RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO,

sono Marisa, la moglie di Salvatore Giannone, desidero ricordare e condividere con quanti gli vogliono bene, il primo anniversario dell’assenza di mio marito, OGGI 2 aprile. A causa dell’epidemia Covid-19 non potrà essere celebrata la sua memoria come speravo e allora, ancora una volta, affido a voi le mie parole per lui in questo anno tanto amaro! Spero non sia troppo lunga, ma vi chiedo di pubblicarla integralmente. Saluto e ringrazio tutta la redazione!




“….Così non sono più due, ma una carne sola. Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. Infatti, se vengono a cadere, l’uno rialza l’altro. Inoltre, se due dormono insieme si possono riscaldare; se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto.”  Così recita la Bibbia e così abbiamo vissuto il nostro matrimonio! Insieme abbiamo affrontato tante tempeste! L’amore nel matrimonio è fedeltà, che non vuol dire solo non tradire, ma essere capaci di amarsi in modo nuovo, anche quando sei in una condizione che vorresti non ti vedesse nessuno, perché amare vuol dire capire di volersi bene ad ogni costo e quanto piùami, tanto più il costo è alto. Adesso è da un anno che non c’è, sono rimasta sola ad affrontare la tempesta! Ho versato lacrime e non ho mai smesso di chiedermi il perché. Ho conosciuto il dolore più profondo e sentito il senso di impotenza nel non poter cambiare il corso della vita. La sua assenza mi pesa più della mia stessa malattia! Non ho più un mio progetto di vita, mami aggrappo ai suoi, che lui mi ha chiesto di continuare e ci provo tra mille storture! Non ho mai avuto un rapporto sereno con la morte, l’ho sempre fuggita e adesso ci faccio i conti tutti i giorni. Ho sempre pensato che la morte fosse dolore, invece ho scoperto la cattiveria, l’invidia, l’avidità a cospetto di essa; bisognerebbe solo riflettere e inginocchiarsi davanti alla tomba, è un altare sacro che non va profanato! Non si è sbagliato su niente, Salvo mio! Sì, mio, perché ci apparteniamo nel modo intimo ed esclusivo.

Quando la malattia è piombata nella nostra vita, è arrivato il tempo del bilancio e ha avuto parole d’amarezza per eventi e persone che lo avevano ferito, a ciascuno ha dato il suo valore e devo dire che non si è sbagliato, anzi la realtà è andata oltre le sue valutazioni e le sue previsioni.




È stato l’amico di tutti, così lo hanno definito gli altri. Possedeva la virtù di far sentire ciascuno il suo migliore amico, dallo scemo del paese al luminare della medicina, ma quando la malattia violenta e devastante, lo ha portato a non voler farsi vedere dagli altri, lui, uomo di grande dignità e riservatezza, non è stato capito, del resto era luì a soffrire, che ne sanno gli altri! Si è stretto ancora di più a me, mi diceva che mi avrebbe voluto sposare prima. Parole struggenti che mi legano ancora di più a mio marito. Come posso rialzarmi? Ma lui ha pensato a me anche in questo! Mi ha lasciato i suoi amici, quelli sinceri e veri, i suoi colleghi, che ogni giorno non hanno mai smesso di tenermi per mano e ricordarmi che devo farcela anche per lui, che devo coltivare i suoi sogni. E quando sono rimasta stordita dal dolore, dalle calunnie, dalle malelingue e dagli sciacalli; sono stati i suoi amicie coloro che ho incontrato nelle sale d’attesa degli ospedali da Catania a Milano, che mi hanno preso per mano, asciugato le lacrime, abbracciato e mi hanno ricordato che io ho l’onore di essere sua moglie e di rappresentare la persona per bene, gentile e generosa che è mio marito. Allora, grazie alle tante veroniche e cirenei di questo dramma della mia vita, con un’ala sola e anche spezzata, sto provando a volare in alto, lascio la scenografia agli attori, i primi posti a chi li applaude e mi siedo sul palchetto di sopra, non tanto per occupare un posto di regia, ma per volgere lo sguardo alla volta, in alto, dove tu sei, dove tu mi accoglierai quando Dio vorrà, ed allora finalmente ti potrò riabbracciare, le tue mani grandi e le tue braccia forti mi stringeranno a te come prima e io mi perderò nel tuo abbraccio che mi manca tantissimo, perché sei  “il sigillo sul mio cuore, perché forte come la morte è l’amore; le grandi acque non possono spegnere l’amore né i fiumi travolgerlo”, noi siamo una carne sola! Finalmente saremo liberi di vivere il nostro amore, la zizzania che è cresciuta in mezzo al grano buono, brucerà nel fuoco della Geenna, perché quello che Dio ha unito, l’uomo non potrà separarlo.

Marisa, la moglie