La storia del Pesciolinorosso approda su Video Mediterraneo.

Nella puntata di questa sera di DolceAmaro, a partire dalle ore 21, una lunga intervista a Gianpietro Ghidini che due anni fa ha perso il figlio Emanuele, morto suicida all’età di 16 anni, dopo aver assunto sostanze stupefacenti.

Da questa triste esperienza è nata la Fondazione Ema-PesciolinoRosso: papà Gianpietro sta portando in giro per l’Italia, in scuole, oratori, luoghi di ritrovo di giovani, trasmissioni televisive e radiofoniche, la sua storia, sperando di poter aiutare chi lo ascolta, a non cadere nel tunnel buio della “dipendenza”.

Giovanni Giannone e Gianpietro GhidiniDomani, venerdì 25 settembre, PesciolinoRosso sarà al Centro Commerciale Le Masserie, a Ragusa, dalle ore 18, per parlare a genitori e figli. In questo caso invece è prevista anche la diretta su Radio Mediterraneo, condotta da Giovanni Giannone (nella foto con Gianpietro Ghidini).

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Qui sotto pubblichiamo la prima lettera di papà Gianpietro, contenuta nel libro LASCIAMI VOLARE:

Ema, mio amato.

Cosa può dire un padre al proprio figlio che non lo è più.

Ho provato a spaccarmi la testa per capire dove ho sbagliato, perché è ovvio che in qualche cosa ho mancato nei tuoi confronti.

Allora sono andato a ripercorrere la nostra vita insieme e ti ho visto quando ti ho preso in braccio per la prima volta appena nato. Eri bellissimo e sprigionavi già una grande energia vitale.

Ti ho visto a 2 anni quando ti avevo portato in ufficio e ti eri fatto sotto la pipì e ti eri arrabbiato quanto avevo appeso fuori dalla finestra le mutandine ad asciugare.

Ho visto la tua grande vitalità impedirti di addormentarti subito la sera: se ti accorgevi che gli occhi si chiudevano li spalancavi subito. Avevi grande bisogno di amore e penso te l’abbiamo dato. Ricordi quando ti stendevo sul mio petto ed allora ti rilassavi e finalmente dormivi sereno. Oppure quando steso nel lettino ti massaggiavo il visino finché gli occhi non si chiudevano.

Quanto ti ho amato, quanto ti amo ed amerò.

Ti ho visto interessarti a tutto quello che c’era intorno a te fin dai primi passi.

Ricordo tutte le tue domande, che a volte diventavano imbarazzanti, come quando a 3 anni mi chiedesti, dopo che io ti spiegavo la grandezza e la perfezione del Creatore, “Perché Gesù ha creato le zanzare?”. Mi avevi completamente spiazzato: la domanda nella sua semplicità racchiudeva dentro di sé tutte le domande che gli adulti si pongono riguardo a Dio ed alla Sua onnipotenza: quanti di noi di fronte a grandi problemi si sono chiesti a volte, ma dov’era Dio ? Perché ha accettato che accadessero certe cose ? Se è onnipotente e quindi può tutto perché non ferma il male, non evita la morte di ragazzi giovani, non interviene qualche volta a fermare situazioni assurde, perché non elimina la zanzare che non hanno altra funzione che romperci le scatole? Perché, perché, PERCHÉ ?

Quante domande mi facevi e quante risposte ti ho dato.

Ti avevo insegnato il rispetto dell’ambiente e ad osservare sempre le cose intorno a te: ti osservavo guardare le formiche camminare e ti avevo dimostrato che si potevano accarezzare anche le api se facevi piano. Infatti le prendevi delicatamente in mano e poi le rilasciavi: un giorno ti ho sentito urlare e tornato piangente mi confessavi che avevi provato a schiacciarne una per vedere cosa faceva e questa ti aveva punto il ditino.

Come mi facesti sorridere quanto invece una vespa, dalla quale ti avevo insegnato a star lontano, ti aveva punto all’orecchio e si era gonfiato tutto come quello di Topogigio.

Ti ricordo quando a 3 anni al lago cadendo dal lettino ti rompesti la clavicola: era il primo agosto e per 30 giorni ti avevano imbracato le spalle e non potevi entrare in piscina. Come eri arrabbiato. Allora ti mettevo sulle spalle tutto il cellophane e ti immergevo tendendoti in braccio.

Quanto siamo stati complici io e te..

Ricordo quando a Manerba andavamo a fare pipì insieme dietro il boschetto delle albere all’insaputa di mamma che voleva invece andassimo in bagno: a noi due piaceva la libertà ed un uomo, ci dicevamo, quando può la pipì deve farla all’aperto, serve comunque ad innaffiare le piante.

Sono sicuro che ancora oggi la facevi all’aperto in giardino. Ti devo confessare una cosa: anch’io lo faccio ogni tanto.

Ricordo quando giocavamo alla play insieme e ti arrabbiavi se battevo i tuoi tempi: ma vedevo anche la tua soddisfazione quando tu eri più veloce, perché sapevi che non ti facevo vincere apposta.

Certamente sono stato un padre anche severo, forse un po’ pressante, ma penso di averti dato anche tanto amore e tutto il tempo che avevo a disposizione era per la maggior parte dedicato a te. Le tue sorelle Alessandra e Giulia che amo quanto te non hanno mai avuto tutti questi privilegi: certamente ora sarò tutto e solo per loro. So anche che capivano la nostra alleanza e complicità: eravamo troppo uguali io e te, oltre al fatto di avere più interessi per i serpenti che per le bambole.

Ti ricordi quando ti avevo portato a casa un orbettino vivo e tu entusiasta lo prendevi in mano e questo ti era scappato dentro nelle mutandine? Chissà se la mamma l’avesse saputo quante ne avremmo sentite su.

Quanti ricordi delle nostre avventure anche in Sardegna.

Le visite alle grotte con le stalattiti, i tuffi da 4 metri nelle piscine in montagna a San Teodoro, le nuotate che abbiamo fatto insieme.

E quando avevi cercato di prendere un piccolo granchio infilando due dita nel buco dove era scappato e dentro c’era la sua mamma gigante che che ti ha stretto le dita e poi le ha mollate ? In un secondo hai imparato a capire chenon si mettono le dita dove non si sa cosa c’è dentro.

Ricordo quando ti portavo nel negozio di pesci a Villanuova e quel giorno che vedendo una strana salamandra rosa mi dicesti: “Papá questo animale ha un nome che contiene una X. ” Io a dirti che era impossibile sia perché tu non sapevi ancora leggere sia perché non esistono animali con la X. Allora avevi chiamato la responsabile che con grande sorpresa mi disse che si chiamava “AXOLOTL”, era una salamandra sudamericana che aveva sia le branche che i polmoni. Che lezioni che mi davi.

Ema, eri un grande fin da piccolo.

Abbiamo sempre parlato molto io e te. Anche di recente.

Sai che di qualsiasi cosa avessi bisogno io c’ero.

Pochi mesi fa ti avevo detto che invece io non ho mai parlato molto con mio padre, ma che lui un giorno mi aveva preso in parte e mi aveva detto poche parole ma di grande importanza: ” Gianpietro, di qualsiasi cosa tu possa aver bisogno, problemi affettivi, economici o di qualsiasi genere io ci sarò ad aiutarti”. Io ti ho ripetuto che quelle parole valevano anche tra me e te e mi avevi ringraziato e risposto che l’avevi sempre saputo e che non avevi dubbi su questo.

Purtroppo mio papà Giuseppe se n’è andato a 62 anni proprio nel 1997 quando sei nato tu e non ha potuto aiutarmi. Tuttavia ho avuto sempre la fortuna di poter contare su qualcuno nei momenti più difficili: la tua nonna Lucia, nonna Pasquina, lo zio Luca e la zia Claudia, la tua zia Maria e lo zio Elio.

Certamente man mano crescevi ho lasciato anche la libertà di frequentare gli amici e quindi il nostro tempo insieme si è naturalmente ridotto, fa parte del percorso di crescita, ma nei momenti in cui eravamo uno fronte all’altro l’intesa era profonda.

Ricordi i nostri scambi di energia con il saluto egiziano?

Sono andato a vedere il punto in cui ti sei lanciato.

Stanno cercando di capire cosa può aver scatenato in te quei 5 minuti di follia. Spero davvero anch’io di trovare una spiegazione.

Ma possibile che in quell’attimo di follia non ti sei ricordato del pesciolino?

Avevi 6 anni ed uno dei pesciolini dello stagno stava galleggiava mezzo morto. Allora ti avevo convinto, dopo mezz’ora di spiegazione, a portare il pesciolino rosso al fiume perché probabilmente li si sarebbe ripreso. E l’abbiamo portato proprio a fianco del bar Caligola e nel punto esatto dove tu ti sei buttato domenica e lo avevi gettato in acqua. Il pesciolino si era messo a nuotare quasi avesse trovato nuova vita, ma improvvisamente un anatra lo aveva preso in bocca e scodinzolando allegra se n’era allontanata mangiandolo. Come piangevi e come ti eri arrabbiato con me. Io non riuscivo a trattenermi dalle risate. Ma dico io, possibile che in quel punto in quel momento di follia quando ti sei lanciato non ti è venuto in mente questo episodio? Che non ti sia per un attimo venuto in mente il tuo papà ?

Ma il timore di questi giorni, e forse lo sapremo nei prossimi giorni, è che la tua mente in quel momento sia stata offuscata da qualche droga che ti avrà modificato la percezione della realtà.

Sono certo che non eri un drogato. Mi dispiace che mi dicono che forse negli ultimi tempi frequentavi compagnie che facevano uso di spinelli e forse altre cose e mi dispiace se hai provato anche tu. Ma tu sai che ti avrei perdonato qualsiasi stupidata e sono sicuro che ti saresti presto ravveduto.

Peccato che con quel gesto estremo non mi hai dato neanche una possibilità di aiutarti.

Invece di arrabbiarmi per quello che hai fatto ti amo ancora di più. Nella tua apparente sicurezza nascondevi una grande fragilità. Era comunque giusto che negli ultimi tempi ti lasciassi un po’ più libero. Mica potevo controllarti come un carabiniere. Nella vita per crescere bisogna anche osare e sbagliare. Solo in questo modo si diventa adulti.

Ti confesso che quando domenica mattina alle 3 mi hanno mostrato il punto in cui eri caduto ho seriamente preso in considerazione la possibilità di lanciarmi e venirti a cercare. Il dolore era così grande che in quel momento preferivo o trovarti o morire. Pensavo di non poter sopportare l’idea di te morto.

Ma poi la ragione è intervenuta: ho pensato ad Alessandra, a Giulia, alla mamma, alle tue nonne, a tutti quelli che ci vogliono bene. Non potevo aggiungere altro dolore al dolore.

Ti ho cercato fino quando la speranza non è caduta.

Quando sono venuto a riconoscerti all’obitorio eri talmente bello ma così freddo che per un attimo ho cercato di scaldare il tuo corpo. Ho cercato di svegliarti ma era tutto inutile.

Allora sono tornato a casa, in quella casa in cui insieme per anni entravo nel letto con te e Giulia la sera e vi raccontavo la storia di Tonino. Ed il nostro libro ” Hope alla speranza” Che parla della ricerca di un mondo migliore, devo finirmelo da solo? Ti prego almeno di darmi qualche spunto da dove ti trovi.

Quanto abbiamo ragionato sulle origini dell’uomo e sul senso della vita.

Come quando mi avevi detto che tu non avevi 16 anni, ma ne avevi oltre 1 miliardo. Come ? Si, mi dicevi, noi siamo l’evoluzione di quella cellula primordiale che 1 miliardo di anni fa ha originato la vita sulla terra. Questa cellula si è sviluppata, si è evoluta ed è arrivata a noi.

Possibile che con questa energia tu ti sei buttato via ?

Quando sono stato all’obitorio ti ho dato l’estremo saluto e ti ho fatto una grande promessa.

Prima però ho fatto una cosa: ti ho tagliato un po’ di ciuffi di capelli perché ti avevo detto che la prima volta che avessi fatto una grossa stupidata ti tagliavo i ciuffi !

Quello che hai fatto può essere paragonato solo ad un grande terremoto: hai fatto tremare tutto e tutti.

Non ho mai visto tanti ragazzi piangere così. Ho visto che i tuoi amici ti volevano veramente bene. Mi si stringeva il cuore vedere la loro disperazione. Non ti rendi conto quanto li hai fatti soffrire.

Dopo che ti hanno trovato ho iniziato a scendere in un baratro sempre più profondo. Penso di essermi molto avvicinato alla follia. Nella notte successiva ho sognato di immergermi nelle acque profonde e sempre più buie. Non trovandoti stavo perdendo la speranza, ma all’improvviso ti ho trovato, nudo come quando eri nato e ti ho riportato in superficie.

A quel punto mi sono svegliato ed erano le 3 del mattino.

Ho sentito dentro di me un’energia fuori dal comune. Ti ho sentito dentro di me e subito ho avuto chiaro davanti agli occhi cosa dovevo fare.

Dedicare la vita ai giovani per creare loro occasioni lavorative. Fonderò un’associazione che si occuperà di lanciare nuovi progetti ed idee mediante l’impiego di giovani ragazzi.

Svilupperemo le idee ed i brevetti che io e te abbiamo steso insieme. Eravamo entrambi convinti che questo mondo si può migliorare.

Devi darmi solo la forza di realizzarlo e darmi qualche spunto da dove ti trovi.

Ai tuoi amici ho detto una cosa: quando hanno un problema, anche il più grande, non devono tenerlo dentro di loro, ma parlarne con i genitori.

Un genitore dà la vita per un figlio ed è in grado di perdonare qualsiasi cazzata.

Organizzeremo eventi in tuo nome, grazie al quale, uniti, riusciremo almeno in parte a convogliare tutta l’energia che hai sprigionato in modo positivo e se Dio lo vorrà, almeno nel nostro piccolo, potremo dire che grazie a te il bene avrà trionfato sul male.

Ema ti amerò sempre. Gettando via te hai salvato me e salverai tanti giovani. Te lo assicuro.

Papà Gianpietro

 

A. S.