Da La Sicilia del 21 marzo

di Carmelo Riccotti La Rocca




 

“Io mamma del «diversamente abile» resto li impotente a soffrire con lui, con l’umana certezza che in futuro non mi resterà nemmeno questa possibilità. Allora caro coronavirus non ci spaventi perché sei una malattia, ma perchè accentui quello che già per noi è vita quotidiana”. Questo l’incipit di una lettera pubblicata da una mamma sulla pagina Facebook «Sportello Autismo» che raccoglie tutte le testimonianze e le istanze dei genitori costretti ad affrontare, nell’era del covid 19, una emergenza nell’emergenza. In linea generale le persone affette da disabilità sono abitudinarie, il fatto che vengano a mancare i punti di riferimento quotidiani, fa registrare una regressione e mette in seria difficoltà le famiglie.

“Ogni giorno – racconta Giovanni Provvidenza, presidente dell’Anffas di Modica – mi arrivano telefonate di genitori ormai allo stremo”. In questi giorni l’Anffas è chiusa agli utenti e in molti casi è stata rifiutata anche l’assistenza domiciliare per mettere in sicurezza i ragazzi. I decreti del Governo non definiscono in maniera esplicita la gestione del mondo della disabilità, così oggi gli operatori del settore si interrogano sul da farsi. “Le famiglie delle persone disabili- si legge nel sito nazionale dell’Anffas – sono abituate, la resilienza fa parte del Dna di ognuna di loro, e loro sanno che questo momento finirà, ma hanno bisogno almeno di essere ascoltate e accolte, hanno bisogno di sapere che i servizi ci sono anche se in maniera diversa, hanno bisogno di pensare che questa distanza sia solo fisica”. Provvidenza sente il bisogno di lanciare un appello alle forze dell’ordine: “a prescindere dalle ordinanze e dei decreti – dice – se in questi giorni fermate un genitore che gira in auto senza una meta con il proprio figlio disabile, sappiate che quell’uscita in quel momento magari rappresenta la loro salvezza”. Parola chiave resilienza, quindi, un concetto rimarcato anche dall’Associazione La Stele di Rosetta che si occupa di persone affette da autismo.




“Le routine spezzate- spiega Emanuela Russo, presidente dell’Associazione-  creano con enormi difficoltà, nuove routine, e ce le faremo andar bene. Il problema si pone in quelle famiglie, magari monogenitoriali, con ragazzi a carico assolutamente della madre o del padre che da soli, devono gestire la quotidianità: sollevare, nutrire, lavare, vestire, cambiare posizione, intubare, mettere flebo, cambiare sacca, cambiare tubi, monitorare, manovrare apparecchiature in solitudine e con competenze tecniche forzatamente acquisite. Qui è il vero dramma.  Noi, con bambini e ragazzi con autismo sentiamo la necessità di una fuga in auto, mezzo di relax per molti dei nostri figli, una passeggiata per «scaricare» l’irrequietezza di una routine cambiata repentinamente e non giustificabile in quanto non comprensibile. Ma il dramma che rimane insoluto è quello dei genitori che una volta finito il quantitativo di giorni di assenza con la 104 dovranno tornare a lavoro, come faranno? Le famiglie dei disabili sanno che il momento è difficile e sono pronte ad affrontarlo, ma chiedono dei punti di riferimento chiari e comprensione