di Carmelo Riccotti La Rocca

(La Sicilia del 3 aprile)

 




“Volete sapere se ne sono uscita in maniera definitiva? Cosa si prova a combattere con questo nemico infimo, subdolo ed invisibile? Io vi posso solo raccontare la mia personale esperienza, il mio dolore e la mia sofferenza”. Inizia così la lettera scritta da Rosetta Manenti, la donna sciclitana di 64 anni risultata positiva al coronavirus e al centro di feroci attacchi subiti dopo che sul web è stata rivelata la sua identità (anche con tanto di foto divulgata), anche in seguito ad un audio prodotto dal presidente del consiglio comunale, Danilo Demaio. La signora oggi sta meglio, lunedì scorso è stata dimessa dall’Ospedale Maggiore dove era ricoverata dal 22 marzo scorso. Sta continuando a curarsi nella sua abitazione in attesa di effettuare il prossimo tampone, con la speranza che possa dare esito negativo. Quella di Rosetta Manenti è una lettera scritta con il cuore da chi vuole ringraziare infinitamente tutto il personale sanitario che in questi giorni l’ha assistita e di chiarimento relativamente al suo scrupoloso rispetto delle regole in virtù delle polemiche scatenate sul web.




“A chi mi accusa di essermela andata a cercare- scrive- voglio solo dire che purtroppo non è così. Non avevo di certo voglia di star male, non ho gioito alla notizia della positività, non ho violato norme di legge o di moralità per meritare questo. Sono stata attenta, molto attenta, ho utilizzato guanti e mascherina sempre. Si è poi tanto parlato della crociera che ho fatto, accusandomi di essere un’irresponsabile, di non aver rispettato le norme di legge, presunzioni assolutamente false; tanti si sono sentiti in dovere di puntare il dito contro la mia persona, ma voglio solo dire che questo maledetto virus non ti avverte, non seleziona le persone per la posizione sociale ed economica, per la morale o altro, ti prende e basta. Io analizzo ancora tutti i miei movimenti, le mie azioni per capire il momento in cui il contagio sia potuto avvenire, in un momento il covid- 19 si è impadronito della mia persona, ma non riesco ancora a dare una risposta, proprio alla luce della scrupolosità con la quale ho viaggiato e fatto rientro a casa. Il 12 marzo al mio rientro, come già dichiarato, non avevo alcun sintomo o altro, diligentemente per come previsto dalle normative regionali e nazionali, ho comunicato il fatto di essere rientrata da fuori regione al mio medico curante, il quale mi ha indicato la procedura da seguire e così scrupolosamente ho fatto. Ho chiamato la polizia municipale di Scicli per comunicare il rientro e, nello stesso tempo, mi sono registrata al sito messo a disposizione dall’Asp di Ragusa, mi è stato detto di restare in quarantena e così ho fatto. Non ho avuto rapporti con nessuno, men che meno con i miei familiari. Mio figlio ha provveduto a farmi la spesa un paio di volte e lasciarmela sul davanzale della porta. Sono rientrata il 12 e, fino al 22 marzo, giorno del mio ricovero, sottolineo per l’ennesima volta, di non aver avuto rapporti con nessuna persona. C’è stato anche chi ha accusato mio fratello venuto da Padova, reo, secondo alcuni, di avermi contagiata, ma quando lui è arrivato in Sicilia io ero già in viaggio. A seguito della divulgazione del mio nome e della mia positività sono stata messa in mezzo ad una situazione del tutto surreale, telefonate continue a me, che mi trovavo in ospedale, e alla mia famiglia. Quanto è accaduto a me potrebbe accadere a chiunque, nessuno è immune da questo maledetto virus. Posso assicurare che in questi momenti una parola di conforto ti riempie il cuore, una ingiuria ti fa sprofondare nell’angoscia. Tanti sapevano prima di me il risultato della mia positività. Già, perché io ho saputo di essere positiva dalla tenda del Triage dell’ospedale di Modica; mi ha chiamato mio figlio chiedendomi se fossi positiva, lo aveva sentito da un audio circolato e diventato virale, e io basita gli ho risposto di non sapere ancora nulla. Lascio immaginare a voi lo sconforto. Non tanto per la mia persona e per quello che avrei dovuto affrontare per uscirne, ma il pensiero andava ai miei figli, ai miei nipotini, a come tutelarli da tutto ciò e dalle conseguenze che la notizia avrebbe potuto avere su di loro”.

Poi il pensiero della donna va al personale sanitario che l’ha assistita, curata e coccolata. “Voglio ringraziare dal profondo del mio cuore- scrive ancora- il personale sanitario del nosocomio Modicano a cui va tutta la mia stima, la mia gratitudine e il mio affetto. In particolare a tutti quanti si sono prodigati con competenza e professionalità alla cura della mia persona, e di tutti gli altri pazienti positivi al covid 19, senza lesinare nulla, con turni di lavoro estenuanti, ma sempre con il sorriso sulle labbra. Voglio dire grazie a quelli che per me sono dei veri e propri angeli: il dottor Antonio Davì, primario del Reparto di Malattie infettive dell’ospedale Maggiore di Modica e tutti i suoi assistenti: medici, infermieri, inservienti, gli operatori del 118 che mi hanno prelevata e incoraggiata. Infine, voglio ringraziare quanti hanno avuto una parola di conforto per me, una preghiera, un gesto affettuoso e anche il sindaco di Scicli, Enzo Giannone, che si è dimostrato sensibile e premuroso nei confronti della mia persona. Per tutto il resto ci saranno tempi e modi per chiarire con chicchessia. Io di certo non mi tiro indietro. Vorrei solo dire ai miei concittadini che questo virus non va sottovalutato assolutamente, è indispensabile quindi seguire scrupolosamente le regole imposte dal governo per salvarsi dal contagio”.