di Carmelo Riccotti La Rocca




Esiste ormai da anni un’antimafia di facciata, fatta di slogan e alimentata da chi è sempre pronto a far sapere pubblicamente di essere tra i giusti, che condanna tutto e tutti, ma non approfondendo mai i fatti. Nascono così politici, giornalisti, imprenditori e associazioni che si attaccano al petto e mostrano con fierezza l’etichetta di antimafiosità. A Claudio Fava, presidente della commissione regionale Antimafia e considerato un simbolo della lotta alle organizzazioni criminali, questa idea di antimafia non piace e ormai non perde occasione per dirlo e denunciarlo pubblicamente. Lo ha fatto anche a Scicli dove lunedì sera, intervistato dal professore Giuseppe Pitrolo e dal giornalista Franco Causarano, ha parlato della relazione della commissione Antimafia sullo scioglimento di Scicli decretato nel 2015 dal ministro Alfano e figlio di forzature e dinamiche contorte spinte proprio da una certa antimafia, ma letteralmente smontate dalla Commissione palermitana che, dopo mesi di lavoro e oltre 40 audizioni, ha cercato di ristabilire la verità dei fatti riguardo uno dei periodi più bui per la città di Scicli.




In una piazzetta Aleardi colma di persone, Fava ha raccontato tutti i passaggi del lavoro della Commissione evidenziando anche le tante contraddizioni emerse, le verità a metà e le cose non chiarite.  Nessuno dei componenti della commissione di accesso inviata dal Prefetto Vardè, ad esempio, ha saputo spiegare il perché nella relazione finale inviata al ministero e che ha portato allo scioglimento, non è stato fatto riferimento alle attività amministrative del sindaco di allora, Franco Susino, che chiese e ottenne il licenziamento di 4 operatori ecologici in esubero, compreso Franco Mormina (all’epoca dei fatti considerato un capo mafia) assunti, tra l’altro, nella legislatura precedente. «Alla mia veneranda età – ha detto Fava – devo ammettere che agli inizi della mia carriera consideravo l’attività giudiziaria come una verità assoluta, ma col tempo ho compreso che non è sempre così». Fava ha anche ricordato come ci sia stato, tra il 2013 e il 2014, un accanimento incredibile su Scicli con i senatori Giarrusso e Lumia che presentarono delle interrogazioni per sollecitare lo scioglimento, «affermando di essere in possesso di informazioni relative all’attività della commissione di accesso», ma anche da parte di una certa stampa che avallava quotidianamente la tesi che a Scicli vi fosse una cupola mafiosa che condizionava l’azione amministrativa del sindaco Susino. Per Claudio Fava, ma anche per tutti i componenti della commissione regionale Antimafia, che hanno votato all’unanimità la relazione sul “caso Scicli”, è evidente che, come dimostrato anche dall’esito del processo penale, a Scicli non c’era nessuna cupola mafiosa, ma un gruppo di persone avvezze a commettere reati, e per questo giustamente condannate, ma è altrettanto evidente che lo scioglimento doveva servire a spianare la strada a interessi legati al business dei rifiuti. È così che i no a realizzare la piattaforma Acif sono diventati si, con la triade commissariale che ha saltato ben quattro conferenze di servizi – raccontando poi che si è trattato di un cortocircuito nella comunicazione con i dirigenti -, con i pareri negativi diventati favorevoli e, quindi, con il rilascio dell’Aia e della Via da parte della Regione targata Crocetta. Troppe strane coincidenze – ha ricordato Fava -, concetto ripreso anche da Guglielmo Palazzolo, del Comitato per la tutela dell’ambiente e della salute, che ha rammentato anche un’altra stranezza relativa alla vicenda Acif: «nel 2013 – ha affermato – il Mise ha riconosciuto all’azienda un finanziamento senza richiedere il certificato antimafia e stranamente molto tempo prima che la Regione concedesse le autorizzazioni.» All’evento di lunedì, organizzato dal circolo Vitaliano Brancati, hanno preso parte anche i parlamentari regionali Giorgio Assenza, Stefania Campo e Nello Dipasquale. Non c’era (non invitato? sarebbe un errore gravissimo) l’on. Orazio Ragusa, sciclitano e citato non bene nel dossier.. «La città di Scicli al momento è vincitrice – ha affermato Assenza, il primo a parlare pubblicamente dell’Acif in occasione di una audizione in commissione Territorio e Ambiente, tenuta nell’aprile 2016 -, ma non bisogna abbassare la guardia». Dipasquale, invece, ha ricordato della sua richiesta avanzata al governo regionale perché revocasse l’autorizzazione e, per questo motivo, è stato accusato dall’azienda di vizio di eccesso di potere con una conseguente richiesta di risarcimento milionaria. Anche Stefania Campo ha ribadito la necessità di tenere alta la guardia sulla tutela dei siti di Truncafila e Cuturi. Tra i presenti all’iniziativa, poi, anche il sindaco di Scicli, Enzo Giannone, che ha elencato le azioni intraprese dalla sua amministrazione per difendere il territorio e scongiurare la realizzazione dell’impianto Acif o di altre discariche, ricordando che il pericolo è sempre dietro l’angolo. A prendere la parola è stato anche l’ex sindaco Bartolomeo Falla il quale ha evidenziato come la relazione della commissione Antimafia racconti eventi così contorti che andrebbe fatta studiare nelle scuole superiori. Da più parti, comunque, è emersa la necessità che la relazione della Commissione, apra una fase successiva che porti ad individuare e perseguire i responsabili che hanno creato il caso Scicli.

 

(articolo pubblicato su La Sicilia il 23 settembre 2020)