A cura di Rosa Giaquinta (Presidente Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Ragusa):

 

Dalla più remota antichità, le civiltà hanno dovuto affrontare varie ondate epidemiche che si sono protratte per molti anni. Ci sono tre parole per descrivere la portata di un contagio. Si parla di fiammata per descrivere l’improvvisa comparsa di qualche caso.

Si parla di epidemia quando il contagio interessa una regione o qualche paese e si parla di pandemia se si diffonde in un intero continente o più.      Un’ epidemia o una pandemia possono essere causate da un batterio o da un virus già noti, quando la percentuale delle persone vaccinate non permette( o non permette più ) la protezione attraverso l’immunità collettiva. Può anche essere dovuta a un batterio o a un virus comparsi recentemente come l’AIDS nel 1983 o il coronavirus nel 2002-2004.




 

Il coronavirus ai tempi di Atene: la peste segnò il declino di Atene

Una delle più antiche epidemie di cui abbiamo conoscenza si sviluppò nel mondo classico. Si parla di peste in scritti di Omero e in Sofocle. Tucidide, uno dei maggiori esponenti della storiografia antica e poi Lucrezio descrissero l’epidemia che colpì la città-stato di Atene nel 430 a.c., in piena guerra del Pelopponneso. Era il secondo anno di un conflitto che durò ben ventisette anni dal 431 a.c. al 404 a.c.. Tucidide la definisce “ il più grande sconvolgimento che abbia interessato i Greci e una parte dei barbari e che si sia esteso, per così dire, alla maggior parte dell’umanità”. Si pensa che la peste possa essere entrata ad Atene attraverso il Pireo, il porto della città, unica fonte di rifornimento e cibo. Il focolaio della malattia colpì gran parte del Mediterraneo. L’epidemia tornò altre due volte, nel 426 a.c. e nell’inverno del 427/426 a.c..

La Storia 

La seconda guerra del Peleponneso vide Atene contro Sparta. L’occasione venne dalla ingerenza di Atene nelle relazioni di Sparta con Tebe e le colonie di Megara e Corinto. Sparta e i suoi alleati, ad eccezione di Corinto, avevano delle economie quasi esclusivamente di terraferma, in grado di evocare grandi eserciti di terra. Atene  sotto la guida di Pericle, vide gli ateniesi ritirarsi dentro le mura della città mentre combatteva la sua flotta. I riferimenti alimentari arrivavano ad Atene per via marittima. La superiorità della flotta ateniese molestava le truppe spartane. Questo portò molte persone a  riversarsi dalle campagne alla città provocando la mancanza di cibo e altri rifornimenti. La scarsa igiene e il sovraffollamento fecero si che Atene diventasse terreno fertile per le malattie. Scoppiò dentro la città una epidemia di peste. Tucidide la descrisse come proveniente dall’Etiopia superiore, da lì passò in Egitto, poi in Persia, in Siria quindi arrivò ad Atene.* Gli ateniesi sostennero che i peloponnesiaci avevano gettato dei veleni nei pozzi.  Perirono molti cittadini, tra cui Pericle, sua moglie e i suoi figli Paralus e Santippe. Nella sovraffollata Atene la malattia uccise da un terzo ai due terzi della popolazione. Fu una piaga grave e mortale. I medici ignorandone la natura, non solo erano impotenti, ma essi stessi ne morivano in breve, dato che avevano più contatti con i malati. Le cause della descrivono varie ipotesi: peste bubbonica, tipo, vaiolo, morbillo, ebola… Le condizioni igieniche, la scarsità di cibo e acqua , l’accumulo di rifiuti, avrebbero potuto favorire più di una malattia durante l’epidemia.

Sintomi e rimedi

Le persone venivano prese da vampate alla testa, arrossamento e bruciore agli occhi, una sete insopprimibile. Il male scendeva al petto con una forte tosse; e quando raggiungeva lo stomaco provocava grossi spasmi, forti dolori. Il corpo come fiorito di piccole pustole e ulcere. In quanto ai rimedi, scrive lo storico “non esisteva medicina che si potesse applicare in generale, ma tutti vi soccombevano”. Inoltre “la cosa più terribile era lo scoraggiamento che prendeva chi si ammalava, in quanto il timore del contagio ritraeva dal visitarsi vicendevolmente e molte famiglie abbandonate languivano…” . E scrive ancora ”ma io lascerò che coloro, i quali se ne intendono, indaghino le cause di tale infermità. Mi basterà dire, come ella fu perché anch’io ne soffrii e vidi altri soffrirne”

Contributo della Paleopatologia. Nel 2005 nel DNA estratto dai denti di una vittima al cimitero ceramico di Atene è stato ritrovato il batterio della febbre tifoide, altri scavi e ricerche hanno confermato questa scoperta.

Ma di tutto il male la cosa più terrificante era la demoralizzazione da cui si veniva presi…  nella patria di Fidia e Platone , nel faro della democrazia e all’apice della ricchezza, ad Atene ognuno perde ogni freno, ogni buona creanza, insomma ogni forma e gesto di civiltà. Tucidide si fa forte di questa esperienza con la sua narrazione storica. Una lezione per noi a seguire con pazienza i consigli che ci vengono dati dalle Autorità e dai medici per contenere l’epidemia. Impareremo da noi  stessi quanto è bella la libertà personale e di tutti gli altri.

*Cenno Nosologico del tifo., della febbre petecchiale, della miliare e della peste. “D. Antonio Villare 1884”