedimento del genere potrebbe tornare utile al fine di liberare il centro da inutili abitanti e allestire un mega centro ricettivo per i turisti). Cioè voglio dire: se l’85 % (è un’ipotesi) delle fabbriche situate all’interno del centro storico sciclitano, sono probabilmente insufficienti a resistere strutturalmente ad un terremoto di neanche troppo forte intensità, non è peregrino credere che un bel giorno a qualcuno possa venire in mente di buttarci fuori di casa preventivamente. In nome della prevenzione si sono fatte persino delle guerre, e in tempi recenti, non dimentichiamolo. Prevenire e meglio che curare, diceva uno spot!!! Qualcuno si lamenterebbe, protesterebbe? Si dovrebbe costruire un assioma mentale per cui il bene di Scicli diverrebbe più influente di quello dell’Iraq o dei territori abruzzesi, nelle coscienti decisioni dell’opinione pubblica.
Ritorniamo a San Matteo: i sentieri non sono sicuri e le mura di contenimento non contengono più, questo è un dato di fatto, più che sufficiente per costringere le amministrazioni locali ad interdirne il passaggio. Siamo tutti d’accordo su questo, ma il Divieto è ragionevole solo nella misura in cui si prospetta nella dimensione della transitorietà. Il sagrato della chiesa di San Matteo non sarà accessibile almeno sino a tutto il 2014, abbiamo una data che ci paventa una benevola provvisorietà. Ma per tutto il resto del Colle? Non credo proprio che per mettere minimamente in sicurezza i sentieri principali, si richiedano sforzi economici eccessivi (i soldi pubblici, pochi o molti che siano, vanno spessi bene e non a vanvera!). Sto parlando di minima sicurezza perché quella assoluta non è raggiungibile persino nella tromba delle scale di casa mia. Dunque, a meno che non vi sia l’intenzione futura di vietare i bagni a Cava D’Aliga, per scongiurare il rischio che si possa inavvertitamente bere acqua di mare (notoriamente salata) e contribuire così all’innalzamento della pressione arteriosa, non mi pare per nulla credibile ricercare la sicurezza totale di un passeggiante avventore-archetipo sul Colle di San Matteo.
Nessuno – a casa mia – mi può vietare di fumare, accetto solo l’avvertimento sui possibili danni che ciò potrebbe arrecarmi. Pur di gironzolare liberamente attorno al Castelluccio, al Castiddazzu, o nei pressi degli anfratti di Chiafura, mi sorbirei persino un ipocrita cartello informativo, tipo quello insopportabile sui pacchetti di sigarette: “Donne in gravidanza, se si stacca una pietra e vi cade addosso potrebbe danneggiare voi e il vostro bambino”.
Ridatemi il Colle (non il Quirinale)!
Gaetano Celestre
gianni
Oltre alla prosa simpaticamente piacevole leggermente ironica,volutamente di stile colto- ricercato -ottocentesco , frutto di una persona certamente di cultura , sono perfettamente d’accordo sul fatto che i beni comuni , proprio perché non privati, debbono essere
godibili da parte tutta la comunità. Le proibizioni o ostruzioni con l’argomento della pericolosità , sono in effetti pretesti per coprire la neghittosità delle autorità competenti a garantire un uso sicuro del bene pubblico, che vuol dire proprio bene di tutti, in ogni momento.
Gaetano Celestre
Colto nel segno, Gianni, tanto per restare sui luoghi comuni (anche questi beni pubblici, dunque?). Ti ringrazio per i complimenti, adesso speriamo che legga qualche intelligentone tra gli amministratori e i volenterosi funzionari pubblici. Potrebbero non capire il testo? Ma no, questi sono dubbi ingiustificati, troppo forti sono i segnali di sapienza e cultura che ogni giorno ci vengono inviati dai nostri amministratori (eletti o meno).
cittadino abbandonato
I detentori della tecnica regia sprizzano sagacità da tutti i pori…..certo che capiranno!!!
Complimenti per l’articolo Gaetano
🙂
Gaetano Celestre
Dici che capiranno, allora? Nel caso, ho un dubbio di riserva: qualora capiscano, faranno qualcosa?
Grazie Cittadino Abbandonato, ti sono solidale nello stato di abbandono.
cittadino abbandonato
Le possibilità sono tante
Con un a lettera in redazione qualcuno ti accuserà di essere un anarchico, che preferisce vivere una vita ferina .
Altra possibilità l’indifferenza , questa è la più gettonata.
A Sci cli il grado di apertura del sistema politico è pari a zero, non si realizzano politiche , soluzioni, adatte per soddisfare le domande. Questo blocca il sistema, significa niente crescita.
Esiste ormai un nuovo status quello di cittadino abbandonato 🙂 lo siamo un po tutti
Una buona giornata a te Gaetano e a Nove Web TV