Nell’ambito del servizio di controllo del territorio una volante di Polizia ha notato lo strano atteggiamento di un bambino di 10 anni, impaurito e smarrito per le vie di Comiso.

Alla richiesta di informazioni da parte degli agenti, il bimbo, di origine tunisina, non riusciva a fornire il motivo della sua agitazione né riusciva a riferire dove si trovassero i suoi genitori poiché non parlava né comprendeva la lingua italiana.

Compresa la preoccupazione ed il grave disagio vissuto dal minore, i poliziotti si adoperavano con ogni mezzo per riuscire a stabilire una comunicazione col bambino, che nelle more veniva rassicurato ed assistito ininterrottamente, sino a quando grazie alla profonda conoscenza del territorio veniva rintracciata una persona di fiducia, di origine araba, che consentiva di attivare un efficace canale di comunicazione.




Ciò consentiva di apprendere che il piccolo era entrato in Italia da pochi giorni per ricongiungersi ai genitori già presenti in Italia da diverso tempo per motivi di lavoro, e di ottenere alcune parziali informazioni circa la zona di residenza della famiglia. In particolare, il bambino riusciva a spiegare alla mediatrice araba che durante un momento di gioco con altri suoi coetanei connazionali si era a poco a poco allontanato dalla abitazione dei genitori sino a quando, dopo un momento di distrazione, realizzava di aver perso di vista il gruppo di amici non riuscendo poi a ritrovare la via del ritorno.

Ottenute tali, poche e frammentarie informazioni, i poliziotti assieme al minore si mettevano alla ricerca dei genitori nei pressi delle principali piazze cittadine e delle aree adiacenti sino a quando, dopo l’ennesimo passaggio dalla centrale piazza Fonte Diana, individuavano un uomo, di nazionalità tunisina, evidentemente preoccupato. La pattuglia, quindi, avvicinatasi all’uomo, comprendeva che si trattava proprio del padre del bambino smarrito; quest’ultimo, infatti, rincuorato, correva ad abbracciare il genitore. Solo in quel momento, dopo un considerevole lasso di tempo, il bambino e i suoi familiari riuscivano a liberarsi dalla tensione accumulata. Quindi, dopo le necessarie e opportune verifiche circa l’effettivo rapporto di parentela, il minore veniva formalmente affidato al padre.