“Una situazione inaccettabile, sono pieno di rabbia per quello che ho vissuto, la mia anziana mamma rimasta 30 ore al Pronto Soccorso di Modica e io non riesco ad interloquire con nessuno, non riesco ad avere risposte certe su cosa ha mia mamma e come sta. Sappiamo tutti che il momento per i sanitari è molto delicato e non pretendiamo chissà che cosa, ma almeno di poter avere delle risposte”. Così lo sciclitano F. C., la cui madre è rimasta parcheggiata in Pronto Soccorso per 30 ore prima di essere trasferita in reparto.

L’uomo si è rivolto alla nostra redazione per cercare un aiuto e soprattutto per far emergere questo problema, a dir la verità, oramai quotidiano, che si verifica al “Maggiore” di Modica: le lunghe attese per pazienti e familiari.

F. C. ci racconta che lo scorso venerdì 14 gennaio nota che la sua anziana mamma ultraottentenne non sta bene, allerta così il 118. L’anziana donna è arrivata in Pronto Soccorso al Maggiore di Modica intorno alle ore 10. «Inizialmente – ci dice il figlio – ci è stato detto che dovevamo attendere l’esito del molecolare. Mia mamma è stata sistemata in una barella e tenuta là per ore. Alle 2 di notte non avevamo ancora nessuna risposta. Mia moglie – continua l’uomo – è rimasta accanto a mia madre per tutta la notte, ma senza riuscire ad avere risposte dal personale sanitario. Nelle prime ore della mattina, mia mamma, tra l’altro, aveva la necessità di essere cambiata e, nonostante mia moglie avesse fatto presente questa cosa agli infermieri, nessuno si è premurato di farlo. Il cambio ci è stato dato dopo diverse ore e dopo tanta insistenza, ma alla fine a cambiarla è stata mia moglie nonostante ci trovassimo dentro una struttura sanitaria. Nella mattinata, poi, sono stati eseguiti degli accertamenti e il personale ci ha riferito di aspettare la disponibilità di un posto letto, disponibilità che è arrivata intorno alle 16:30 di sabato. Ritengo che tutto questo sia assurdo – conclude l’uomo – e voglio denunciarlo perché a nessun altro succeda quello che è capitato a mia madre».